Luganese

Tusculum Arogno, oltre mezzo milione di buco

Intanto è stato revocato il mandato alla società di revisione, mentre la vicedirettrice ha dmissionato dalla carica di consigliera comunale di Melano

Ti-Press
(L'ingresso della casa per anziani)
18 aprile 2018
|

Con molta probabilità è superiore al mezzo milione il ‘buco’ scavato nelle casse della Fondazione Tusculum di Arogno che lo scorso 1° febbraio ha portato in carcere i vertici della rete di case anziani – con sedi anche a Capolago e Melano –, il direttore, don Emilio Devrel (diacono permanente), e la vicedirettrice, Sheila Calvi Finotto, consigliera comunale a Melano, scranno da cui ha dimissionato e che troverà un subentrante nella seduta di Legislativo in programma il 23 maggio.

Il loro termine di carcerazione scade il 27 aprile; nei prossimi giorni il giudice dovrà decidere, su indicazione del procuratore Andrea Maria Balerna, se confermare l’arresto o permetterne la libertà in attesa del processo. L’avvocato Lorenzo Medici, nell’ambito dell’inchiesta, è rappresentante legale della Fondazione, costituitasi accusatrice privata. Parlando con lui della vicenda ci conferma nuovi particolari:

«È vero che l’importo del danno è di sicuro superiore a quello che si pensava in un primo momento. E la cifra non è ancora stata determinata tutta, anche se, le dico la verità, non la si conoscerà mai realmente. Si parla di un lungo periodo temporale, ed è per questo che oggi risulta difficilmente ricostruibile, stiamo parlando di veramente tanti anni. A un certo punto bisognerà poi fermarsi, per questioni di prescrizione».

Per ora nessuna ‘colpa’ altrui

Nessuna ‘colpa’ altrui? A revisori e contabile non si è mai accesa la lampadina? «Purtroppo no – ci risponde il legale –. La contabilità veniva fatta dai funzionari amministrativi su indicazioni di don Devrel, responsabile in quanto direttore. Poi il bilancio passava al Consiglio di Fondazione che l’approvava. Come è sempre accaduto il Consiglio non ha mai espresso dubbi e non ha mai mostrato di avere pulci nelle orecchie.

Non si guardava alle singole schede contabili, quindi al singolo movimento, oppure se la fattura era stata realmente pagata a chi indicato, per esempio, ma si passavano i conti raggruppati, con verifica dei bilanci precedenti per evidenziare se c’era stata continuità e uniformità nella gestione. Più o meno il compito del Consiglio si fermava lì».

Circa l’ufficio di revisione (la Bdo)? «Non si è accorto di niente o perlomeno a noi del Consiglio di Fondazione non è mai stato segnalato niente – rimarca Medici –. È una questione che è un po’ lì sul tappeto tanto che abbiamo deciso di revocar loro il mandato. Ciò non significa che ‘qualcosa’ da parte loro non ha funzionato. Solo al termine dell’inchiesta, quando le bocce saranno ferme, faremo le nostre valutazioni del caso». L’inchiesta ha aperto altri incarti? «Non mi risulta, è sempre e solo nei confronti di direttore e vice. Ciò può essere significativo, in quanto sono mesi che stanno indagando e non si è aperto nessun altro capitolo». Almeno per ora.

Circa la modalità dell’agire dei due? «Non erano invenzioni contabili particolarmente argute. Su una cifra d’affari annua di circa 10 milioni, quanto veniva preso non saltava mai all’occhio. Non era un ‘disegno’; si trattenevano quanto, secondo loro, avevano bisogno. Non mi sento di dire che l’hanno fatta da furbi. Avevano peraltro stipendi importanti e adeguati, e nessuno è mai venuto a dirci che non bastavano. Le motivazioni? Non per guadagnare di più, ma gestivano la cassa della Fondazione come fossero soldi loro. Parte delle malversazioni sono fatture private caricate sulla Fondazione, perché sembrava normale che fosse così...».

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