Luganese

‘Xenia Peran: mi hanno raggirata!’

In Appello a Locarno l’avvocato luganese ha spiegato come mai i soldi dei suoi ex clienti che l’hanno denunciata sono finiti sui suoi conti bancari

30 novembre 2018
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È ricominciato nella calma ieri in Appello a Locarno il processo a carico dell’avvocato luganese Xenia Peran. In apertura, lei ha rinunciato alla ricusa formale della Corte d’Appello e di revisione penale presieduta dalla giudice Francesca Verda Chiocchetti. Ricusa annunciata urlando mercoledì prima della sospensione del dibattimento causata in particolare dalla reazione emotiva dovuta al rifiuto della Corte di portare in aula le persone che la accusano per il contraddittorio.

Quella di ieri è stata una giornata interamente dedicata all’interrogatorio dell’imputata che per la prima volta si è difesa in aula penale. Come si ricorderà, infatti il processo celebrato due anni fa dinanzi alla Corte delle Assise criminali di Lugano si è svolto in contumacia e ha portato alla condanna della donna a due anni sospesi per ripetuta appropriazione indebita per un ammontare di 135’000 franchi, ripetuta coazione, soppressione di documenti e per reiterata diffamazione. E lei ha risposto a tutte le domande formulate dalla giudice. A cominciare dall’incarico di amministratrice unica di un trust in Lussemburgo con a bilancio 50 milioni di euro appartenente a Corrado Ferlaino da trasferire in Svizzera per ragioni fiscali. Siamo nel 2007 quando il segreto bancario svizzero era ancora una realtà. Peran, che aveva accettato l’incarico del cliente portato dal suo socio avvocato di Milano, dopo un paio di anni si è accorta che l’ex patron del Napoli Calcio era stato condannato per bancarotta fraudolenta, reato penale nel frattempo derubricato in Italia dal premier Berlusconi in illecito di natura amministrativa. Non solo. Lei è venuta a conoscenza che il bilancio del Trust era ben superiore ai 50 milioni di franchi.

Dall’accordo sfumato alla denuncia

Per cui, Peran in un incontro successivo ha messo al corrente lo stesso Ferlaino di voler rassegnare le dimissioni dal consiglio di amministrazione del Trust evocando rischi in ambito penale e amministrativo e che avrebbe valutato una segnalazione al Ministero pubblico per riciclaggio. Dopo l’incontro e i tentativi vani di trovare un accordo di buona uscita per le prestazioni fornite e mai retribuite, la donna è stata denunciata dallo stesso Ferlaino. All’ex patron del Napoli si sono associati altri due clienti anch’essi portati dal suo allora socio avvocato italiano. Un’avvocato che, agli occhi di Peran, ha svolto un ruolo di primo piano contro di lei, condannata in primo grado con l’accusa principale di aver usato i loro soldi senza autorizzazione. Però, il socio, ha sostenuto Peran, le ha nascosto la provenienza dubbiosa del denaro. Tanto che tutti e tre clienti in quel periodo erano finiti sotto inchiesta in Italia. E questo spiegherebbe le segnalazioni al Ministero pubblico e ai magistrati italiani. I loro soldi erano stati ‘posteggiati’ sui conti dell’avvocato luganese che non li ha mai toccati, anche se vantava crediti per prestazioni mai saldate.

In sostanza, l’avvocato luganese ha sostenuto di aver sempre agito in buona fede e di essere stata raggirata dalle stesse persone che l’hanno denunciata. Peran ha quindi respinto le accuse di appropriazione indebita La fase dibattimentale del processo è terminata in tarda serata. Oggi si riprende e la parola passa al procuratore Paolo Bordoli, per la requisitoria, e ai legali degli accusatori privati, gli avvocati Mario Postizzi e Massimo Bionda. Poi sarà il turno della difesa, con Edy Meli, legale di Peran.

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