Svizzera

Il lupo, peggior amico delle pecore

L’ecologo Gabriele Cozzi (Università di Zurigo): il predatore negli ultimi anni ha contribuito a migliorare la protezione delle greggi

(Keystone)
12 giugno 2019
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Signor Cozzi, in futuro al lupo si potrà sparare anche se non ha causato danni ingenti e anche se le greggi non sono state protette con recinzioni e cani pastore. Gli ambientalisti hanno già bollato la revisione della legge federale sulla caccia che il Parlamento si appresta a varare come una “legge di abbattimento”. Concorda?
La revisione della legge federale sulla caccia spiana la strada ad abbattimenti preventivi, questo sì. Un domani per sparare al lupo non ci sarà necessariamente bisogno di una giustificazione particolare, come avviene attualmente (per esempio quando un lupo uccide parecchie pecore in poche settimane). Ma un branco non potrà essere annientato. Almeno sulla carta, i paletti per i cosiddetti interventi di regolazione degli effettivi sembrerebbero relativamente stretti. Il lupo, inoltre, resta pur sempre una specie protetta ai sensi della Convenzione di Berna [anche se il Consiglio federale ne ha chiesto il declassamento da specie ‘assolutamente protetta’ a specie ‘protetta’, ndr]. Quel che ci si può chiedere è perché – e sulla base di quali dati e cifre – abbiamo bisogno di abbattimenti preventivi per limitare gli effettivi. Parliamo in fondo di circa 40 lupi sull’intero territorio nazionale. Il problema di fondo è che i dati di cui disponiamo sono raccolti in modo occasionale, non a tappeto né in maniera proattiva. Sono quindi, per natura, parziali e poco affidabili.


In che senso?
Sappiamo dell’esistenza del branco del Calanda, tra Grigioni e San Gallo, di quello nella Valle Morobbia e di uno in Vallese; probabilmente ce ne sono altri due, uno nei Grigioni e un altro nell’Alto Vallese. Ma in questi due ultimi casi la presenza di cuccioli non ha mai potuto essere accertata. Inoltre, abbiamo individui nomadi che vanno e vengono, attraversando le frontiere nazionali e cantonali. Come vede, si tratta di informazioni un po’ ballerine e di numeri tutto sommato bassi: come detto circa 40 lupi, ma potrebbero essere 20 come pure 50.
Con questa revisione della legge federale sulla caccia vogliamo cercare di contenere qualcosa senza sapere esattamente cosa vada contenuto, senza conoscere bene la situazione attuale. Ammettiamo pure che il numero di lupi in Svizzera vada tenuto sotto controllo: penso che su questo punto possiamo essere tutti d’accordo. Ma qual è il numero giusto? Quando i lupi diventano troppi? E soprattutto, in base a quali informazioni e criteri si decide di ridurre gli effettivi a un numero non ben precisato? È altresì vero che senza gli abbattimenti, legali e no, degli anni passati, oggi avremmo probabilmente più lupi di quelli che effettivamente ci sono. La Svizzera, infatti, offre a questi animali condizioni molto favorevoli: un’ampia copertura boschiva, molti valli appartate, un elevato numero di prede selvatiche, con cervi, caprioli e cinghiali da vendere.


Il Kora, l’organismo a cui sono stati affidati il monitoraggio e la gestione dei grandi predatori in Svizzera, fornisce dati regolarmente aggiornati. Non basta?
Il Kora fa quel che può. Si basa essenzialmente sugli avvistamenti, sulle immagini di poche fototrappole e sulle tracce lasciate dal lupo dopo un attacco alle greggi. Si tratta, ribadisco, di informazioni sporadiche e raccolte essenzialmente a posteriori, dopo che il lupo causa danni. Sappiamo ad esempio quante volte un lupo attacca un gregge di pecore. Ma quante altre volte un lupo passa accanto a un gregge senza neanche guardarlo? A venticinque anni dal ritorno del lupo in Svizzera, mancano ancora strumenti per osservare e quantificare in modo sistematico la sua presenza.


Quali potrebbero essere questi strumenti?
In Val Morobbia, proprio in questi giorni, assieme allo stesso Kora, al Zhaw [l’Alta scuola di scienze applicate di Zurigo, ndr] e in accordo con le autorità cantonali, stiamo testando metodi alternativi per monitorare il lupo in modo sistematico. Usiamo le note fototrappole, ma anche registratori audio, in funzione 24 ore su 24, in grado di captare gli ululati. E abbiamo anche un cane addestrato a cercare le feci del lupo. L’idea è di capire quale sia il metodo più efficace e anche meno costoso per appurare la presenza del lupo.


In una recente intervista alla ‘Neue Zürcher Zeitung’, lei ha affermato che le pecore oggi stanno meglio di un tempo – grazie al lupo. Cosa intende dire?
Fino a non molto tempo fa, ogni anno in Svizzera morivano migliaia di pecore. Soprattutto a seguito di malattie e cadute nei dirupi. Malattie e incidenti, con una maggior presenza dell’uomo, si possono almeno in parte prevenire. Oggi se una pecora si ammala, viene subito allontanata dal gregge e curata. Un tempo, invece, restava tre mesi sugli alpeggi senza che nessuno la guardasse: rischiava così di contagiare l’intero gregge. Dettate anche dal ritorno del lupo, la maggior presenza dei pastori e l’adozione di misure di protezione delle greggi (recinzioni, cani pastore) hanno fatto sì che nel corso degli anni il numero di pecore morte per malattia e incidenti si sia dimezzato. Oggi il lupo uccide ogni anno circa 400 pecore o capre: l’uno per mille del bestiame minuto allevato in Svizzera. Da un punto di vista numerico, le perdite quindi sono limitate. Se la vogliamo mettere su un piano prettamente finanziario, nel complesso i danni (all’agricoltura, ecc.) causati dai cinghiali e dai cervi sono molto più ingenti di quelli causati dal lupo. Ma è quest’ultimo a trovarsi al centro del dibattito: il lupo è stato ‘politicizzato’, ben al di là della componente biologica, e divide l’opinione pubblica.


La politica, appunto. Il lupo polarizza: cittadini contro ‘montanari’, cantoni alpini contro la Berna federale, cacciatori contro ambientalisti. Perché questo animale suscita tanta animosità?
Da un lato c’è sicuramente la tradizione, incarnata nel lupo cattivo delle fiabe. D’altro canto è anche vero che la gente delle città non ha nulla da perdere dalla sua presenza, anzi: molti vedono il lupo come qualcosa di romantico, che simboleggia la natura selvaggia. Chi vive in montagna, invece, ha potenzialmente da perdere. Passo parecchio tempo nell’Alta Leventina e ho amici allevatori che hanno perso capi di bestiame attaccati dal lupo: non è sicuramente piacevole. Bisogna comunque relativizzare le perdite, come detto poc’anzi.


Smorzare i toni è possibile?
L’unico modo per farlo è portare dati e fatti. Per esempio, alla trasmissione ‘Arena’ della Srf tempo fa è stato detto che negli ultimi anni la popolazione di lupi in Svizzera è cresciuta esponenzialmente. Sicuramente la popolazione è cresciuta! Ma parliamo veramente di una crescita esponenziale? O ad essere cresciuto in modo esponenziale è il numero di lupi che sono transitati dalla Svizzera provenienti dalle nazioni confinanti, dove sono ben più numerosi che nella Confederazione? Ripeto: i dati di cui disponiamo non bastano. E quei pochi che esistono non giustificano certo una simile polarizzazione. Il fatto è che a volte vengono usati dai favorevoli e dai contrari al lupo per i propri interessi ‘politici’.

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