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La scintilla ticinese che portò Putin al potere

Al centro della vicenda il cosiddetto Kremlingate, un affare giudiziario internazionale con protagonista una società di Paradiso.

(Keystone)

Paradiso, 22 gennaio 1999. Una rumorosa operazione di polizia scuote il sonnolento inverno luganese. Un fatto all’apparenza ordinario, ma dalle conseguenze geopolitiche allora inimmaginabili. Già, perché quanto avviene alle porte di Lugano dà il via a una faida che, in Russia, dodici mesi più tardi, porterà al potere l’oscuro ex capo dei servizi di sicurezza federali: Vladimir Vladimirovic Putin. Questo, insomma, è più di un normale caso di cronaca giudiziaria. È la scintilla per un incendio che ancora oggi – quasi un quarto di secolo più tardi – continua a bruciare.

Ad accendere la miccia vi è Carla Del Ponte, allora Procuratrice generale della Confederazione. È lei che coordina la perquisizione degli uffici della Mabetex Sa di Paradiso. Creata nel 1990 dall’imprenditore Behgjet Pacolli, questa società di costruzione è allora tra le prime cento più importanti aziende svizzere. Pacolli, nato in Kosovo nel 1951, si è fatto un nome in Ticino e non solo. (A Lugano sponsorizza attività artistiche e sportive e frequenta gli ambienti della politica e della finanza cittadina). La discesa nei suoi uffici dei poliziotti federali non passa certo inosservata. La notizia fa il giro della Svizzera, e non solo.

Dal Ticino al Cremlino

Qualche mese prima della perquisizione, Del Ponte si era ‘alleata’ con Yuri Skuratov, il suo omologo russo. I due hanno firmato un memorandum di collaborazione per la lotta al crimine organizzato e alla corruzione. In Russia, in quegli anni, regna il caos economico. La privatizzazione selvaggia di interi settori dell’economia ha offerto infinite possibilità di arricchimento. A dominare è una logica clientelare e corruttiva: il pubblico e il privato si sovrappongono e, favoriti dal ruolo ambiguo dello Stato e da buone connessioni politiche, alcuni scaltri uomini d’affari diventano di colpo ricchissimi spartendosi giacimenti, miniere e fabbriche. Molto di quel denaro fuoriesce dal Paese e finisce nei sicuri forzieri delle banche svizzere.

Ai tempi la Mabetex è molto attiva in Russia, presente inizialmente in Siberia. Qui Pacolli ha stretto rapporti d’affari con il sindaco di Jakuts, Pavel Borodin. Quest’ultimo verrà poi chiamato a Mosca dal presidente Boris Eltsin per dirigere lo strategico dipartimento degli Affari presidenziali. Nella capitale russa, la Mabetex ottiene una decina di appalti pubblici milionari. Tutti sono firmati da Borodin. Tra i contratti, uno spicca per importanza: quello del Cremlino, il cuore pulsante del potere russo. Eltsin vuole ridare all’edificio lo splendore dell’epoca zarista. Non bada quindi a spese e affida alla ditta ticinese la pomposa ristrutturazione del palazzo presidenziale.

La Gottardo e l’informatore

Questi appalti insospettiscono il procuratore Skuratov che, deciso a saperne di più, chiede assistenza alla Svizzera. Il caso è di quelli che scottano: il sospetto – mai confermatosi poi in sede giudiziaria – è che gli alti funzionari dell’amministrazione presidenziale russa siano stati corrotti. A portare le indagini su questa strada vi è un ex agente del Kgb che in quegli anni turbolenti funge da anello di collegamento tra l’opaco mondo degli affari russo e la piazza finanziaria luganese. Anche perché Felipe Turover – questo è il suo nome – nel 1994 è diventato consigliere di una delle banche all’epoca più importanti del Ticino: la Banca del Gottardo.

