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Salvagente da 50 miliardi, i politici s’interrogano

La banca afferra al volo il prestito offerto dalla Bns. E il titolo si risolleva. Consiglio federale riunito in seduta straordinaria.

Momenti bui
(Ti-Press)
16 marzo 2023
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Berna/Zurigo – Credit Suisse (Cs) rimbalza almeno parzialmente in borsa dopo il mercoledì nero. È l’effetto dell’intervento della Banca nazionale svizzera (Bns), che già ieri sera ha annunciato la disponibilità a fornire liquidità. La seconda banca del paese ne ha subito approfittato: nella notte ha annunciato di aver attinto a una linea di credito sino a 50 miliardi di franchi. Non abbastanza per tranquillizzare gli esperti. Né i politici. Oggi il Consiglio federale si è riunito in seduta straordinaria per fare il punto.

In apertura delle borse l’azione ha raggiunto un massimo di 2,25 franchi. Si tratta di una progressione del 32% rispetto a ieri, giornata del crash, quando – sulla scia delle dichiarazioni del suo principale azionista saudita, che aveva escluso ulteriori iniezioni di capitale – il valore aveva chiuso in ribasso del 24% a 1,70 franchi, toccando un minimo storico a 1,55 franchi. Poi però l’euforia è andata stemperandosi: alle 15.30 la progressione era ancora solo del 13% a 1,91 franchi. Alla chiusura il titolo si è attestato a 2,02 franchi (+19%).

Bisogno di liquidità

Il prestito chiesto alla Bns ha lo scopo di "rafforzare preventivamente la liquidità", ha spiegato la banca. In una nota, Cs ha precisato che effettuerà una serie di operazioni di riacquisto del debito per circa 3 miliardi di franchi. Il gruppo parla di un’azione decisa che sosterrà il core business e la clientela e precisa che, utilizzando 39 miliardi di franchi del prestito, sarà in grado di rafforzare con effetto immediato la liquidità a breve termine.

Secondo gli esperti, probabilmente Credit Suisse ha bisogno di liquidità per poter far fronte ai significativi deflussi di depositi dei clienti. E perché gli altri istituti non si fidano più a prestare soldi al gruppo. La situazione non facilita la profonda ristrutturazione che il gruppo deve affrontare, dopo aver subito nel 2022 una maxi-perdita di 7,3 miliardi di franchi, che segue il rosso di 1,6 miliardi dell’anno prima.

Panico ‘del tutto ingiustificato’

Cs non cercherà probabilmente altro capitale e la banca è «solida»: è il messaggio di Ammar Al Khudairy, presidente della Saudi National Bank (Snb), il maggior azionista dell’istituto elvetico, che mercoledì aveva innescato il panico sui mercati rispondendo a una domanda di Bloomberg Tv nella quale ha escluso che il suo istituto possa partecipare a un’altra ricapitalizzazione, dato che le è impedito superare la soglia del 10%. In un’intervista alla Cnbc, il manager ha definito il panico sui mercati «del tutto ingiustificato».

Ora resta da vedere se il prestito multi-miliardario – del valore di tre gallerie del San Gottardo, ha subito osservato caustico il portale ‘Inside Paradeplatz’ – riuscirà a ripristinare la fiducia degli investitori e dei clienti. Stando agli analisti ci vorrà del tempo affinché il mercato torni a credere nel marchio. Tempo che magari non c’è: circolano voci di un’eventuale acquisizione di attività da parte di Ubs o addirittura della Banca cantonale di Zurigo (Zkb), considerata la forte presenza di Cs nel cantone del suo fondatore, Alfred Escher (1819-1882). Torna anche a farsi largo l’ipotesi ‘spezzatino’. Ma per altri esperti l’intervento della Bns è un chiaro messaggio del fatto che l’istituto continuerà ad esistere nella forma attuale.

Il Governo non dice nulla

Credit Suisse sta diventando un problema sempre più pressante anche sul fronte politico. Il Consiglio federale ha tenuto oggi – alla vigilia di quella ordinaria di domani – una seduta straordinaria sul tema. Presenti rappresentanti della Bns e della Finma. Il Governo non si pronuncia per il momento sulle difficoltà della banca. Il contenuto delle discussioni non sarà comunicato, ha dichiarato la Cancelleria federale a Keystone-Ats.

