Bellinzonese

La discarica illegale di Gudo partorisce un biotopo

Dopo 30 anni di abusi avviato il ripristino naturalistico alla Vigna Lunga. L'area ospita provvisoriamente la vagliatura per eliminare le neofite invasive

18 giugno 2020
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Cosa sta succedendo alla Vigna Lunga di Gudo? Alcune settimane fa accanto al campo di calcio e lungo lo Stradonino sono entrati in azione diversi macchinari da cantiere che fanno presumere l'avvio di una lavorazione di inerti laddove per un trentennio il Cantone, sul filo dell'illegalità, ha gestito una deponia di scarti vegetali provenienti dallo sfalcio lungo strade e autostrade. Un 'non luogo' in passato frequentato anche dai nomadi e nel quale non pochi 'local' amavano sostare per liberarsi di mobilio e affini, con tanto di liquame putrescente che fuoriusciva sulla strada in occasione di precipitazioni importanti. Il mistero è presto chiarito: l'area nei prossimi mesi assumerà la forma di riserva ambientale attribuitale in origine e consolidatasi col Piano di utilizzazione cantonale del Parco del Piano di Magadino. Nell'ambito del ripristino naturalistico avviato dall'Ufficio natura e paesaggio (Unp) al Dipartimento del territorio i 13'500 metri quadrati di proprietà cantonale ospiteranno due biotopi con ambienti umidi e golenali e un prato da sfalcio.

Un rudere di cemento armato diventerà luogo d'osservazione

L'accesso alle persone sarà consentito - spiega alla 'Regione' il responsabile dell'Unp Lorenzo Besomi - nel senso che sarà possibile osservare l'area... dall'alto. Un rudere di cemento armato risalente ancora agli anni del cantiere per la realizzazione dell'autostrada vivrà infatti una seconda esistenza riorientandosi in torretta da osservazione, simile a quelle presenti alle Bolle di Magadino. Una struttura simile, ma situata al suolo, si trova a poche centinaia di metri in riva al lago del Demanio cantonale caratterizzato da un'interessante avifauna e un'intensa attività di osservazione da parte di ornitologi e appassionati di volatili. Altre sono previste nel perimetro di competenza della Fondazione Parco del Piano di Magadino che sta collaborando nel ripristino di taluni biotopi. «Ci sentiamo rassicurati in questo compito - spiega Besomi - dal contributo federale che si assesta nell'ordine del 75% della spesa, ammontante complessivamente, fra interventi e direzione lavori, a circa 400'000 franchi».

Lotta ai focolai di Poligono del Giappone

I diversi macchinari da cantiere presenti nonché gli alti cumuli di terra presenti fanno tuttavia pensare a qualcosa di molto più importante della realizzazione di due biotopi e di un prato da sfalcio. E anche qui, la spiegazione è presto data. L'Ufficio natura e paesaggio ha infatti colto l'occasione di avere a disposizione la vasta area nell'arco di alcuni mesi per collocarvi una temporanea stazione di vagliatura del terreno contaminato dal famigerato Poligono del Giappone, arbusto infestante alto fino a due/tre metri che rientra nella famiglia delle 'neofite invasive' contro le quali il Cantone ha avviato un programma di lotta ed estirpazione in varie regioni del Ticino. Nel Piano di Magadino - rileva Guido Maspoli che se ne occupa in seno all'Unp, incaricato per la parte dei biotopi protetti - è accertata la presenza di diversi focolai presenti su diverse decine di ettari. La situazione preoccupa e in collaborazione con l'Ente Parco richiederà un intervento diffuso su più tipologie di terreno, pubblico e privato, che comprende anche campicoltura e argini del fiume Ticino.

Una lotta a lungo termine

«Una delle possibili tecniche d'intervento - rileva Maspoli - consiste nel procedere, dove il terreno per la sua conformazione lo consenta e a dipendenza del tipo di focolaio, con degli scavi della profondità di circa un metro. La terra estratta, contenente la gran parte dell'apparato radicale del poligono, viene quindi vagliata con macchinari che separano il terriccio, poi da riposizionare bonificato nel luogo d'origine, dall'apparato radicale che insieme al materiale di sfalcio va poi smaltito nel termovalorizzatore di Giubiasco». Il metodo di lotta maggiormente usato consiste nello sfalcio ogni tre settimane e, con la medesima tempistica, nell'estirpazione a poca profondità. Le prime tre settimane di crescita sono infatti il tempo nel quale la pianta consuma le riserve accumulate nel rizoma, il fusto sotterraneo sul quale si concentra la lotta per un'efficacia a lungo termine. Lotta che richiede tuttavia molto tempo, fino a tre/quattro anni per giungere a una morte definitiva dell'apparato radicale che rappresenta il 90% della biomassa raggiungendo profondità fino a tre metri.

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