Un gesto bolsonarista degno di una qualsiasi favela di Rio. Ma pretendere uno spazio di autodeterminazione senza passare dal dialogo resta una chimera
Aver raso al suolo in una notte un pezzo dello stabile dell’ex Macello doveva – nella testa di alcuni – diventare la prova tangibile della forza del Municipio. Il vecchio e buon ‘Colpisci e terrorizza’ in versione luganese. Un gesto bolsonarista degno di una qualsiasi favela di Rio de Janeiro: sgombero più demolizione uguale problema risolto.
Invece le cose non stanno così. Dalle macerie del centro sociale ciò che emerge, smascherata, è tutta l’ignobile prepotenza delle autorità cittadine (mettiamoci pure il Dipartimento delle istituzioni). Prepotenza che si tramuta in ignoranza. Forse nessuno di loro si è soffermato sul fatto – storia insegna – che il ‘sistema’ non è mai riuscito a spazzare gli ideali, come quello dell’autogestione, con le ruspe.
Dall’altra parte poi, un richiamo: riuscire a ricavare uno spazio di autodeterminazione senza passare dal dialogo con le autorità (basta trovare un accordo, mica dovete chiamarli ‘onorevoli’) è una chimera. Quelli di allora lo sanno bene: un terreno va riconquistato, certo. Con le parole. Una volta ottenuto, ve lo potrete (auto)gestire.