Intanto, la Banca centrale europea (Bce) non si è lasciata intimorire dal rischio di una nuova crisi bancaria. Oggi ha deciso di aumentare i tassi di un ulteriore mezzo punto (al 3,5%) per combattere l’inflazione, giudicando le banche dell’eurozona solide e "resistenti". Tuttavia, i guardiani dell’euro sono cauti riguardo a un ulteriore inasprimento monetario e hanno fatto marcia indietro rispetto alla promessa di aumentare ancora i tassi in modo "significativo" nei prossimi mesi.

Le reazioni

‘Intervento opportuno’ e ‘completa trasparenza’

Tengono banco anche a Palazzo federale le vicissitudini di Credit Suisse. Esponenti di ogni partito hanno detto la loro. Tutti accolgono con favore il sollecito intervento della Bns, pur con qualche sfumatura.

Anche il Ps sostiene che sia opportuno, benché si tratti di una «operazione di salvataggio annunciata», visti gli errori e gli scandali che hanno scosso l’istituto negli ultimi anni. Così si è espresso in una conferenza stampa il copresidente del partito e consigliere nazionale Cédric Wermuth. Il Ps chiede «completa trasparenza». «Vogliamo sapere chi sapeva cosa», ha detto l’argoviese, sostenendo che i responsabili devono essere chiamati a rispondere. Per il consigliere nazionale Samuel Bendahan (Vd), lo Stato non deve limitarsi a rimediare ai danni ma deve pretendere una «corretta rimunerazione del rischio» sostenuto dalla popolazione, ad esempio sotto forma di una partecipazione al capitale. Inoltre, secondo i socialisti non è giusto che gli azionisti ottengano guadagni in borsa grazie all’aiuto dell’ente pubblico.

Il consigliere nazionale Gerhard Andrey (Verdi/Fr) ha definito l’iniezione finanziaria della Bns conforme alle regole. Tuttavia ci si chiede perché il Credit Suisse si sia imbattuto in una tale crisi finanziaria. Procedimenti di enforcement sono rimasti senza conseguenze e non si è visto un cambiamento culturale. Occorrono regole più severe, in modo che le persone coinvolte ai più alti livelli debbano assumersi la propria responsabilità.

Elogi sono giunti dai parlamentari dei partiti borghesi. Il consigliere nazionale Thomas Matter (Udc/Zh), banchiere, dichiara che Credit Suisse ha un problema di fiducia ma non di solvibilità. Ciò ha portato i clienti a spostare i loro averi con l’online banking. Una perdita di fiducia è estremamente pericolosa per una banca. La Bns è giustamente intervenuta: oltre alla stabilità dei prezzi, ha il compito di mantenere la stabilità dei mercati finanziari. In questo momento Matter non vede alcuna ragione per un aiuto di Stato alla banca.

La consigliera nazionale del Plr e vice presidente del gruppo parlamentare Daniela Schneeberger (Bl) condivide la valutazione. Non crede che un’azione di salvataggio da parte dello Stato, come nel caso di Ubs durante la crisi finanziaria del 2008, sia necessaria. Con la linea di credito della Bns, i clienti potrebbero essere soddisfatti.

Il consigliere nazionale Martin Landolt (Centro/Gl) definisce l’intervento della Bns e della Finma «estremamente prezioso e in grado di rafforzare la fiducia». Fondamentalmente, il meccanismo di gestione della crisi di una banca classificata ‘too big to fail’ è pronto e potrebbe essere attivato se necessario.

L’isteria è fuori luogo e al momento non sono necessarie ulteriori misure grazie alle normative sulle banche di rilevanza sistemica, ha dichiarato Jürg Grossen, presidente del partito dei Verdi liberali (Pvl). Dopo la dichiarazione della Bns di sostenere Cs, la situazione dovrebbe stabilizzarsi. La copertura di fondi propri del Cs è attualmente tre volte maggiore di quella durante la crisi finanziaria del 2008, hanno spiegato Schneeberger, Matter, Landolt e Grossen. Le esigenze in materia di fondi propri sono quindi soddisfatte.