Dopo il crollo dell’Urss, l’istituto ticinese aveva avviato un’attività di recupero crediti in Russia puntando sui Paesi dell’Est per rimpolpare la propria clientela. Il mandato di Turover è proprio quello di riscuotere i debiti che le aziende occidentali avevano contratto durante l’epoca sovietica. A Lugano, tutti sono contenti. Non solo perché Turover porta denaro nelle casse della banca, ma anche perché pare far crescere la fama dell’istituto il cui nome comincia a girare tra gli oligarchi. Chiedendo assistenza alla Svizzera, Skuratov menziona esplicitamente la Gottardo come principale deposito dei conti degli alti funzionari moscoviti. Su tutti quello di Borodin.

Lotta di potere

La notizia della perquisizione in Ticino giunge a Mosca come una freccia avvelenata. Anche perché dietro alle presunte tangenti versate da Lugano potrebbe esserci anche molto altro. Eltsin e le sue figlie lo sanno bene: rovistando in quelle carte, setacciando quei conti in Ticino, potrebbero uscire segreti ben più imbarazzanti. In quel momento il presidente è già indebolito dalla crisi economica. Inoltre ha gravi problemi di salute e un viziaccio per la vodka. In Russia come all’estero una cosa è certa: la sua fine politica è vicina. Restano solo da capire tempi e modi.

Il principale papabile alla successione è il Primo Ministro, Yevgeny Primakov, alleato con il sindaco di Mosca Yuri Luzhkov. L’inchiesta penale lanciata da Skuratov è quello che gli serve per screditare il presidente. Nei giorni successivi alla perquisizione di Paradiso la sua popolarità sale. Primakov non nasconde di ambire alla presidenza e lancia la sfida a Eltsin mettendolo pubblicamente in discussione. Eltsin, però, non ci sta. È ossessionato dalla sua successione e vuole essere lui a deciderla. Oppone quindi resistenza e inizia la partita per la propria sopravvivenza.

Gli uomini dell’ombra

Come spiegato nel libro ‘Gli uomini di Putin’, scritto dalla giornalista Catherine Belton, il presidente si allea a una cerchia di potere che fa capo a uomini dell’ex Kgb provenienti da San Pietroburgo. Questi cosiddetti siloviki sono inizialmente favorevoli all’avvento di Primakov, pure lui ex uomo dei servizi. Ma l’indagine sui fondi neri del Cremlino minaccia di svelare anche l’oscura nebulosa finanziaria utilizzata da alcuni di loro per arricchirsi personalmente. Alcune operazioni ambigue, legate all’esportazione di materie prime, avevano consentito il trasferimento fuori dalla Russia di centinaia di milioni di dollari. Un’operazione alla quale aveva partecipato l’informatore Felipe Turover e in cui la Banca del Gottardo aveva pure avuto un ruolo chiave. Come spiega lo stesso Turover alla Belton, la banca ticinese era stata scelta perché "avevamo bisogno di una piccola banca con una reputazione sporca" (‘Gli uomini di Putin. Come il Kgb si è ripreso la Russia e sta conquistando l’occidente’, La nave di Teseo). Il riferimento è agli anni bui in cui la Gottardo era il braccio estero del Banco Ambrosiano, l’istituto legato al Vaticano crollato fra gli scandali negli anni Ottanta.

Ovvio quindi che l’indagine sull’asse Mosca-Lugano dia fastidio ai siloviki, che si pongono così in contrasto a chi sprona il cambiamento. Questo gruppo di potere non ha interesse a mettere alla gogna Eltsin. La speranza è che uno di loro venga scelto come successore. Parte così la risposta al fuoco lanciato da Skuratov. In Russia compare un video che mostra il procuratore in compagnia di due prostitute. Una trappola, costruita ad arte dagli apparati dell’intelligence. Skuratov è spinto a dimettersi. Ma per farlo occorre l’approvazione del Consiglio della Federazione, dove l’alleanza tra Primakov e Luzhkov respinge le dimissioni. Poche ore dopo, però, la televisione russa diffonde il filmato. Il procuratore nega di essere la persona nelle immagini e parla di montatura. Un uomo lo contraddice categoricamente: è Vladimir Putin, il capo dell’Fsb – il nuovo Kgb – che, davanti alle telecamere, garantisce l’autenticità del filmato. Partito da San Pietroburgo, Putin ha scalato le gerarchie nella capitale fino a diventare, nel 1998, vice di Pavel Borodin e poco dopo direttore dei nuovi servizi segreti. Putin è ancora largamente sconosciuto in Russia. Ma quando compare in tv a smentire Skuratov comincia di fatto a farsi notare.

