Svizzera

‘Le aperture domenicali? Un passo che va valutato a fondo’

Per il direttore del Glattzentrum (il più grande centro commerciale del Paese), l'idea ha i suoi pro e i suoi contro. Stuzzicano, invece, gli influencer

In sintesi:
  • Al centro commerciale di Wallisellen l'affluenza media è aumentata del 15% rispetto al 2019
  • La spesa media, a cliente, è di 69 franchi. Ma grazie a negozi di punta, si arrivano pure a spendere 1'000-1'500 franchi
Fino a 65’000 visitatori nei ‘sabati buoni’
(Keystone)
9 maggio 2023
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Il futuro dei centri commerciali in Svizzera? Si venderanno meno prodotti, ma più servizi. Ne è convinto Rageth Clavadetscher, direttore del Glatt di Wallisellen (Zh), la più grande struttura svizzera di tal tipo per giro d'affari, stimato dagli esperti a 600 milioni di franchi.

"Stiamo registrando un numero record di visitatori", afferma il 52enne in un'intervista pubblicata dall'Aargauer Zeitung. "Prima, nei sabati buoni avevamo 35'000-45'000 persone, ora sono 55'000-65'000: quest'anno abbiamo registrato il 15% di visitatori in più rispetto allo stesso periodo del 2019".

"L'aumento del fatturato è più basso, ma di un elevato numero percentuale a una cifra: tra gennaio e marzo abbiamo registrato una forte progressione, mentre in aprile la situazione è un po‘ più debole. Nel complesso siamo molto soddisfatti", prosegue il dirigente a capo della struttura dal 2016.

I clienti spendono in media 69 franchi. "È un valore alto. Lo dobbiamo a negozi come Globus, Apple, Nespresso, alle gioiellerie della fascia di prezzo medio-alta, ma anche a Lego: le edizioni speciali dei giocattoli vengono vendute a 1'000-1'500 franchi".

Al giornalista che gli chiede perché i centri commerciali non comunicano più le loro cifre di vendita, Clavadetscher risponde che le strutture si trovano "in una fase di trasformazione, accelerata dal Covid". "Quando i singoli centri vedono scendere il giro d'affari i media si concentrano su di loro: poi si dice subito che stanno morendo e che il marchio non funziona. In tal modo i centri si ritrovano in una spirale negativa".

"Il calo delle vendite è dovuto alla migrazione verso internet, al turismo dello shopping e all'erosione dei prezzi", prosegue lo specialista. "Quando i negozi smerciano meno, alzano i prezzi e inoltre procedono a svendite. Questo porta a un calo dei ricavi. Al momento nessuno beneficia della pubblicazione del fatturato, per cui i centri ne fanno a meno. A lungo termine i proventi diminuiranno per tutti: gli spazi diventeranno più piccoli, ci saranno più showroom e luoghi di incontro dove verrà generato meno fatturato".

Il dirigente nato e cresciuto in un primo tempo a Haiti non si entusiasma per eventuali nuove aperture domenicali. "Dovremmo valutare bene. Abbiamo il giusto assortimento per essere aperti la domenica? Non tutti gli affittuari sono predestinati a farlo. Inoltre, bisognerebbe calcolare la redditività. La domenica il personale riceve fino al 50% di stipendio in più. Dovremmo anche pubblicizzare le vendite domenicali. Non abbiamo una frequenza naturale, ad esempio quella dei turisti. Siamo contenti di avere tutti i giorni di apertura possibili, ma preferisco avere un buon giro d'affari in sei giorni piuttosto che aggiungere la domenica con un risultato incerto".

Stando a Clavadetscher – che sogna di ospitare un negozio Louis Vuitton – il Glatt (spesso chiamato anche Glattzentrum) non soffre dell'ubicazione dell'agglomerato zurighese, cosa che potrebbe secondo taluni portare a problemi di immagine. "Non c’è più una divisione fra i clienti sensibili al prezzo e gli altri: i clienti fanno acquisti molto diversificati. Vengono da noi sempre più persone dalla città di Zurigo. In città non c‘è un negozio Lego, né Xiaomi o Muji", osserva l'esperto. "Attualmente è possibile effettuare contemporaneamente acquisti da Aldi e da Louis Vuitton: basta guardare le auto che si trovano al parcheggio di Aldi, si diventa spesso invidiosi".

Il Glatt – che è fra i primissimi centri commerciali aperti in Svizzera, nel 1975: peraltro però battuto dal Serfontana di Morbio Inferiore, che risale al 1974 – punta anche sugli influencer. "Oggi nel cortile della scuola la maggior parte dei bambini sta sul cellulare. Siamo entrati molto presto nei social media per dare a questo gruppo un punto di contatto con il commercio al dettaglio e farli venire da noi. Dobbiamo pensare a dove saremo nel 2050. In termini di volume e potere d'acquisto, i clienti più giovani non sono ancora al top: ma questo avverrà in un secondo tempo. Per loro, ci affidiamo principalmente a Tiktok, ma utilizziamo anche Instagram e Facebook per quelli un po’ più grandi. Su Instagram mostriamo video specialistici in cui spieghiamo i prodotti, una cosa che viene accolta molto bene: alcuni di questi tutorial vengono visualizzati fino a 20'000 volte".

"Il commercio al dettaglio esisterà sempre, ma ci saranno meno vendite di beni e più servizi", afferma l'intervistato, interrogato sul futuro dei centri commerciali. "Molte persone sono sommerse dalle offerte digitali e non riescono a impostare diversi profili sul proprio account Netflix, ad esempio. I grandi operatori tecnologici avranno quindi bisogno di un luogo nel mondo analogico, prima o poi. È anche una questione di fiducia: quando i clienti possono dare un volto a un marchio in un negozio, questo è più affidabile di quanto non lo sia se la presenza è solo online. Anche il tema della salute e della vecchiaia sta diventando molto più importante".

Secondo Clavadetscher la Confederazione ha il giusto numero di centri commerciali. "Non credo che molti dovranno chiudere. Il potere d'acquisto c'è e la gente in Svizzera ama fare acquisti nei negozi stazionari. Ciò che è decisivo per il successo dei centri è il loro sviluppo e il fatto che si trovino dove la gente vive", conclude il manager.

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