La lettura del voto del consigliere federale Albert Rösti. ‘Dobbiamo produrre più elettricità locale da fonti rinnovabili’. L’Udc rilancia sul nucleare
‘La paura di fallire di nuovo’, titolava due settimane fa il ‘Tages-Anzeiger’. Lo spettro di un altro no, dopo quello alla legge sul CO2 di due anni fa, aleggiava nell’aria. L’Udc ha sfoderato l’artiglieria pesante per recuperare il ritardo segnalato dai sondaggi: fino a pochi giorni fa ha fatto recapitare volantini a domicilio, ha moltiplicato i manifesti lungo le strade, si è data parecchio da fare anche sui ‘social’. Memori di quanto successo nel giugno del 2021, i promotori dell’Iniziativa per i ghiacciai e gli altri sostenitori del controprogetto in votazione hanno cominciato a dubitare: la storia si ripeterà? Il rush finale del partito di Marco Chiesa non è però bastato a invertire la tendenza. Il sostegno alla legge si è anche stavolta progressivamente eroso. Ma alla fine l’ago della bilancia è rimasto dalla parte del sì. Il pacato richiamo a un ‘pezzo dell’identità svizzera’ (i ghiacciai), i messaggi dai toni morbidi (‘proteggiamo ciò che conta’) e le familiari montagne stilizzate dai tenui colori arancio e blu hanno persuaso il 59,1% di chi è andato a votare (il 42% degli aventi diritto: nella media) ad approvare la legge sulla protezione del clima. Una legge che l’Udc ha aspramente combattuto, in solitaria, a suon di allarmistici slogan su inquietante sfondo giallo e nero e minacciosi pugni rossi, che dai suoi manifesti mettevano in guardia contro le paventate conseguenze di un sì a una legge bollata come ‘divoratrice di elettricità’.
Lo si è capito subito come sarebbe andata. Alle 12.02, a urne appena chiuse, sugli schermi della Srf il politologo del gfs.bern Lukas Golder già definisce «relativamente chiaro» il trend favorevole al sì. Nei minuti seguenti giunge il risultato quasi definitivo del canton Ginevra (74,2%). Poi la proiezione della cancelleria zurighese (61%). Quindi Vaud, 66% (metà delle schede scrutinate); Vallese, 53,8% (a spoglio quasi concluso); e via via gli altri. A Berna, nel ritrovo dell’Udc, il consigliere nazionale vallesano Michael Graber critica ancora questa legge «altamente perfida» e «prende in parola» chi l’ha sostenuta. Il coordinatore della campagna per il no dice di temere che i divieti prima o poi arriveranno, altrimenti «gli obiettivi utopici» iscritti in questa legge non potranno essere raggiunti. Sull’altro fronte, la consigliera nazionale Nadine Masshardt (Ps/Be) gioisce e accusa l’Udc di aver diffuso «fake-news». Le prime cifre arrivano alle 12.30. Confermano il trend: 58% di sì, margine d’errore +/- 3%. Les jeux sont faits.
La Svizzera tuttavia è divisa. Le regioni urbane e la Romandia hanno detto chiaramente sì. Nelle zone rurali, invece, il rifiuto è stato in parte massiccio: quattro cantoni (Uri, Svitto, Glarona, Turgovia) e tre semicantoni (Obvaldo, Nidvaldo, Appenzello Interno) hanno detto no. La percentuale più bassa di consensi è stata registrata nel canton Svitto (42,48%). Nelle regioni montane, particolarmente colpite dai cambiamenti climatici, ha prevalso il ‘no’, così come in molti comuni dell’Altopiano. Nella Svizzera francese, quasi tre quarti degli elettori di Ginevra (74,5%) hanno accolto la legge. Percentuali leggermente più basse, ma sempre inequivocabili, anche a Neuchâtel (69,9%), Vaud (69,5%), Giura (63,2%) e Friburgo (61,9%). In Vallese il sì si è fermato al 55,4%. Il Canton Berna ha sostenuto il testo col 58,5% dei voti, in Ticino col 54,8%.
