Estero

Trump e scontro con il ministro della giustizia, terremoto politico in arrivo negli Stati Uniti?

Foto Keystone
(Alex Brandon)
25 luglio 2017
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– di Anna Lisa Rapanà (Ansa) –  Solo il tempo potrà dire quale sarà il futuro di Jeff Sessions nell’ amministrazione Trump. Parola del presidente, che resta sibillino sulla sorte del suo ministro della Giustizia, pur ribadendo con fermezza di essere rimasto deluso per la decisione di astenersi dall’inchiesta sul cosiddetto Russiagate. Sessions da parte sua tace, non si dimette, in un muro contro muro che si consuma mentre si fanno sempre più insistenti le voci su una sua imminente uscita di scena, di pari passo con gli indizi che il presidente in persona continua a disseminare via Twitter. Sia licenziamento o dimissioni, la prospettiva evoca un terremoto, che potrebbe estendersi ad altri ministeri, a cominciare dal dipartimento di Stato dove indiscrezioni segnalano un Rex Tillerson pronto a lasciare, sebbene da Foggy Bottom arrivino le smentite di rito e le rassicurazioni sulla temporanea assenza del segretario di Stato, solo una breve pausa per rigenerarsi dopo viaggi e impegni. È intanto il Washington Post a mettere in pagina lo scontro Sessions-Trump, con dettagliate indiscrezioni secondo cui il presidente Donald Trump sta discutendo con il suo staff la possibilità di sostituire il ministro della Giustizia e si sarebbero già fatti i nomi su chi possa sostituirlo in caso di licenziamento o dimissioni. La seconda è l’opzione alla quale il presidente sembra lavorare, stando ad osservatori, considerati i messaggi che invia da giorni. Perché se dopo l’intervista al New York Times in cui Trump dichiarava la sua delusione per Sessions la Casa Bianca ne confermava la fiducia, l’attacco sferrato dal presidente è inequivocabile: prima lo definisce "assediato", poi più esplicitamente "debole". Gli imputa la responsabilità per la nomina del procuratore speciale Robert Mueller, l’ex numero dell’Fbi, per il Russiagate. Così una delle ipotesi è che con Sessions fuori gioco Trump potrebbe ordinare a Rod Rosenstein, l’attuale vice di Sessions, di licenziare Mueller. Se Rosenstein rifiutasse il compito decidendo di lasciare, il presidente potrebbe nominare un ministro della Giustizia ad interim, scrive il Washington Post. Sarebbe una strategia comunque rischiosa, sottolinea il giornale, perché la nomina richiederebbe la conferma del Senato e lì la marea potrebbe alzarsi, con i repubblicani che potrebbero togliersi qualche sassolino dalla scarpa (fino a chi già evoca sviluppi da 'guerra civile'). Un altro scenario possibile è che Trump nomini un ministro della Giustizia durante la pausa estiva del Senato: il ministro nominato resterebbe in carica fino alla fine della prossima sessione del Senato, ovvero agli inizi di gennaio. Intanto al Senato si sblocca lo stallo Obamacare, sebbene soltanto in un voto procedurale che si limita a riaprire il dibattito in aula sulla riforma della Sanità. È il tentativo estremo di 'salvare il salvabile' della promessa di revocare e sostituire la riforma sanitaria voluta da Barack Obama che il presidente è tornato ieri a spingere facendo la voce grossa, strigliando il Congresso, accusando i repubblicani di non fare il proprio dovere. Così oggi in aula per votare è tornato anche il senatore dell’Arizona John McCain interrompendo la convalescenza dopo l’intervento nei giorni scorsi con la diagnosi di un tumore al cervello. Il presidente apprezza: "è un uomo molto coraggioso" dice ringraziando il senatore che in aula viene accolto da una standing ovation. Il muro dei 'no' ha poi ceduto dopo la marcia indietro di diversi tra i senatori repubblicani fino ad ora ’dissidenti’.

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