Approvate nelle commissioni sicurezza degli Stati e del Nazionale due iniziative parlamentari simili che prevedono un allentamento a certe condizioni
La riesportazione di materiale bellico svizzero dev'essere possibile a determinate condizioni. Lo prevedono due iniziative parlamentari simili, una degli Stati e una del Nazionale, adottate dalla Commissione della sicurezza del Consiglio degli Stati (CPS-S). Il dossier ritorna alla commissione omologa del Nazionale dal momento che la CPS-S ha provveduto a modificare leggermente il testo dell'iniziativa della sua omologa.
Le due iniziative parlamentari sono state approvate con, rispettivamente, 8 voti a 4 e 8 voti a 5. Esse prevedono una modifica della Legge sul materiale bellico. Un'iniziativa formulata dalla stessa CPS-S, ha dichiarato ai media il presidente della commissione Werner Salzmann, chiede che, in caso di forniture a Stati che si riconoscono nei nostri stessi valori e che dispongono di un regime di controllo delle esportazioni simile al nostro (come Francia o Germania), la dichiarazione di non riesportazione sia limitata a cinque anni se il Paese di destinazione si impegna a trasferire il materiale bellico dopo tale scadenza soltanto a determinate condizioni: lo Stato di destinazione non è coinvolto in un conflitto armato interno o internazionale, una restrizione che non si applica ai casi in cui un Paese di destinazione – come l'Ucraina – si avvale del suo diritto di autodifesa conformemente al diritto internazionale.
Inoltre, ha ricordato il "senatore" democentrista, il Paese di destinazione non deve violare in maniera grave i diritti umani e non vi deve essere alcun rischio che le armi vengano impiegate contro la popolazione civile.
La maggioranza della commissione, ha spiegato Salzmann, crede che questa modifica permetterebbe di risolvere i problemi sollevati dalle dichiarazioni di non riesportazione. La Svizzera deve al momento decidere attivamente se vuole autorizzare o meno un Paese a riesportare materiale bellico, fatto che può rivelarsi problematico. "Questo allentamento dovrebbe anche consentire di rafforzare la competitività dell'industria svizzera degli armamenti", ha aggiunto Salzmann.
L'iniziativa dell'omologa commissione del Nazionale, approvata per 8 voti a 5, è quasi del tutto simile. Essa prevede che la riesportazione di materiale bellico debba essere possibile se il Paese di destinazione si avvale del diritto di autodifesa in virtù del diritto internazionale pubblico. In tal caso, ha sottolineato Salzmann, la violazione del divieto dell'uso della forza deve essere stata denunciata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite oppure da una maggioranza dei due terzi dell'Assemblea generale.
Una minoranza della CPS-S boccia entrambe le iniziative, sostenendo che non sono compatibili col diritto della neutralità, ha poi sottolineato il presidente della commissione. La minoranza denuncia un aggiramento delle attuali disposizioni legali a causa delle pressioni proveniente dagli alleati dell'Ucraina, in particolare da paesi coma la Germania che hanno chiesto alla Confederazione di poter riesportare verso il teatro bellico munizioni acquistate nella Confederazione.
Tenuto conto del risultato delle prime due votazioni, la CPS-S ha poi deciso di respingere all'unanimità una mozione della sua omologa del Nazionale. Questo atto parlamentare prevede che, su richiesta di un governo estero, il Consiglio federale possa annullare la dichiarazione di non riesportazione se la richiesta si riferisce a una situazione che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha dichiarato, in una risoluzione, come contraria al divieto dell'uso della forza previsto dal diritto internazionale e se non vi si oppongono interessi preponderanti in materia di politica estera della Svizzera.
Nel caso in cui il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non giunga a una decisione a seguito di un veto, sarebbe necessaria una dichiarazione in tal senso da parte dei due terzi dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Sempre a proposito di armi, Salzmann ha aggiunto che la commissione ha anche deciso di presentare una mozione affinché sia più agevole in futuro riesportare materiale bellico prodotto in Svizzera. In particolare, si vuole concedere all'esecutivo, in circostanze eccezionali, di derogare alle regole in vigore per salvaguardare gli interessi di politica estera o di sicurezza nazionale.
Diversi Paesi, ha dichiarato Salzmann, hanno minacciato di non voler più acquistare armi dalla Svizzera alla luce delle rigide prescrizioni in materia di riesportazione. Insomma, per Salzmann si tratta di preservare un certo know-how elvetico in materia, utile anche per garantire la nostra sicurezza.
Questo allentamento era stato formulato, ma poi abbandonato, in parlamento durante la discussione sul controprogetto all'iniziativa popolare che voleva vietare l'export di armi all'estero, specie in paesi che violano i diritti umani o coinvolti in guerre civili, ha rammentato Salzmann.
Una minoranza, ha poi precisato il presidente della commissione, si è detta contraria alla mozione dicendo che è passato troppo poco tempo dall'entrata in vigore del controprogetto. Il fatto che tale aggiunta sia stata abbandonata dal parlamento aveva tra l'altro spinto il comitato promotore dell'iniziativa popolare a ritirarla.