Commento

La vera partita

30 settembre 2017
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Per uno spiacevole errore tecnico questo commento, che ripubblichiamo oggi integralmente, è apparso nell’edizione di ieri in forma incompleta. Ce ne scusiamo con i lettori e con l’autore.


Va detto: lo sforzo di ottimismo di un ancora frastornato Alain Berset – reduce dalla batosta subita domenica nella votazione sulla ‘Previdenza vecchiaia 2020’ – è encomiabile.

Annunciando ieri il solito, consistente aumento annuale dei premi di cassa malati (4%), il ministro della Sanità ha osservato che siamo comunque al di sotto della media ventennale (+4,6%); che senza le modifiche apportate dal Consiglio federale al tariffario medico Tarmed, il rincaro sarebbe stato con ogni probabilità superiore al 5%; che un affinato sistema della compensazione dei rischi sta ormai arginando il fenomeno della caccia ai ‘buoni rischi’ (gli assicurati giovani e sani) da parte degli assicuratori; e che minorenni e giovani adulti, tra i più penalizzati oggi, vedranno tra pochi anni i loro premi diminuire (dal 2019 i primi, dal 2021 i secondi) per effetto di una recente decisione del Parlamento.

Le buone (?) notizie, i motivi di ottimismo, finiscono qui. E non abbeliscono un quadro che di anno in anno si fa più desolante. Nel 1997, anno di nascita della Lamal, un adulto pagava in media 173 franchi al mese in Svizzera (premi standard: con franchigia ordinaria e copertura infortunio), nel 2018 465. Oggi i premi dell’assicurazione di base inghiottono in media ben oltre l’8% del reddito disponibile degli assicurati (la quota che il Consiglio federale vent’anni fa promise non sarebbe stata superata), con punte fino al 20%. Una spesa alla quale molti assicurati con redditi medi e bassi riescono ancora a far fronte soltanto grazie ai sussidi. Non a caso ieri Alain Berset ha ricordato che in un simile contesto, reso ancor più complicato dai tagli realizzati da alcuni cantoni (Ticino compreso) in quest’ambito, la riduzione individuale dei premi (i sussidi appunto) riveste «un’importanza cruciale».

Se gli assicurati assistono impotenti a questa spirale al rialzo, la politica fa quel che può cercando di metterci delle pezze. Si moltiplicano i progetti di iniziative popolari; e anche sotto la cupola di Palazzo federale si registra un certo fermento (cfr. pagina 5). Ma per quanto opportuno possa essere agire a livello di assicurazione malattia, non è su questo piano che si gioca la partita decisiva.

A ricordarcelo, proprio in questi giorni, sono un’inchiesta di ‘Le Temps’ e uno studio commissionato dalla Conferenza latina degli affari sanitari e sociali (Class). Il quotidiano ginevrino ha analizzato le cause dell’aumento dei premi. Le ha individuate – oltre che nelle tendenze di lungo corso (l’invecchiamento della popolazione, i progressi tecnici della medicina) – in una serie di fattori, di certo non sconosciuti, che fanno schizzare verso l’alto i costi della salute in Svizzera (dai 2 miliardi del 1960 ai 77,8 del 2015, con un aumento del 106% dal 1995): ricorso troppo frequente, e a volte ingiustificato, a specialisti e ospedali a scapito dei medici di famiglia; boom del settore ambulatoriale, esclusivamente a carico delle casse malati (quindi in fin dei conti, tramite i premi, degli assicurati); un tariffario medico che incita a fornire prestazioni al di là di quanto sarebbe davvero necessario; prezzi dei farmaci (generici compresi) tra i più elevati al mondo; infine, la moltiplicazione di attori dagli interessi spesso divergenti.

Anche lo studio pubblicato dalla Class mette il dito nella piaga. L’analisi in questo caso riguarda il settore stazionario: porta sull’evoluzione dei tassi di ospedalizzazione nei cantoni romandi e a Berna tra il 2011 e il 2015. I risultati: “Grandi differenze tra i cantoni (…), verosimilmente a causa della scelta tra una presa a carico ambulatoriale o stazionaria”, interventi chirurgici e ospedalizzazioni “in proporzioni diverse” secondo il tipo di nosocomio (privato o pubblico). La conclusione: “un probabile sovra-consumo di cure che potrebbe essere evitato”, scongiurando “costi superflui per il sistema” e “rischi inutili” per i pazienti.
Vogliamo parlare ancora solo di premi di cassa malati? O passiamo ad altro?

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