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‘Per Lisa, Vlada e Sascha l’accoglienza non sia compassione’

A Locarno le prime scolarizzazioni di piccoli rifugiati ucraini. Elena Zaccheo: “Non servono gli striscioni, ma prudenza, maturità ed azioni equilibrate”

Elena Zaccheo, direttrice delle Scuole comunali
(Ti-Press)
21 marzo 2022
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È un’accoglienza che nasce dal bagaglio stesso dell’ospite, quella voluta dalle Scuole comunali per i primi tre piccoli rifugiati di guerra scolarizzati a Locarno. Elena Zaccheo, direttrice di lungo corso, sa infatti che a Lisa, Vlada e al piccolo Sascha «non servono gli striscioni di benvenuto e gli squilli di tromba, ma azioni di accoglienza prudenti, mature ed equilibrate». Le stesse, aggiunge, «che abbiamo riservato negli anni ad altri migranti afgani, siriani o fuggiti dalla guerra nei Balcani. Come nelle altre occasioni, anche in questa mi sono lungamente documentata, ho cercato di capire il contesto e naturalmente c’è stato un ampio consulto con i docenti. Poi comunque l’approccio all’arrivo è sempre il medesimo: nessun esibizionismo festaiolo né compassione; piuttosto, tanta generosità».

Lisa e Vlada, di 8 e 10 anni, con le loro mamme sono state accolte da privati. Al mattino la strada per la sede dei Saleggi permette loro di ritrovare, semplicemente, la normalità di andare a scuola. Su loro richiesta, sono state inserite nella stessa classe: una seconda elementare. Che va benissimo anche alla ragazzina più grande, anche se in Ucraina la seconda l’aveva superata da un pezzo. «L’obiettivo scolastico è permettere loro di non perdere l’anno – aggiunge Zaccheo –. Nessuno sa quando queste bambine, e il piccolo Sascha, che è alla Scuola dell’infanzia, potranno tornare a casa; ma tutti sappiamo che riuscirci molto presto è il loro più grande desiderio. Sono bimbi "di passaggio", ma ciò non toglie che il rispetto delle loro radici è un aspetto fondamentale». In questo senso, la possibilità di comunicare in lingua madre è decisiva. «Proprio per questo motivo avevo chiesto al Municipio di diramare il comunicato con cui si cercavano volontari disposti a mettersi a disposizione come interpreti. La risposta è stata importante: ben 33 persone, di lingua madre ucraina o russa, si sono presentate senza chiedere un soldo. C’è chi dà indumenti, o cibo, e c’è chi dà competenze». Per alcune ore al giorno, le due ragazzine assegnate alla classe di seconda possono dunque beneficiare di una sorta di traduzione simultanea delle lezioni. «A questo – ricorda la direttrice delle Scuole – sono stati abbinati dei biglietti con parole in italiano e ucraino».

La "linea diretta" fra fronte operativo scolastico e fronte politico a Palazzo Marcacci era emersa qualche mese fa con la decisione di consentire ai figli dei "no mask" di portare a casa il materiale didattico, nonostante le direttive cantonali contrarie. La visione condivisa fra Istituto e dicastero trova piena conferma oggi nelle parole del responsabile dell’Educazione, Giuseppe Cotti: «Come Comune e prima ancora come dicastero siamo molto volentieri impegnati in prima linea per accoglienza e scolarizzazione di chi, vittima innocente, arriva con un vissuto assolutamente drammatico in un contesto privilegiato come quello svizzero e locarnese. Nostro obiettivo primario è garantire un’integrazione il più possibile serena e siamo intenzionati a farlo con tutte le risorse che abbiamo a disposizione sul territorio. Ci aspettiamo naturalmente che il numero di arrivi aumenti considerevolmente e non mancheremo di farvi fronte. Aggiungo che la solidarietà dimostrata dalla popolazione è stata veramente importante. Dal profondo del cuore ringrazio tutti i volontari che hanno già dato la loro disponibilità».

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