Interviene Ginevra

Primakov viene liquidato, Skuratov è ormai bruciato: il Kremlingate sembra destinato a sgonfiarsi. A rialimentare il fuoco vi è però il procuratore ginevrino Bernard Bertossa che, nell’estate 1999, ha aperto di propria iniziativa un’inchiesta per riciclaggio. Il magistrato vuole fare luce sui conti bancari svizzeri di alcuni alti funzionari russi, tra cui Pavel Borodin. A Mosca è di nuovo panico.

Quelli sono i giorni in cui si decide tutto, le sorti della Russia e del mondo che verrà. Il nuovo primo ministro Sergej Stepashin non è considerato abbastanza forte per proteggere la famiglia Eltsin. Occorre sostituirlo. Tra i consiglieri del presidente comincia a farsi largo il nome di Putin. Con la storia del video hard è stato molto efficiente e sembra potere proteggere gli interessi della famiglia Eltsin e far fronte al rischio rappresentato dall’inchiesta svizzera. Il 9 agosto 1999 Putin è designato come primo ministro.

All’epoca è ancora un burocrate poco noto. Ma cosa meglio di una guerra per aumentarne la popolarità? La sua nomina coincide infatti con l’improvvisa recrudescenza del conflitto in Cecenia. Con la guerra la sua popolarità aumenta in maniera decisiva. Lo scandalo sugli appalti al Cremlino, però, non vuole morire. Il Corriere della Sera titola ‘Le carte di credito accusano Eltsin’. Il giornale italiano, citando le carte dell’inchiesta elvetica, dimostra che Del Ponte, in Ticino, ha requisito diversi estratti conto di carte di credito. Sono a nome di Eltsin, delle sue due figlie e di altri alti funzionari russi. Il successore di Skuratov prova ad avviare delle indagini contro il presidente. Tuttavia, questo slancio giudiziario si attenua rapidamente.

Cambio al vertice

Mosca, 31 dicembre 1999. Un malconcio alberello di Natale fa da sfondo al discorso di fine anno di Eltsin. La novità è di quelle che travolgono. "Il tuo ufficio, Vladimir Vladimirovic": con queste parole il presidente si dimette in diretta tv e consegna le redini del potere al fedele Putin. Si conclude così l’ultimo anno del millennio, l’anno del Kremlingate. Inizia l’era di un nuovo zar, venuto quasi dal nulla, ma che 23 anni dopo regna ancora incontrastato a Mosca e disegna i destini del mondo. La storia prende la piega che prende con il padrone del Cremlino che – contrariamente a quanto si pensava – attaccherà gli oligarchi fedeli a Eltsin e si distanzierà dall’Occidente, fino ad arrivare al 2022 e alla guerra in Ucraina. Manterrà una promessa: il Kremlingate è stralciato. La Procura federale svizzera non farà che prenderne atto e sospendere l’assistenza giudiziaria, tanto più che Carla Del Ponte ha lasciato Berna nel settembre 1999 per trasferirsi a dirigere la Corte penale internazionale.

Resta il filone ginevrino, che si conclude nel 2002. Borodin viene condannato a una multa per riciclaggio in merito a un contratto firmato con la ticinese Mercata, società guidata da suo genero e che, anch’essa da Lugano, aveva ottenuto alcuni appalti pubblici russi. Pacolli – che ha sempre negato di avere pagato tangenti in Russia – uscirà pulito dal fronte giudiziario e si darà poi alla politica nel suo paese d’origine, il Kosovo. La Mabetex dalla Russia si sposterà in Kazakistan. Qui realizzerà decine di opere pubbliche grazie ai forti legami con Nursultan Nazarbaiev, il presidente-dittatore che per 29 anni ha guidato con il pugno di ferro uno degli Stati più corrotti del pianeta. Ma questa è un’altra storia.

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