Negativa la risposta del CdS alla lettera di 24 granconsiglieri che chiedevano per i fratelli curdi la possibilità di continuare a lavorare e studiare

Umanamente vi possiamo capire, ma “non si può chiedere all’Ufficio della migrazione di intraprendere dei passi in contrasto con le leggi federali vigenti e le decisioni delle Autorità superiori competenti”. Ergo, niente da fare.
È il senso della risposta del Consiglio di Stato alla richiesta di aiuto avanzata da 24 granconsiglieri riguardo al destino dei fratelli curdi Pokerce – Yekta e Zelal – la cui domanda di asilo era stata respinta (unitamente a quella dei genitori e del fratellino autistico) e ai quali a ottobre era stato intimato di smettere immediatamente qualsiasi attività, ovvero lavorare (lui, Yekta, 21 anni, elettricista in formazione) e studiare (lei, Zelal, 20 anni, allo Csia). Le lettere erano state inviate a ottobre al datore di lavoro e alla scuola dei ragazzi dall’Ufficio della migrazione di Bellinzona, Sezione della popolazione (con toni, oltretutto, al limite dell’intimidatorio).
La vicenda dei Pokerce è molto nota e altrettanto drammatica: giunti in Ticino perché il padre era perseguitato politico in Turchia, avevano fatto regolare domanda d’asilo e nel frattempo i due fratelli maggiori, Zelal e Yekta, si erano progressivamente integrati nel tessuto locale: la ragazza si è distinta negli studi allo Csia e il fratello sta imparando una professione. Tuttavia, le varie istanze hanno negato l’asilo alla famiglia ed emanato un ordine di espulsione dalla Svizzera, che però ancora non è stato reso operativo. Oltre alle forti pressioni mediatiche, c’era stata una petizione con oltre 1’700 firme promossa dagli amici dei ragazzi, che chiedevano al Consiglio di Stato di intercedere a favore di fratello e sorella affinché possano proseguire con scuola e lavoro mentre si trovano in “aiuto d’urgenza”, il limbo in cui le persone di fatto già espulse non possono fare nulla, neppure del volontariato.
Preoccupati da questa situazione assurda e contraria a ogni logica umanitaria, si erano mossi, come detto, 24 deputati al Gran Consiglio di tutti gli schieramenti, che su iniziativa di Maurizio Canetta (Ps) avevano scritto al governo ribadendo le richieste veicolate dalla petizione. In particolare, chiedevano di “fare i passi necessari presso l’Ufficio della migrazione cantonale e presso la Segreteria di Stato alla migrazione affinché sia concessa a Zelal e Yekta Pokerce la facoltà di continuare la propria formazione scolastica e professionale e di concluderla. L’interruzione di questo percorso rappresenterebbe un nuovo trauma per ragazzi che hanno vissuto un’odissea umana e psicologica e che hanno tentato in ogni modo di essere parte della comunità”.
Ebbene, oggi è arrivata la risposta. Il Consiglio di Stato si limita in pratica a osservare che “l’Ufficio della migrazione è tenuto ad attuare le decisioni della Sem, autorità federale competente in materia di asilo e nel contempo di vigilanza per il citato Ufficio cantonale, e confermata dalle Autorità giudiziarie di riferimento (in questo caso il Tribunale amministrativo federale)”. E aggiunge che “le indicazioni date nella corrispondenza citata relativa ai fratelli Pokerce (le lettere che ordinavano di cessare qualsiasi attività, ndr) sono già state intimate da tempo ai diretti interessati e che non più tardi del mese di luglio 2025 il Consiglio di Stato si era già espresso verso una simile richiesta inoltrata sotto forma di petizione da privati cittadini”.
In una nota che accompagna la risposta del governo, Canetta, a nome di tutti i firmatari della lettera, si è espresso in questi termini: “Sono e siamo delusi e amareggiati per questa posizione di chiusura della maggioranza del governo, che non vuole riconoscere un’eccezione affinché questi due ragazzi (ottimamente integrati, come dimostra anche la petizione popolare a loro sostegno) possano terminare la formazione e disporre di un diploma che apra loro le porte al futuro. Contavamo su un atto di comprensione e di umanità. Sappiamo che per i due ragazzi la strada della speranza è ora ancor più stretta, ma confidiamo che ci sia ancora una possibilità per aiutarli”.