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Un cerotto all’orsetto di pezza per curare la paura

Dal 5 al 7 febbraio al San Giovanni di Bellinzona ‘Teddy bear Hospital’ permetterà ai bambini di familiarizzare con l’ambiente ospedaliero

5 gennaio 2024
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Alla vista di un camice bianco molti bambini impallidiscono. La figura del medico e l’ambiente ospedaliero in generale è per buona parte dei più piccoli motivo di timore e apprensione. Alzino la mano i genitori con figli piccoli che non abbiano mai dovuto spiegare cosa accadrà una volta dal medico, tranquillizzare riguardo alle visite, allo stetoscopio che non è doloroso e al cerotto che non fa male. Eppure molte volte, nemmeno le rassicurazioni più sincere possono mitigare certe paure. Ecco quindi che il progetto ‘Teddy Bear Hospital’ può aiutare i bambini (e quindi anche i genitori) a vivere la visita dal medico o un controllo all’ospedale in maniera più serena. «L’obiettivo è di avvicinare i bambini al mondo della sanità per affrontare le paure dei piccoli legate alla realtà dell’ospedale, riuscendo a guardare i medici con sguardo fiducioso e senza ansia e timore», spiega Joshua Crivelli, segretario dell’Associazione degli studenti ticinesi di medicina (Astim) che si occupa di organizzare l’evento previsto quest’anno dal 5 al 7 febbraio all’ospedale San Giovanni di Bellinzona. In quell’occasione ogni bambino dai 3 ai 6 anni potrà portare con sé un pupazzo e i dottori Teds – studenti ticinesi di medicina che si stanno formando nelle università di Ginevra, Losanna, Friborgo, Neuchâtel, Berna, Basilea e Zurigo e del nord Italia – se ne prenderanno cura come fosse un paziente, mostrando e spiegando ai piccoli in maniera giocosa e divertente il funzionamento di un vero ospedale.

Come si cura un peluche

Lunedì 5, martedì 6 e la mattina di mercoledì 7 febbraio saranno dedicate ai bambini della Scuola dell’infanzia e dei primi anni delle Scuole elementari del Bellinzonese, mentre il mercoledì pomeriggio sarà aperto alle famiglie (su iscrizione). Ogni allievo delle classi che si recheranno al nosocomio sarà munito del suo pupazzo: «L’idea è che il bambino proietti le sue paure riguardo ai medici e all’ospedale», spiega Crivelli. Paure frequenti che chi lavora nel reparto di pediatria constata quotidianamente. «Con l’aiuto del bambino curiamo il suo amico di pezza, gli mostriamo che le procedure ospedaliere sono innocue, servono a curare il pupazzo e non devono quindi far paura». Durante le tre giornate saranno allestite varie postazioni: in una sarà eseguita l’anamnesi del paziente e il medico raccoglierà le informazioni riguardo a cosa è accaduto al pupazzo e in che modo si è fatto male. Dopodiché verranno eseguite le prime visite; come l’auscultazione cardiaca, medicazioni e via dicendo. Con l’intento di portare l’esperienza del nosocomio a un livello più adatto alla comprensione del bambino, verrà infatti concepito un percorso attraverso gli esami e le esperienze cliniche più comuni: anamnesi, radiologia, ortopedia, chirurgia e farmacia.

Progetto internazionale

Teddy Bear Hospital è un progetto internazionale nato da studenti di medicina di alcune facoltà estere con l’intento di normalizzare il rapporto del bambino con il mondo ospedaliero. Il progetto è stato introdotto con successo già diversi anni fa in nosocomi della Svizzera romanda e tedesca ed è stato lanciato alcuni anni fa anche in Ticino da alcuni studenti dell’Astim. Il progetto itinerante farà quindi tappa per la seconda volta a Bellinzona e negli scorsi anni è stato organizzato anche a Locarno, Lugano e Mendrisio.

Imparare dai bambini

Queste giornate sono occasioni molto utili anche per gli studenti di medicina: «Apprendiamo come rapportarci al paziente pediatrico, che è più complesso rispetto all’adulto. Un aspetto complicato in medicina è riuscire a spiegare le informazioni cliniche al paziente, e nel caso dei bambini le spiegazioni devono essere ancora più semplici», fa presente il nostro interlocutore. «Abbiamo voglia di divertirci e insegnare qualcosa ai bambini che parteciperanno al nostro evento, apprendendo noi stessi qualcosa da loro durante questa magnifica esperienza», evidenzia Crivelli. «Osserviamo che quando accogliamo i bambini, vedendo il nostro camice hanno un po’ di timore, ma dopo l’esperienza ‘Teddy Bear’ sono più sereni, ci parlano e ci regalano anche dei disegni». Un timore che prima della pandemia era ancora più grande: «Perlomeno dopo il Covid-19 abbiamo notato che l’ambiente ospedaliero è diventato più familiare e anche il fatto di consultare più spesso il medico».

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