L’intervista

‘I problemi non saranno risolti in una settimana’

Il sostegno garantito dalla Bns rappresenta un aiuto importante, ma non risolve le sfide che l’istituto dovrà affrontare: Sergio Rossi, professore di economia all’Università di Friburgo, prende posizione sul tema in un’intervista all’agenzia di stampa finanziaria Awp.

Quali sono i problemi oggettivi che attualmente influenzano il corso delle azioni di Credit Suisse?

Credit Suisse sta affrontando una duplice mancanza di fiducia, da un lato sui mercati finanziari e dall’altro tra i risparmiatori. Il sostegno della Bns, che sta mettendo sul piatto molti soldi, dovrebbe aiutare a recuperare parte della fiducia degli azionisti nonché dei clienti attuali e potenziali. Resta da vedere cosa ne farà la banca, ma è su questi due pilastri che dobbiamo agire. Ma anche con il prestito della Bns, il Credit Suisse non avrà risolto tutti i suoi problemi in una settimana.

Quali sono i rischi per Credit Suisse dovuti alla sua quotazione borsistica storicamente bassa?

Un prezzo così basso è probabile che alimenti ulteriori vendite, che a loro volta accelereranno ulteriormente il calo della valutazione senza generare alcun interesse per il titolo, se non da parte degli hedge fund, ma ne dubito in questa fase. Inoltre, le notizie di stampa potrebbero spingere i piccoli risparmiatori a ritirare i loro depositi dal Credit Suisse e a metterli al sicuro, ad esempio, presso le banche cantonali. Questa fuga di depositi comporterebbe a sua volta rischi di liquidità e solvibilità per l’istituto, minacciando la capacità della banca di far fronte ai propri debiti in tempo, o addirittura di pagarli nelle prossime settimane o mesi.

A questo prezzo, Credit Suisse non è un potenziale obiettivo di acquisizione?

Credit Suisse così com’è non è attraente, a meno che non si possa cedere la parte peggiore della banca e mantenere quella redditizia. Ciò significherebbe smembrare l’istituto ‘troppo grande per fallire’ in parti che sarebbero utili per altre istituzioni finanziarie.

E questa parte peggiore sarebbe...

La Banca d’investimento! O almeno gran parte dell’investment banking. A differenza di Ubs, che sembra aver imparato la lezione del 2008 abbandonando il comparto e concentrandosi maggiormente sulla gestione patrimoniale, Credit Suisse non ha mai cambiato registro e ora ne sta pagando le conseguenze. La banca d’investimento ha un potenziale conflitto d’interessi, soprattutto perché consiglia le società sul prezzo delle azioni che intendono emettere e poi acquista quelle stesse azioni quando vengono emesse. Si tratta inoltre di un’attività che specula con il denaro dei correntisti, oltre che con i fondi della banca stessa. E non sono i risparmiatori a dover pagare le conseguenze di decisioni di investimento sbagliate!

Ma i risparmiatori non sono coperti dai requisiti patrimoniali introdotti dalla crisi finanziaria o dal fondo di garanzia dei depositi?

Il concetto di ‘troppo grande per fallire’ rimane un pacchetto di misure per il bel tempo. Il coefficiente di capitale richiesto alle banche, sistemiche o meno, rimane significativamente inferiore a quello richiesto ai privati, quando le controparti offerte sono titoli finanziari e non immobili il cui valore è meno soggetto all’evaporazione, ad esempio. Come abbiamo visto all’epoca con Ubs, questi cuscinetti di garanzia possono essere tossici. I 100mila franchi di garanzia dei depositi sono solo teorici, in quanto il fondo conferito da tutte le banche a questo scopo copre attualmente una somma di circa 8 miliardi di franchi. Se, ad esempio, Credit Suisse dovesse fallire, la somma eccedente gli 8 miliardi non sarebbe garantita. Il problema sarà ancora più grave se un’insolvenza di Credit Suisse dovesse coinvolgere altre banche.

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