Luganese

Preferenza indigena nel Rod, il governo bacchetta Lugano

Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso del Ps sulla preferenza a svizzeri, domiciliati (permesso C) e dimoranti (B): 'In contrasto col diritto superiore'

Palazzo Civico a Lugano (Ti-Press)
30 novembre 2020
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“Si pone in contrasto con il diritto superiore e non può pertanto essere confermato”. A oltre due anni dalla contestata approvazione, il Consiglio di Stato (Cds) si esprime – accogliendolo – sul ricorso inoltrato da Raoul Ghisletta, Marco Jermini e Sergej Roic sull'articolo 15a del nuovo Regolamento organico dei dipendenti (Rod) della Città di Lugano. Non un articolo come un altro, ma quello sulla preferenza indigena, che recita al punto 1: “Nelle assunzioni a titolo di nomina e di incarico, in presenza di candidati con requisiti equivalenti è data la precedenza a quelli di cittadinanza svizzera, ai domiciliati con permesso C e ai dimoranti con permesso B”. Delle puntualizzazioni che secondo il governo si sono spinte oltre le competenze comunali, al punto da decidere di accogliere l'opposizione socialista.

In contrasto con diverse norme superiori

“L'articolo 15a del Rod – scrive il Cds – introduce un concetto completamente nuovo, estraneo al diritto dell'impiego, afferente alla legislazione sull'entrata e il soggiorno di stranieri, che è di competenza federale e non comunale”. A essere criticato non è tanto il concetto della preferenza indigena in sé quindi, quanto piuttosto questa distinzione, votata dal Consiglio comunale il 12 novembre 2018, fra cittadini svizzeri e titolari di permessi B o C da un lato e domiciliati in possesso di permessi F o N dall'altro. In altre parole, sono escluse quelle persone ammesse provvisoriamente e con protezione temporale ma titolari comunque dell'autorizzazione per l'esercizio di un'attività lucrativa. Questa differenziazione, sottolinea sempre la decisione governativa, si pone in contrasto con diverse norme legali: con l'Accordo sulla libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l'Unione europea (Alc), con la Legge federale sugli stranieri e anche con la Convenzione sullo statuto dei rifugiati e con il principio della parità di trattamento della Costituzione federale.

Un passo oltre anche al Gran Consiglio

Il Cds evidenzia inoltre come vi sia un contrasto anche fra le normative luganesi e quelle adottate, sempre nel 2018, dal Gran Consiglio come conseguenza dell'approvazione popolare dell'iniziativa popolare ‘Prima i nostri’. I parlamentari hanno introdotto sostanzialmente la preferenza alle persone residenti, purché idonee a occupare il posto di lavoro e tenendo in debita in considerazione candidature di chi si trova in disoccupazione o al beneficio dell'assistenza, nelle leggi: sull'Ente ospedaliero cantonale, sulla Banca dello Stato, sul turismo, sull'Usi e sulla Supsi, sugli istituti di ricerca, sui trasporti pubblici e sull'istituzione dell'Azienda cantonale dei rifiuti. Tuttavia, “il legislatore cantonale non ha inteso impedire l'accesso, da parte di persone non svizzere, a determinate funzioni, ma unicamente fissare, quale principio generale d'assunzione, il principio di preferenza ai residenti a parità di qualifiche”. E quindi “tutte le menzionate nuove normative cantonali non tentano di introdurre un trattamento privilegiato in relazione alla cittadinanza, ma si limitano a favorire, a parità di qualifiche professionali, i cittadini residenti nel cantone, e questo al fine di ridurre il tasso di disoccupazione”.

La preferenza indigena c'è già e rimane

Un vittoria per i ricorrenti quindi e in generale per il Partito socialista di Lugano che aveva votato contro all'articolo già in Consiglio comunale ravvisando appunto il mancato rispetto del diritto superiore. Una vittoria che tuttavia poco incide e poco inciderà sul nuovo Rod. I capoversi 3 e 4 dell'articolo 5 del Rod già oggi stabiliscono la preferenza indigena, ma in termini più generici, garantendo al Municipio la facoltà di ‘mirare’ ai propri dipendenti. I due punti dicono infatti che: “In presenza di candidati con requisiti equivalenti, il domicilio a Lugano e la conoscenza delle lingue nazionali, del territorio, della cultura e delle istituzioni possono essere valutati quali titolo preferenziale per la nomina” e “Il Municipio designa, mediante ordinanza, le funzioni legate all'esercizio della pubblica potestà e destinate a tutelare gli interessi generali del Comune o di altre collettività pubbliche che possono essere occupate soltanto da persone di nazionalità svizzera”.

L'origine in una mozione leghista del 2016

La decisione del Cds è datata 25 novembre e la Città di Lugano ha ora trenta giorni di tempi per inoltrare a sua volta ricorso al Tribunale cantonale amministrativo, e dato che ci sono di mezzo le ferie giudiziarie il termine scadrà a gennaio. E mentre il Municipio – che a suo tempo non aveva preso posizione sull'opposizione, lasciando campo libero al Cds – sta valutando sul da farsi, abbiamo interpellato Lukas Bernasconi. Il capogruppo leghista, assieme al consigliere comunale Andrea Sanvido, nel 2016 era stato infatti promotore di una mozione generica per inserire nel Rod la preferenza per gli impieghi a personale svizzero o domiciliato con permesso C. Era stata poi la Commissione delle Petizioni a richiedere l'aggiunta dei titolari di permesso B. «Io ritengo che chi lavora per il Comune sia anche residente nella nostra regione e mi rammarico che ancora una volta gli Accordi sulla libera circolazione non si riesce a ottenere questo risultato».

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