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Credit Suisse in caduta libera, Bns pronta al salvataggio

Il titolo dell’istituto cola a picco e chiude in calo del 24%. La Banca nazionale rassicura: forniremo liquidità sufficiente ‘se necessario’.

(Keystone)
15 marzo 2023
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Zurigo – Ennesima giornata di passione ieri per Credit Suisse (Cs), protagonista di un crollo in borsa che è tornato a generare il panico in tutto il settore bancario mondiale. L’azione è arrivata a perdere oltre il 30%, scendendo ai minimi di sempre. Alcuni media nel pomeriggio hanno riferito di una richiesta di ‘tranquillizzazione dei mercati’ formulata dalla banca alla Bns e alla Finma. Poi, in serata, la stessa Banca nazionale ha rassicurato: in caso di emergenza, metterà liquidità a disposizione di Credit Suisse.

Bns e Finma hanno fatto sapere che la banca soddisfa i requisiti di capitalizzazione e di liquidità. L’istituto d’emissione fornirà "liquidità sufficiente", "se necessario". La Finma "conferma che il Credit Suisse soddisfa le esigenze particolari in materia di fondi propri e di liquidità applicabili alle banche di importanza sistemica", recita il comunicato congiunto. I problemi di determinati istituti bancari negli Stati Uniti – il riferimento è al fallimento della Silicon Valley Bank (Svb) – non comportano alcun pericolo diretto di contagio per il mercato finanziario svizzero, viene sottolineato. Le rigorose esigenze in materia di capitale e di liquidità che gli istituti finanziari elvetici sono tenuti a soddisfare ne garantiscono la stabilità. L’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari e la Bns stanno comunque "monitorando attentamente gli sviluppi e sono in stretto contatto con il Dipartimento federale delle finanze [che non ha voluto commentare la situazione, ndr], al fine di garantire la stabilità finanziaria".

Benzina sul fuoco

I problemi di Cs, come noto, partono da lontano. Ma ieri ci ha pensato il suo principale azionista a gettare benzina sul fuoco. Il presidente della Saudi National Bank (Snb), Ammar Al Khudairy, ha escluso ulteriori aiuti finanziari. «La risposta è un no assoluto», ha affermato a una domanda posta da Bloomberg. L’istituto saudita è diventato nuovo azionista di maggioranza lo scorso autunno in occasione dell’aumento di capitale di Cs. Attualmente detiene il 9,9% delle azioni della società.

Le parole di Al Khudairy hanno avuto un effetto immediato in borsa: pochi minuti prima delle 11 il titolo Cs è sceso per la prima volta nella storia sotto i 2 franchi e da allora il calo si è ampliato. Gli operatori finanziari hanno visto sui loro schermi la curva puntare sempre più in basso. Alle 14.30 si è giunti al -30%, con l’azione scambiata a 1,55 franchi. Solo a quel punto il titolo si è un po’ risollevato: alla fine si è attestato a 1,697 franchi, in calo del 24,2%.

Tracollo in borsa

Intanto sulle altre piazze finanziarie e a Wall Street succedeva di tutto: anche gli altri valori bancari hanno assunto posizioni di caduta libera, con in Svizzera Ubs che ha visto volatilizzarsi il 7%, mentre negli Usa colossi quali Citigroup e Wells Fargo perdevano il 5%. Il settore, già sotto pressione per il fallimento della Svb, teme la caduta di altre banche: l’agenzia S&P ha tagliato il rating dell’istituto First Republic al livello BB+, cioè a ‘junk’, spazzatura.

Robert Kiyosaki, cofondatore di Rich Dad Company e investitore che aveva previsto il collasso di Lehman Brothers, ha pronunciato parole inquietanti: «Il problema è il mercato delle obbligazioni e la mia previsione è che la prossima banca a saltare sarà Credit Suisse». Il popolare economista Nouriel Roubini ha dichiarato all’agenzia Bloomberg: «Il problema è che Credit Suisse è, in base a molti standard, ‘too big to fail’», troppo grande per fallire, «ma anche ‘too big to be saved’», troppo grande per essere salvata.

Sulla Confederazione sono planati anche richiami all’ordine dall’estero: la prima ministra francese Elisabeth Borne ha invitato le autorità svizzere ad affrontare i problemi della sua seconda banca. «È una questione che riguarda le autorità elvetiche: deve essere risolta da loro», ha affermato in un intervento al Senato. Borne ha anche sostenuto che le banche francesi non sono colpite dal fallimento della Svb.

Autorità di vigilanza sul chi vive

Ma le rassicurazioni dei governi – negli scorsi giorni era sceso in campo anche il presidente Usa Joe Biden – non sono riuscite a placare il panico fra gli investitori. Anche perché in giornata si è saputo, dal ‘Financial Times’, che Cs avrebbe chiesto alla Finma di dare un segnale di sostegno. La conferma indiretta è poi giunta in serata, col comunicato congiunto della Bns e della stessa autorità di vigilanza.

Nel frattempo, secondo il ‘Wall Street Journal’, la Banca centrale europea (Bce) avrebbe da parte sua contattato le banche su cui vigila: il quotidiano statunitense scrive che l’istituto di Francoforte vuole sapere quanto sono esposte le società europee nei confronti di Cs. Anche il Tesoro americano sta monitorando la situazione ed è in contatto con le sue controparti a livello globale, riferisce Bloomberg. Cs ha una massiccia presenza negli Stati Uniti, dove è un importante datore di lavoro.

‘Siamo ben capitalizzati’

I vertici della banca hanno tentato a loro volta in ogni modo di tranquillizzare i mercati. In un’intervista diffusa da Blick Tv, André Helfenstein – direttore dell’entità elvetica dell’istituto– ha dichiarato che «la nostra banca è molto ben capitalizzata». In mattinata, poco prima che si scatenasse la bufera, il presidente del Consiglio di amministrazione di Credit Suisse Axel Lehmann aveva ancora ostentato sicurezza. «Abbiamo solidi coefficienti patrimoniali, un bilancio solido: quindi il sostegno dello Stato non è un tema che riguarda la nostra banca». «Abbiamo già preso la medicina», ha aggiunto il 64enne, aggiungendo che la seconda banca elvetica è ben avviata nel suo programma di ristrutturazione.

Anche gli investitori assumono però ora le loro medicine e lo fanno in dosi massicce, sotto forma di credit default swap: i certificati di assicurazione che proteggono contro l’insolvenza di una società sono saliti al valore record di 625 punti, per il periodo a cinque anni, in relazione a Cs. A titolo di paragone i valori analoghi per Ubs sono a 87 punti.

Di fronte all’emorragia di liquidità, Cs sta cercando di recuperare clienti e capitale. Martedì il presidente della direzione Ulrich Körner si era detto fiducioso sui progressi della ristrutturazione in corso. Ma nel rapporto d’esercizio pubblicato lo stesso giorno l’istituto aveva anche ammesso che i deflussi di clienti stavano continuando. Nel 2022 l’istituto ha subito una maxi perdita di 7,3 miliardi di franchi, che segue il rosso di 1,6 miliardi del 2021.

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