Luganese

Beni da tutelare a Lugano, per la Stan non bastano

La Società ticinese per l’arte e la natura si è espressa sulle proposte avanzate dal Municipio nella variante di piano regolatore

Tra i beni da tutelare il Grand Hotel Villa Castagnola
(Ti-Press)
23 febbraio 2023
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Una trentina di edifici da tutelare in più, per un totale di 131. È questo il numero di case, palazzi, costruzioni, che il Municipio di Lugano intende proteggere, aggiornando così la lista votata dal Consiglio comunale più di dieci anni fa. Con questa finalità è stata redatta la variante di Piano regolatore beni culturali 2 per le sezioni di Lugano e Castagnola, in pubblicazione fino a ieri. Oggi la presa di posizione della Società ticinese per l’arte e la natura (Stan), che ha inoltrato le sue osservazioni. La prima riguarda i perimetri di valorizzazione che, come spiegava il Municipio nel Rapporto di pianificazione, "mirano in maniera generale a un avvaloramento urbanistico del comparto in cui sono inseriti uno o più beni culturali di interesse locale e sono spesso finalizzati a modificare le prescrizioni dei vigenti Piani regolatori". Secondo la Stan, questi andrebbero valutati per tutti i beni da proteggere "e devono prevedere una congrua distanza e volumi compatibili per nuove edificazioni in prossimità dei beni". Un esempio, a corredo dell’osservazione, è quello delle case del rione Madonnetta.

Proposte delle aggiunte

La seconda considerazione concerne il quartiere di Montarina, il quale "merita una particolare attenzione in merito ai beni da tutelare in aggiunta a quanto previsto nel Rapporto di pianificazione". La Stan è d’accordo con le integrazioni che sono state proposte dal Dipartimento del territorio, ma ritiene necessario che il piano di valorizzazione venga esteso (nello specifico comprendendo i mappali 1025 e 1026) e che esso "diventi strumento efficace per conservare l’integrità del tessuto del quartiere giardino tuttora esistente".

Per alcuni edifici specifici, "la Stan non si capacita che non siano state elaborate schede", in quanto "oggetti che invece rivestono un interesse che avrebbe meritato una discussione ora". Vengono citati alcuni edifici anni 30 che si trovano in via Lavizzari 10, in via Frasca 8, in via Somaini 3 e in via Gerso al civico 4 e 6. Si parla inoltre di oggetti liberty come il villino Marazzi in via monsignor Jelmini 4, la casa d’appartamenti in via Olgiati 6, la casa in via Buffi/via Maderno inserita nell’area di rispetto della chiesa del Sacro Cuore, la palazzina di uffici annessa all’ex Veladini in via Besso 44 e la villa Augusta in via Breganzona 4. La Stan chiede inoltre una maggiore attenzione per le opere di Mario Chiattone a Lugano e a Castagnola, "artefice dell’immagine della città tra le due guerre". Viene fatto l’esempio delle case d’appartamenti in via Canonica 3, in via Franscini 19 e in via Beltramina 17.

‘Fare in fretta delle valutazioni’

Dopo l’esame della Variante 1, il Dipartimento del territorio e il Consiglio di Stato avevano proposto altri oggetti, presenti nella Variante 2. Riguardo alle proposte del Dt, la Stan indica che "la valutazione non può essere limitata ai pochi edifici qui presi in esame, prova ne sia il fatto che soltanto per Montarina il Dipartimento, nel suo esame preliminare del 13 dicembre, propone di aggiungere diversi altri oggetti". L’ente sostiene che "per il territorio oggetto della variante, la valutazione vada fatta sulla totalità degli oggetti censiti dall’Ufficio dei beni culturali". È inoltre "palese che gli oggetti censiti non valutati oggi dovranno esserlo in futuro, ammesso che la continua pressione del settore immobiliare non ne produca nel frattempo la distruzione". La Stan chiede dunque che si proceda ora, "in modo che il territorio della vecchia Lugano e di Castagnola siano conclusi e in futuro ci si possa dedicare ai nuclei e ai territori aggregati con le ultime fusioni".

‘Ricontrollare l’inventario Isos’

Nella Variante 2 sono presenti anche gli oggetti per i quali l’Inventario federale degli insediamenti svizzeri da proteggere (Isos) pone un obiettivo di salvaguardia A, per il quale è richiesta la conservazione della sostanza. "Scopo dell’Isos non è indicare direttamente i singoli oggetti meritevoli di protezione, ma tutelare i comparti storici conservati con caratteristiche peculiari", fa notare la Stan, che richiama "la dimenticanza dell’edificio in corso Elvezia 26 segnalata dal Dipartimento del territorio. L’ente rende inoltre attenti che gli obiettivi di salvaguardia A vengono posti "non soltanto sugli edifici, ma anche sugli spazi urbani". Al riguardo viene fatto l’esempio di Molino Nuovo: "Per coerenza con il metodo adottato anche la piazza e la fontana devono rientrare nella variante". La Stan invita quindi a "ricontrollare l’inventario Isos anche per quanto riguarda gli obiettivi di salvaguardia degli spazi aperti".

La non-protezione? ‘Per molti una condanna a morte’

A livello più metodologico, la Stan critica il Rapporto di pianificazione riguardo ai criteri, e ai relativi punteggi, secondo i quali il Municipio ha valutato se un edificio è meritevole o meno di tutela. Quando l’oggetto viene considerato inadatto alla protezione, il risultato "non è sostenuto da un esito aritmetico negativo". La ‘non-tutela’ viene "troppo spesso giustificata soltanto con un inserimento nel contesto giudicato negativamente". La Stan concorda dunque con il Dipartimento del territorio e chiede che il criterio dell’inserimento venga stralciato. Inoltre "gli oggetti selezionati inseriti in comparti di Pp vanno trattati in questa variante e deve essere dato seguito a quanto sul loro valore emerge dalle schede". Secondo la Stan, infatti, "i potenziali beni culturali da proteggere vanno valutati secondo criteri differenti da quelli relativi alle norme di piano regolatore", per loro "valgono i principi per la tutela dei monumenti storici". Secondo l’ente, per molti edifici "una rinuncia alla tutela oggi suonerebbe come una sentenza di condanna a morte".

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