Svizzera

No degli Stati all’esenzione dal canone radio-tv per le Pmi

La Camera dei Cantoni ha respinto un’iniziativa in merito del consigliere nazionale ticinese Fabio Regazzi

(Keystone)
20 settembre 2022
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Tutte le imprese, grandi o piccole, devono continuare a pagare il canone radiotelevisivo in base al fatturato. Ne è convinto il Consiglio degli Stati che ha respinto (27 voti a 14 e 4 astensioni) un’iniziativa parlamentare di Fabio Regazzi (Centro) volta a esentare le piccole e medie imprese da questo balzello. Il dossier è archiviato. Pur essendo stata accolta dal Consiglio nazionale lo scorso marzo per 119 voti a 71 e 3 astenuti, l’iniziativa Regazzi – che voleva esentare dal canone le aziende con meno di 250 dipendenti – non aveva alcuna chance di superare lo scoglio degli Stati, tenuto conto della raccomandazione (8 voti a 4 e una astensione) negativa della sua commissione preparatoria e del rapporto di forze in quest’aula.

Secondo la maggioranza del plenum, il legislatore si è già pronunciato a più riprese a favore dell’attuale sistema che assoggetta tutte le imprese con un fatturato superiore a mezzo milione di franchi al canone. In caso di attuazione dell’iniziativa, le mancate entrate dovrebbero essere coperte dalle famiglie, ha spiegato a nome della commissione Olivier Français (Plr). L’iniziativa Regazzi, a suo avviso, impedirebbe inoltre alla Ssr di ottemperare al mandato pubblico conferitole dal legislatore. In ogni caso, ha aggiunto il "senatore" vodese, il popolo potrebbe ancora doversi esprimere: l’Udc sta infatti raccogliendo le firme per la sua iniziativa popolare che vorrebbe ridurre il canone a 200 franchi per tutti (ora poco più di 300 franchi per economia domestica).

A nome di una minoranza, Marco Chiesa (Udc) ha sostenuto che l’attuale sistema, entrato in vigore all’inizio del 2019, pesa enormemente sulle aziende, specie quelle medio-piccole, poiché fa dipendere l’ammontare del canone dal fatturato globale. Ci sono quindi aziende che, a fronte di ricavi per 20 milioni di franchi l’anno, devono pagare ora 6mila franchi invece dei 218 franchi dovuti col vecchio sistema. Un argomento già sviscerato dallo stesso Regazzi, tra l’altro presidente dell’Unione svizzera delle arti e mestieri, alla camera del popolo la scorsa primavera. Stando al deputato ticinese, a capo di un’azienda con 140 collaboratori, il canone in funzione del giro d’affari è fonte di gravi difficoltà per le piccole società che, pur facendo registrare un elevato fatturato, hanno in realtà esigui margini di utile.

Stando a Chiesa, insomma, il nuovo sistema di imposizione ha determinato un incremento esponenziale, mai registrato finora, di questa "tassa". Un "sì" all’iniziativa, secondo il presidente dei democentristi, sarebbe un gesto concreto nei confronti delle Pmi confrontate a un avvenire incerto dopo i danni causati dalla pandemia di coronavirus e, ora, con l’aumento dei costi dell’energia e dell’inflazione, tutti fenomeni che potrebbero preludere a una recessione. Quanto ai mancati introiti per l’ente radiotelevisivo pubblico, tale ammanco potrebbe venir compensato grazie al forte aumento della popolazione residente in Svizzera, ha concluso Chiesa.

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