All’Udc non è riuscito il colpaccio bis. Il partito poteva contare soltanto sull’appoggio dell’associazione svizzero-tedesca dei proprietari immobiliari (quella romanda era favorevole) e di Gastrosuisse. L’Unione svizzera delle arti e mestieri (Usam), divisa al suo interno, ha lasciato libertà di voto. Il suo presidente Fabio Regazzi si è detto contrario. Con una campagna aggressiva, i democentristi hanno rispolverato l’argomento costi. Ma stavolta – con un progetto moderato, assai diverso da quello respinto due anni fa e che non prestava il fianco ad attacchi su questo piano – l’argomento si è rivelato un’arma spuntata.
I democentristi hanno pure insistito sui rischi per la sicurezza dell’approvvigionamento elettrico, sostenendo che la nuova legge provocherà un aumento massiccio dei consumi di corrente e che benzina, diesel, nafta e gas verranno di fatto vietati. Stavolta però sull’altro fronte, a perorare il ‘sì’ e a rassicurare, c’era un suo consigliere federale, Albert Rösti, non la socialista Simonetta Sommaruga.
C’erano anche (ancora) tutti i principali partiti e le principali organizzazioni del mondo economico. Oltre che l’Alleanza per il clima, forte di 200 tra associazioni, organizzazioni, aziende, politici e di una quarantina di comitati locali. Pure l’influente Unione svizzera dei contadini (Usc), benché non unanime, invitava a deporre un sì nelle urne. Al loro fianco, tutte le organizzazioni ambientaliste, il Gruppo svizzero per le regioni di montagna e la comunità scientifica e accademica. Il loro messaggio: la Svizzera, Paese alpino, è particolarmente colpita dalle conseguenze del cambiamento climatico; e questa legge – che non comporta nuove tasse, promuove l’innovazione tecnologica e genera investimenti significativi – è una risposta necessaria, adeguata e rapida alle sfide urgenti che si pongono sia in ambito di protezione del clima che di approvvigionamento energetico.
L’Associazione svizzera per la protezione del clima, promotrice dell’Iniziativa per i ghiacciai, ha dichiarato che intende agire come ‘cane da guardia’ quando l’ordinanza di attuazione sarà messa in consultazione. Ps e Verdi hanno colto l’occasione per rilanciare la loro iniziativa per un fondo climatico (vedi anche articolo sotto). L’Udc ha reagito con toni catastrofistici. Il sì alla legge sul clima “fa precipitare la Svizzera in una crisi energetica”, con una “esplosione dei costi” e “la minaccia di una devastante penuria di elettricità”. Il partito chiede – come il presidente di Economiesuisse Christoph Mäder – di affrontare “immediatamente” la questione relativa alla sostituzione delle centrali nucleari esistenti e la costruzione di nuove centrali nucleari. Altrimenti, la transizione energetica “porterà il nostro Paese al collasso”.
La legge sulla protezione del clima e l’innovazione è un controprogetto indiretto all’Iniziativa per i ghiacciai. L’obiettivo è identico: azzerare le emissioni nette di CO2 entro il 2050. L’iniziativa (a questo punto ritirata) avrebbe però vietato a partire da quella data il consumo di combustibili e carburanti fossili. Il controprogetto invece non prevede alcun divieto del genere. Si limita a indicare che in Svizzera i consumi di petrolio e gas naturale andranno progressivamente ridotti. E stabilisce obiettivi intermedi (-75% entro il 2040) per la riduzione delle emissioni di gas serra, settore per settore: edifici -82%, trasporti -57%, industria -50%.
Anziché introdurre nuovi balzelli, la legge punta su incentivi finanziari: 200 milioni di franchi all’anno durante un decennio (totale: 2 miliardi) a disposizione dei proprietari immobiliari che sceglieranno di sostituire riscaldamenti a nafta, a gas ed elettrici con termopompe e impianti a legna nonché di migliorare l’isolamento delle loro abitazioni; altri 200 milioni di franchi all’anno fino al 2030 (totale: 1,2 miliardi) alle imprese per l’impiego di nuove tecnologie e processi innovativi suscettibili di ridurre le emissioni di gas serra.