rustici

Contro le ruspe, la prescrizione

Il Nazionale ‘corregge’ il Tribunale federale. A colloquio con Kurt Fluri (Fondazione paesaggio)

Uno spiraglio di luce
(Ti-Press)
17 marzo 2022
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Contrariamente a quanto stabilito lo scorso anno dal Tribunale federale (vedi infografia), gli edifici costruiti in maniera illecita fuori dalle zone edificabili non dovrebbero essere abbattuti dopo 30 anni dalla loro edificazione. Il Consiglio nazionale ha approvato giovedì con 92 voti contro 84 e una astensione una mozione in questo senso, elaborata dalla sua commissione competente su impulso di Mike Egger (Udc/Sg). A Ps, Verdi e Verdi-liberali non è bastato il sostegno della consigliera federale Simonetta Sommaruga e di una manciata di ‘dissidenti’ nei ranghi del Centro e del Plr. Tra questi ultimi, il ticinese Rocco Cattaneo, la grigionese Anna Giacometti e Kurt Fluri. Al termine del dibattito (vedi sotto), ‘laRegione’ ha avvicinato il solettese, consigliere nazionale dal 2003, per 28 anni (1993-2021) sindaco di Soletta e presidente della Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio (Fp).

Signor Fluri, la consigliera federale Simonetta Sommaruga lo ha ricordato: lottare contro le costruzioni illegali è un compito difficile e spiacevole per le autorità. Ha già ricevuto insulti o minacce, come sindaco?

No. Ma come presidente della Fp conosco la situazione. Non la prendo alla leggera: capisco i proprietari e le autorità. Ma occorre ricordare che in Svizzera il 40% circa di tutte le superfici d’insediamento si trova fuori dalle zone edificabili. Una cosa inammissibile dal punto di vista dello Stato di diritto. Il fatto che in passato siamo stati troppo indulgenti o negligenti, non significa che adesso tutto vada legalizzato. Discutibile, dal punto di vista dello Stato di diritto, è anche il fatto che con questa mozione chi ha rispettato la legge viene indirettamente penalizzato.

Di cosa parliamo soprattutto: di rustici e chalet, o delle innumerevoli piccole costruzioni agricole disseminate un po’ ovunque?

Di un po’ di tutto. Andiamo dai fienili e dai rifugi alpini in disuso fino a chalet trasformati senza autorizzazione in residenze secondarie, appartamenti in affitto o alberghi. Parliamo quindi anche di edifici piuttosto grandi, che hanno richiesto ad esempio la costruzione di strade, anch’esse illegali.

Per i fautori della mozione, la sentenza del Tribunale federale ha creato insicurezza giuridica, generato una disparità di trattamento fra zone edificabili e non e causato oneri amministrativi enormi a comuni e cantoni. Cosa ne pensa?

Al contrario, la sentenza crea sicurezza giuridica. Adesso infatti sappiamo che una situazione illegale – una costruzione non autorizzata fuori dalla zona edificabile – non sarà mai prescritta. Ma dal punto di vista di chi critica la sentenza, questa genera insicurezza, nella misura in cui pensano che un giorno o l’altro queste situazioni potranno essere legalizzate, ciò che oggi non è appunto possibile. Gli oneri amministrativi per le autorità? Non è la sentenza che li crea, sono dovuti al fatto che a lungo comuni e cantoni hanno chiuso gli occhi. Adesso semplicemente il passato li raggiunge.

È realistico pensare che, grazie alla sentenza del Tf, verranno demolite migliaia di costruzioni illegali?

Non credo che la sentenza sarà applicata alla lettera. Probabilmente si faranno qua e là degli azzonamenti a posteriori, secondo i criteri della legge sulla pianificazione del territorio. Ma nel caso di edificazioni in zone isolate, sarà difficile intervenire con una demolizione. Soprattutto se la proprietà è passata di mano. E nel caso di un chalet illegale trasformato in hotel, si può solo sperare che venga negato l’utilizzo in quanto tale e che lo chalet rimanga ad uso abitativo. Una cosa è certa: se anche il Consiglio degli Stati vorrà introdurre una prescrizione nella legge, il principio fondamentale della separazione tra zone edificabili e zone non edificabili sarà indebolito.

il dibattito

‘Sicurezza giuridica’,
due interpretazioni

La questione è annosa. Il Tribunale federale (Tf) ha voluto mettere un po’ d’ordine. Ma non sembra si sia mosso granché dopo la sentenza di principio pronunciata poco meno di un anno fa (vedi infografia). Ciò non ha impedito ai promotori della mozione accolta giovedì dal Nazionale di deplorare gli oneri amministrativi sproporzionati e quasi ingestibili che l’applicazione della sentenza dei giudici di Mon Repos cagionerebbe alle autorità cantonali e comunali competenti. Non si tratta di proteggere le persone che agiscono illegalmente, ha spiegato il relatore commissionale Mike Egger (Udc/Sg). Tuttavia, se un Comune in 30 anni non è stato in grado di contestare un edificio costruito fuori zona edificabile, allora si dovrebbe applicare la prescrizione. Questo periodo è infatti più che sufficiente per scoprire tali costruzioni e farle demolire. Prevedendo che l’obbligo di ripristinare la situazione conforme alla legge si estingua dopo 30 anni, come previsto per gli edifici costruiti all’interno delle zone edificabili, non si fa altro che garantire la parità di trattamento, ha precisato l’altra relatrice commissionale Christine Bulliard-Marbach (Centro/Fr). In assenza di una disposizione chiara in materia, finora si partiva del resto dal principio che anche fuori zona edificabile si applicava la prescrizione dopo un trentennio. Con questa mozione, ha proseguito la friburghese, aumenterebbe la sicurezza giuridica per i proprietari e gli utilizzatori di queste strutture. È proprio per garantire l’uguaglianza del diritto che occorre respingere la mozione, ha replicato Ursula Schneider Schüttel (Ps/Fr). È una questione di rispetto per chi si adegua alla legge. Per Schneider Schüttel demolire le costruzioni illegali fuori zona edificabile è conforme agli obiettivi della pianificazione del territorio che prevedono un uso parsimonioso del suolo. La zona non edificabile dovrebbe essere libera da costruzioni. «È il principio stesso della separazione delle zone». Da parte sua, la consigliera federale Simonetta Sommaruga ha sostenuto come la mozione ricompensa chi ha costruito in modo illecito. «Non capisco questo bisogno di proteggere un atto illegale», ha sostenuto. Tali abusi edilizi hanno un impatto sensibile sul paesaggio, la natura e l’ambiente e possono anche influenzare la gestione agricola. «Chi volete proteggere?», si è chiesta la consigliera federale. Compito delle autorità è fare in modo che chi costruisce in modo illegale non venga privilegiato, ha aggiunto, invano. ATS/SG

Zali: ‘Importante fissare un termine’

«Sicuramente non si tratta di un condono edilizio», premette il direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali da noi interpellato, perché «si tratta di introdurre un termine di prescrizione entro il quale non può più essere chiesto un ripristino. La legge era silente, adesso si spera che il tutto venga fissato». Zali guarda con favore agli Stati per il via libera definitivo: «Sono soddisfatto del voto al Nazionale, anche se mi aspetterei che la prescrizione fosse più breve. Trent’anni mi sembra un lasso di tempo enormemente lungo per la sicurezza del diritto, anche se è vero che deve essere un tempo sufficiente per mitigare le conseguenze di un intervento abusivo». JAC

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