canton vaud

In carcere l’estremista di destra Alain Soral

Dovrà scontare 60 giorni: è stato riconosciuto colpevole di discriminazione e incitamento all'odio per frasi omofobe a una giornalista

Alain Soral davanti al tribunale
(Keystone)

L'ideologo di estrema destra Alain Soral è stato condannato in seconda istanza dal Tribunale cantonale vodese a 60 giorni di prigione da scontare. È stato riconosciuto colpevole di discriminazione e incitamento all'odio per frasi omofobe a una giornalista.

Il saggista – il cui vero nome è Alain Bonnet – in un video aveva rivolto commenti sprezzanti alla comunità Lgbtq+ e a una giornalista de La Tribune de Genève e di 24 Heures che aveva pubblicato un articolo su di lui nell'agosto 2021.

In particolare Soral aveva definito la giornalista "grossa lesbica" e "militante queer", insinuando che quest'ultimo termine significasse "squilibrata".

Inizialmente era stato riconosciuto colpevole di diffamazione, discriminazione e incitamento all'odio per decreto d'accusa dal Ministero pubblico cantonale. Dalla prima istanza giudiziaria era poi stato riconosciuto colpevole solo di diffamazione, con una condanna di 30 aliquote giornaliere di 50 franchi, oltre a 500 franchi per torto morale e 7'000 franchi di spese legali della denunciante.


Keystone
Sostenitori dell’accusa fuori dal tribunale

Il ricorso è stato inoltrato dal Ministero pubblico, che chiedeva l'aggiunta dei reati di discriminazione e incitamento all'odio. Il portavoce della Procura Vincent Derouand ha confermato a Keystone-Ats l'informazione della condanna pubblicata dalla Rts.

Il 65enne saggista franco-svizzero, che abita da circa tre anni a Losanna, è stato condannato in Francia una ventina di volte a pene pecuniarie o sospese per esternazioni antisemite, negazionismo, calunnia e diffamazione. Soral ha acquisito notorietà in particolare grazie alla collaborazione con il controverso comico Dieudonné.

Giurisprudenza

Nel corso del dibattimento Soral ha riconosciuto "commenti un po' virulenti", ma ha assicurato di non essere "un militante omofobo, come vorrebbe far credere il Ministero pubblico". Il suo avvocato aveva denunciato "un processo d'inquisizione abbastanza inquietante", aggiungendo che si vuole giudicare l'uomo "e non qualche frase di una reazione a caldo".

Il verdetto corrisponde a una vittoria per la Procura vodese, che l'ha accolto "con soddisfazione" e attende "con interesse le motivazioni". La sentenza permette di stabilire "una giurisprudenza cantonale" in materia di discriminazione e incitamento all'odio in base all'orientamento sessuale. Soral ha ancora possibilità di ricorrere al Tribunale federale.

Un segnale forte

Anche le associazioni in difesa delle persone Lgbtq+ hanno accolto con soddisfazione la sentenza. "Accogliamo un segnale forte che mostra come non tutto sia permesso in Svizzera e che ci sono dei limiti all'odio", ha commentato a Keystone-ATS Gaé Colussi, responsabile per la Romandia di Pink Cross. "Non bisogna dimenticare che questo tipo di commenti ha conseguenze dirette e preoccupanti sulla comunità Lgbtq+".

L'Organizzazione svizzera delle lesbiche, Vogay e Lilith hanno dal canto loro valutato la sentenza come "una tappa cruciale nell'applicazione dell'articolo del codice penale" che sanziona l'omofobia. Verdetti erano già stati emessi, ma mai con una tale eco mediatica.

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