
“Abbiamo constatato che nei suoi confronti risultano, salvo errori e omissioni, attestati di carenza beni scoperti”. È la prima frase di una lettera che l’Ufficio cantonale esazioni e condoni ha inviato, all’inizio dello scorso ottobre, a una pensionata di Locarno. La donna, che ha lavorato per 31 anni in fabbrica e oggi vive di Avs (con complementare) e invalidità, gira la pagina e controlla l’allegato. Con sua grande sorpresa, scopre che l’attestato si riferisce alle imposte cantonali non pagate nel biennio 1963-64. Esterrefatta, rilegge il tutto per cercare di capire cosa stia succedendo e come mai, dopo 53 anni, lo Stato si rifà vivo per incassare un totale di 140 franchi e 40 centesimi.
Nella missiva le viene spiegato che “qualora ritenesse che tali crediti fossero già estinti, la invitiamo a fornirci la ricevuta dell’avvenuto bonifico”. «Faccio fatica a ricordare cosa ho mangiato ieri a cena, figuriamoci se sono in grado di risalire a un pagamento dell’inizio degli anni Sessanta – afferma l’anziana –. E anche se avessi saldato la fattura, sono certa di non aver conservato le ricevute di allora». La conclusione della lettera è quasi minacciosa: “Qualora il nostro scritto non dovesse trovare riscontro, non possiamo escludere a priori la riattivazione della procedura d’incasso, che potrà esser messa in atto anche in via esecutiva”. Sconsolata la nostra interlocutrice commenta: «Alla mia età ci manca solo che vengano a pignorarmi il bastone da passeggio e la coperta termica». Alla fine, dopo aver telefonato agli uffici competenti per avere spiegazioni, decide di pagare l’ormai muffo debito. «Ho sentito di altra gente che ha ricevuto richieste simili. Una era degli anni Cinquanta, degna di un negozio d’antiquariato. Quasi certamente ho sbagliato, ma anche il Cantone poteva farsi avanti un po’ prima. Perché non mi hanno più mandato richiami? Hanno tenuto in sospeso il debito per tutto questo tempo senza farmi sapere nulla. Perché il cittadino non è stato informato di queste disposizioni di legge? Secondo me è una situazione che rasenta l’assurdo».
Recentemente il problema è rimbalzato sui tavoli del Gran Consiglio, con un’interrogazione del deputato Giancarlo Seitz (Lega). La risposta del governo è di qualche giorno fa. In sostanza, dal 2017 sarà introdotta la prescrizione degli attestati di carenza beni su 20 anni. Quindi, si potrà andare indietro solo fino al 1997. I debiti precedenti vanno incassati ora, o mai più. Nel 2010 il governo aveva costituito un gruppom di lavoro per elaborare una serie di proposte operative. Tra queste, un inventario degli attestati carenza beni. Il risultato è impressionante: quelli relativi a debiti fiscali sono 240mila.
“L’inventario ha consentito di sviluppare una banca dati nella quale sono confluiti tutti gli attestati – spiega il CdS –. Essa ha permesso di rilanciare la procedura laddove si è ritenuto che vi fossero delle mutate e migliorate condizioni economiche dei debitori o ragioni di opportunità economica (importo elevato dell’attestato eccetera)”. Ad oggi sono stati recuperati crediti incorporati negli attestati di carenza beni per circa 6 milioni di franchi. Ma l’impagato globale sarebbe nell’ordine delle centinaia di milioni di franchi; e i Comuni sono sulla stessa barca.
Va detto che non ci sono solo questioni legate alle imposte: a tutti i servizi dell’Amministrazione è stato chiesto d’inventariare e controllare gli attestati di propria competenza, di valutare i singoli casi e, laddove possibile, di riattivare la procedura d’incasso. La difficoltà maggiore “risiede nel fatto di poter disporre di elementi aggiornati sulla situazione finanziaria del debitore” per, eventualmente, rilanciare una procedura. Ciò che farebbe ripartire un nuovo termine ventennale di prescrizione. Così, paradossalmente, potrebbe accadere di dover saldare debiti contratti prima dell’arrivo dell’uomo sulla luna dopo lo sbarco su... Marte.