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'I giovani hanno anche imparato qualcosa dalla pandemia'

Christian Polti, responsabile del centro giovanile ‘C’entro’ di Dongio: ‘I ragazzi si sono adattati molto bene alla situazione’, malgrado le limitazioni

L'importanza dell'amicizia e delle piccole cose
7 febbraio 2021
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La pandemia e le relative misure restrittive influenzano ancora oggi le nostre vite, generando anche sensazioni di disagio e malessere. Ovviamente pure sui giovani, ma non su tutti: «Una gran parte di loro sta vivendo meglio questa situazione di emergenza sanitaria rispetto ad alcuni adulti», afferma a ‘laRegione’ Christian Polti, animatore socioculturale e responsabile del centro giovanile ‘C’entro’ di Dongio. Una struttura che ha ovviamente dovuto convivere con le restrizioni imposte dalle autorità, ma che ha continuato a proporre, nel limite del possibile, attività di svago e aggregazione apprezzate dai ragazzi. Attività durante le quali hanno «anche imparato qualcosa, malgrado il periodo di difficoltà e sofferenza». Infatti, alcuni 12enni hanno messo nero su bianco delle loro riflessioni su questo periodo: in sintesi emerge l’importanza dei piccoli gesti, degli amici, della famiglia e che non bisogna mai dare nulla per scontato; che indossare la mascherina è difficile e a volte fastidioso, ma ci si abitua, essendo consapevoli del fatto che aiuta a proteggere noi e gli altri. 

«Un contenitore che si può riempire con quasi tutto quello che si vuole». Polti descrive in questo modo il C’entro che propone attività socio culturali in ambito giovanile per i Comuni di Acquarossa, Serravalle e Blenio. La pandemia ha però decisamente limitato l’offerta, che solitamente comprendeva, con la bella stagione, anche «uscite al fiume o al lago, grigliate, campeggi, corse in go-kart, ma anche attività a beneficio dei Comuni come mettere a posto i sentieri, raccogliere l’immondizia e così via». Arrivata la prima ondata di Covid-19, però, «abbiamo dovuto chiudere per un mese», così come moltissimi altri settori. «In seguito abbiamo potuto riaprire, ma ovviamente alcuni progetti sono stati interrotti: come la collaborazione con un docente di musica che proveniva dall’Italia, molto apprezzato dai ragazzi». In ogni caso, dopo un primo momento di smarrimento, «si sono adattati molto bene alla situazione».

Massimo 15 ragazzi all'interno e 5 nello spazio pubblico

Terminata la prima fase più acuta della pandemia è poi arrivata l’estate durante la quale «abbiamo lavorato più del solito: c’è stata molta richiesta, visto che non ci si fidava ad andare via in vacanza. Inoltre, pur apprezzando il fatto di aver potuto passare più tempo con i loro figli durante il primo lockdown, alcuni genitori erano un po’ stanchi in seguito all’esperienza di accudimento vissuta quando le scuole sono rimaste chiuse», precisa Polti. Limitazioni più invasive sono poi arrivate, con la seconda ondata, in ottobre: ancora attualmente, a seguito delle direttive emanate dall’Ufficio del medico cantonale, «non possiamo accogliere più di 15 ragazzi nelle strutture dove svolgiamo le attività all’interno. Inoltre, è pure vietata la refezione e non possiamo quindi organizzare né pranzi, né cene. La misura che genera più difficoltà è però il fatto di non poter organizzare uscite con più di cinque persone (numero massimo per gli assembramenti nello spazio pubblico, ndr): non siamo quindi andati a sciare o slittare e abbiamo, ad esempio, dovuto interrompere la costruzione di una capanna nel bosco. Restrizioni che a volte sono difficili da giustificare ai ragazzi». Ovviamente durante le attività bisogna anche mantenere le distanze, disinfettarsi le mani e indossare la mascherina.

‘Entusiasti di poter stare con gli amici’

Attività che normalmente venivano proposte nei pomeriggi di mercoledì, sabato e domenica, così come durante i giorni festivi. Tuttavia, attualmente «possiamo restare aperti solo fino alle 19 e la domenica dobbiamo rimanere chiusi». Ma cosa fanno quindi i ragazzi, quando si trovano al C’entro? «Innanzitutto – rileva Polti – quando arrivano lasciano i loro dati personali per garantire l’eventuale tracciamento dei contatti e misuriamo loro la temperatura corporea. Dopo di che possono guardare un film, fare musica, giocare a giochi di società o videogiochi e così via. Ma soprattutto parlano tra di loro: sono molto entusiasti di poter stare tra amici in un contesto non scolastico. Ho così proposto loro di scrivere alcune riflessioni su come stanno vivendo questo periodo particolare».

Ad esempio per Sofia è stato “difficile accettare” di dover indossare la mascherina e “non vedere le facce dei miei amici”. Ma poi si è abituata e ha capito “che è meglio così”. Per Soraya, “tutto sommato è bello poter vedere tutti giorni gli amici a scuola anche se con la mascherina”. Dal canto suo, Timothy ha imparato “che con un piccolo gesto non aiuti solo te stesso ma anche gli altri”, mentre Maxine che “i valori della vita non sono le cose costose, ma la famiglia e gli amici”. Secondo Nicola, “quando tutto questo finirà saremo tutti molto più felici perché forse avremo imparato ad apprezzare anche le piccole cose”. Inoltre, “non dovremo scordare quanto pesano le rinunce e non dare per scontato nulla”, aggiunge Natan. Insomma, stando a Tobia, un'esperienza che “ha rafforzato le nostre amicizie” e “che non dimenticherò mai”. 

Tutto sommato, in questo caso, si può quindi trarre anche un bilancio positivo del periodo caratterizzato dalla pandemia, senza ovviamente dimenticare la sofferenza vissuta da moltissime persone, giovani compresi.

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