Bellinzonese

'Spacciavo ma non ero collegato a un’organizzazione'

Il 34enne del Bellinzonese a processo a Mendrisio: ho venduto solo 1,2 chili di cocaina. L'uomo nega l’appartenenza a una più vasta cerchia criminale.

(TiPress)
27 novembre 2019
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Si è aperto nell’aula penale di Mendrisio il processo a carico del 34enne del Bellinzonese – già condannato in passato ad otto anni di carcere per l’omicidio di un 81enne avvenuto nel 2009 nell’area di sosta del Ceneri – questa volta accusato di infrazione aggravata alla Legge federale sugli stupefacenti (traffico e spaccio di cocaina, marijuana e hashish in Ticino e nei Grigioni) e riciclaggio di denaro.

In aula l’imputato ha parzialmente riconosciuto la vendita di cocaina, dall’inizio del 2017 (poco dopo l’uscita dal carcere) al mese di maggio del 2018. “Ho spacciato circa 1,2 chilogrammi”, ha affermato l’uomo, il quale tuttavia non riconosce di aver fatto parte di un’organizzazione più ampia (radicata in Svizzera tedesca) che secondo l’accusa, per tramite del 34enne, avrebbe messo in commercio altri tre chilogrammi della sostanza. In totale gli viene quindi imputato di aver acquistato, detenuto, alienato, procurato a terzi o messo in commercio un quantitativo valutato in almeno 4,5 chilogrammi. Di cui 1,5 ricostruiti grazie alle deposizioni degli acquirenti, e 3 stimati in base alle transizioni effettuate nel periodo indicato. In aula l’uomo ha più volte affermato di “voler collaborare per fare chiarezza” sulla sua posizione, ammettendo di fronte al giudice Marco Villa alcuni casi di alienazioni di cocaina che erano stati invece negati in sede d’inchiesta.

Contestato lo spaccio di marijuana e hashish: 'Erano sostanze light'

L’imputato ha poi contestato la vendita di marijuana e hashish (per un quantitativo di circa 10 chili). “Ne avevo solo finanziato l’acquisto. E inoltre erano per la maggior parte sostanze light, quindi legali”.

'I soldi che cambiavo non erano legati alla droga'

Contestato anche il reato di ripetuto riciclaggio di denaro. A detta dell’uomo, le nove operazioni di cambio (franchi-euro) effettuate dal 2017 all’aprile del 2018 sono da ricondurre ad importi vinti al casinò di Lugano da un conoscente italiano, che gli chiedeva di recarsi all’ufficio di cambio al suo posto. “Non erano quindi soldi legati alla droga. Lo facevo per amicizia, senza guadagnarci niente”, ha detto l’uomo. “Penso che lei ci stia prendendo per il naso”, ha replicato Villa, presidente della Corte delle Assise criminali di Bellinzona. A seguito delle dichiarazioni dell’uomo, la Corte ha incaricato il procuratore pubblico Nicola Respini di verificare con il casinò potenziali entrare e vincite di tale persona, di cui l’uomo ha fatto il nome oggi per la prima volta. Una volta ricevuto riscontro dal casinò (che dovrebbe giungere in giornata), la Corte si riserva la possibilità di porre ulteriori domande all’imputato. Nel corso del pomeriggio la parola dovrebbe passare alle parti. Respini dovrebbe chiedere una pena superiore ai 5 anni di carcere.

'Intendo riconquistare la fiducia di mia madre'

“Quando uscirò dal carcere intendo riconquistare la fiducia di mia madre. Per lei il dispiacere è stato troppo grande. Non vuole farmi visita perché deve ancora elaborare la cosa. Ringrazio dio che ho comunque il sostegno del resto della famiglia. In futuro vorrei dimostare di essere una persona migliore, con un lavoro e una vita normale”. Queste le parole dell’imputato quando il giudice Villa gli ha chiesto dei propri progetti futuri, una volta uscito di prigione. 

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