Bellinzonese

Bomio prestò 50'000 franchi, tre decreti d'accusa

Chiusa l'inchiesta del pg Pagani: proposte di condanna (accettate) per l'ex allenatore, la funzionaria che lo seguiva in carcere e suo marito

Il procuratore generale Andrea Pagani (Ti-Press)
14 febbraio 2020
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Un prestito salato, quello di Flavio Bomio al marito di una funzionaria dell'Amministrazione cantonale che lo seguiva, dal profilo sociale, quando l'ex allenatore e presidente della Società nuoto Bellinzona (condannato nel 2013 a 11 anni per abusi sessuali su 15 minorenni) era in carcere. Un prestito che ha portato il procuratore generale Andrea Pagani, finiti gli accertamenti penali, a emanare tre decreti d'accusa nei confronti della dipendente della pubblica Amministrazione (per il reato di accettazione di vantaggi), del consorte della donna (per il reato di istigazione all'accettazione di vantaggi) e del noto detenuto (per il reato di concessione di vantaggi).

La clausola

Gli addebiti, si legge in una nota del Ministero pubblico, “sono da porre in relazione a un vantaggioso contratto di prestito firmato nella primavera 2016 dai tre imputati e che prevedeva un basso tasso d'interesse nonché una clausola secondo cui, in caso di decesso di uno dei contraenti, il mutuo si sarebbe estinto”. La donna, agendo in veste di operatrice sociale presso l'Ufficio cantonale dell'assistenza riabilitativa, “si occupava in prima persona di Flavio Bomio, redigendo anche i preavvisi sulle domande di congedo dal carcere”. Secondo il pg Pagani ha pertanto “accettato dal detenuto stesso, su istigazione del marito, un indebito vantaggio in considerazione dell'espletamento della sua attività ufficiale”.

La funzionaria non ha violato i propri doveri d'ufficio

La pubblica funzionaria, annota il Pg, “non ha tuttavia mai commesso atti o omissioni in relazione con la sua attività ufficiale contrastanti coi doveri d'ufficio o sottostanti al suo potere d'apprezzamento”. È su questo punto che poggia la tesi difensiva, secondo cui si è trattato di un prestito senza secondi fini. Pagani ha comunque firmato tre decreti d'accusa “in linea con la giurisprudenza federale”: una pena pecuniaria di 90 aliquote giornaliere (sospesa condizionalmente per un periodo di 2 anni per la donna e il consorte, rispettivamente di 4 anni per Bomio), più tassa e spese giudiziarie. Le parti durante l’inchiesta hanno sempre respinto le accuse, ma nel frattempo hanno deciso di non inoltrare opposizioni, preferendo così chiudere la partita ed evitare peraltro il processo in Pretura penale. Bomio in questa vicenda non era assistito da avvocati, i due coniugi sì.

L'investimento mortale del bambino

Bomio, oggi 78enne, è tornato in libertà nell'aprile 2019 e non è raro incrociarlo a Bellinzona, dove abita. Nei confronti della funzionaria il Cantone aveva subito avviato la procedura di disdetta del rapporto di lavoro – impugnata con un ricorso, che ora a vicenda penale conclusa sarà ritirato – nel momento in cui (primavera 2018) è emerso l'avvenuto prestito. Stando a quanto appreso dalla 'Regione', sarebbe stato lo stesso Bomio a offrirsi per aiutare finanziariamente la coppia, pure domiciliata nel Bellinzonese, in difficoltà dopo un fatto di cronaca nel quale era rimasto coinvolto il marito. In qualità di postino, il 22 aprile 2015 aveva infatti investito mortalmente a Giubiasco un bambino di due anni facendo retromarcia in un piazzale privato. La vicenda si era conclusa con un decreto d'accusa per omicidio colposo emanato dalla procuratrice Margherita Lanzillo. La coppia per diversi mesi, dall’incidente fino a dopo la conclusione dell’iter penale per quell'investimento, ha temuto di dover far fronte a ingenti spese legali e di risarcimento alla famiglia della piccola vittima. A tal punto da temere anche di dover vendere l’abitazione. 

Aveva proposto 100'000 franchi

Timori che la funzionaria durante uno dei colloqui in carcere aveva riferito a Bomio. Il quale – benestante e a sua volta conscio di quanto possa essere oneroso un avvocato di fiducia – si era offerto di aiutare la coppia: pari a 100mila franchi la sua offerta iniziale, rifiutata dalla donna; in una seconda occasione Bomio si era detto comunque disposto a darne anche solo 50mila. Dopo un secondo rifiuto, la coppia ha infine accettato. Dall’inchiesta emerge che sia stato Bomio a scrivere di proprio pugno il contratto di prestito al beneficio del postino, con tanto di tasso d’interesse all’1%; bozza poi stampata col computer dalla funzionaria e firmata dalle due parti. Firma cui è seguito il versamento, in un’unica tranche, dei 50mila franchi da un conto di Bomio, sul quale la funzionaria aveva la procura, a quello del marito. Da notare che l’assicurazione della Posta ha infine aiutato finanziariamente il proprio dipendente, ciò che ha de facto reso inutile il prestito
fatto da Bomio. Denaro che il postino si è impegnato a restituire, dopo averne speso una parte in acquisti personali.

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