Bellinzonese

Radiocollare per i lupi della Morobbia? L'idea piace al Dt

Lo suggerisce la Diana Bellinzona, parola a Berna. Lo spunto: progetti avviati in Italia con allarmi in prossimità delle greggi e un’app per allevatori

23 agosto 2019
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‘Buona idea, vale la pena approfondirla coinvolgendo le autorità cantonali e federali’. In estrema sintesi è questa la risposta che la direzione del Dipartimento del territorio (Dt) ha dato nei giorni scorsi alla Società cacciatori Diana Bellinzona che lo scorso febbraio gli aveva sottoposto il progetto avviato nell’autunno 2018 in Trentino Alto Adige (un secondo è partito questa estate nel Veneto) per il monitoraggio del lupo tramite radiocollare gps. Duplice lo scopo: più scientifico, laddove si può tracciare con precisione la mappa degli spostamenti; più pratico per la difesa delle greggi, soprattutto pecore, laddove i sistemi tradizionali risultano insufficienti a impedire le predazioni. In Trentino e Veneto i radiocollari satellitari applicati ai primi esemplari di lupo – narcotizzati e poi rilasciati – stanno dando risultati positivi. Il sistema è in grado di ‘dialogare’ con sensori di prossimità che anche tramite un’app per cellulari allerta gli allevatori e aziona allarmi sonori e luminosi con luci stroboscopiche (posati su pali alimentati da piccoli pannelli fotovoltaici) in grado di allontanare il predatore quando si avvicina alle zone di pascolo.

Il branco della Morobbia

Il tema è stato affrontato mercoledì sera al ristorante Aurora di Gorduno dove la Diana Bellinzona, la più ‘anziana’ del Ticino, alla presenza di una trentina di soci ha tenuto la propria seconda assemblea annuale. Al presidente Gianmarco Beti – sostenuto dal comitato formato da Amos Castelli, Igor Boggia, Renzo Ceresa, Vincenzo Bellini e Silvano Crotta – il compito di esporre l’idea sottoposta al Dt e la risposta ricevuta. «Con spirito costruttivo – spiega Beti alla ‘Regione’ – riteniamo di poter dare un contributo al monitoraggio del branco di lupi presente in Val Morobbia, zona dalla quale purtroppo gli allevatori di pecore hanno dovuto andarsene trasferendo altrove le greggi per sottrarle ai frequenti attacchi». Dal profilo venatorio il monitoraggio diventa inoltre interessante anche per capire le abitudini predatorie nei confronti della selvaggina, che in presenza del lupo cambia facilmente territorio mettendo in difficoltà i cacciatori durante il periodo di prelievo.
Attualmente, ricordiamo, il lupo in Ticino viene monitorato dall’Ufficio caccia e pesca in collaborazione con l’Università di Zurigo intersecando tre sistemi: fototrappole, ascolto ululati e analisi sterco. «Con una spesa non troppo ingente – rileva Beti –, in alcune regioni del Nord Italia si è optato per un approccio più tecnologico. Confidiamo che lo si possa implementare anche qui», non da ultimo considerato anche il successo che sta riscuotendo dal profilo scientifico un analogo progetto per il monitoraggio dello spostamento dei cervi fra Ticino e Moesano. Dal canto suo il Dt ha spiegato nella lettera di risposta che essendo il lupo protetto in Svizzera, la proposta di monitoraggio con radiocollare sarà sottoposta all’Ufficio federale dell’ambiente, competente in materia; questo anche per capire quali potrebbero essere l’impegno e la collaborazione dal profilo scientifico e finanziario. Va peraltro evidenziato che il monitoraggio tramite telemetria è stato usato in Svizzera per la lince sin dal 1983, sostituito nel 2005 da tecnologia gsm con trasferimento dei dati via rete mobile.

Pernice bianca, ‘manca il dialogo’

L’assemblea ha pure discusso la decisione del Dt d’introdurre da subito una moratoria sulla pernice bianca. I soci della Diana hanno espresso scetticismo verso la misura imposta dal ministro Claudio Zali, che sui media ha ammesso di non aver voluto sottoporre la decisione preventivamente alla Federcaccia cantonale perché avrebbe richiesto troppo tempo nel coinvolgere la base. A questo riguardo i vertici della Diana Bellinzona ritengono che «se la Federcaccia avesse avuto in passato un differente approccio col Dt e impostato un dialogo più costruttivo, certe situazioni non si sarebbero verificate». Vengono citati i casi delle commissioni selvaggina minuta e ungulati (perse) «in seno alle quali la condivisione preventiva era concreta».

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