Commento

C’è legge e legge

(Samuel Golay)
29 settembre 2017
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La legge è uguale per tutti. Lo Stato ce ne dà la certezza. Lisa Bosia Mirra lo ha toccato con mano. Sin qui la giustizia non le ha fatto sconti. La Legge sugli stranieri c’è.

E anche lei deve rispettarla. Il giudice Siro Quadri della Pretura penale di Bellinzona, quella legge, l’ha seguita alla lettera. Non è permessa nessuna deroga dal diritto, ha fatto capire. Neanche se chi l’aggira lo fa per scopi umanitari. Altri, ha esortato ieri leggendo il suo lungo e articolato dispositivo – che ha concluso con la colpevolezza e la condanna della deputata socialista Lisa Bosia Mirra – sono i modi per aiutare uomini e donne migranti di cui si riconoscono le innegabili sofferenze. Ma soprattutto altri sono i luoghi dove rivendicare, a loro nome, il diritto di fuggire da quelle sofferenze. Insomma, non si cambiano le legislazioni in un’aula penale. Questo è stato il viatico consegnato in Pretura alla co-fondatrice di Firdaus e a chi, come lei – volontari, ong, realtà quali quelle di Amnesty International, presente in aula con una rappresentante – cercano di difendere queste persone da soprusi e ingiustizie.

Ciò che è certo è che, da qualche parte, bisognerà pur cominciare a cambiare le cose. Perché a ben vedere non tutti sono uguali davanti alla legge, come ci rassicura l’articolo 8 (capoverso 1) della nostra Costituzione. A questo mondo c’è chi si vede garantiti e tutelati dei diritti (primari) e chi no. E allora si capisce bene la fatica di Lisa Bosia Mirra ad accettare quella che sembra una realtà ineludibile. Soprattutto quando si è toccato con mano la quotidianità dei campi profughi alle frontiere. Una quotidianità dolente che, giusto una estate fa, ha bussato alle nostre porte, scuotendo le nostre incrollabili certezze.
Si poteva aprire un varco umanitario nella Legge sugli stranieri grazie al verdetto di ieri? Il giudice ha detto di ‘no’. Da cronista oso ancora sperare di sì: in altri luoghi e altri tempi (quelli dei diritti civili americani, ad esempio) è stato possibile. Marco Mona dell’‘Osservatorio giuridico’, sempre ieri, a margine del verdetto, ha ricordato un’altra sentenza, recente, pronunciata a Kreuzlingen e che ha assolto (concedendo le attenuanti del caso) un giornalista. Il reporter, per diritto di cronaca, aveva forzato i confini (entrando abusivamente) del Centro di registrazione per richiedenti l’asilo locale. Tutta un’altra storia? Vero. Ma almeno un passo avanti sulla libertà di stampa lo si è fatto. Ormai diciotto anni orsono un altro reporter, Fabrizio Gatti, era stato condannato in ultima istanza (il Tribunale federale) perché si era finto clandestino alla frontiera sud. Anche se, invero, la Pretura di Mendrisio in prima battuta lo aveva prosciolto, facendo esultare il redattore del ‘Corriere della Sera’ e padre Cornelius Koch, l’abate dei rifugiati, presente al dibattimento.

E allora non rimane che continuare a sperare di poter cambiare le cose e le leggi. Con il coraggio delle sentenze e della politica, alla quale, però, tocca rimboccarsi le maniche. E qui anche Lisa Bosia Mirra potrà tentare di dire la sua.

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