Svizzera

Thomas Hefti presidente del Consiglio degli Stati

62enne, di professione avvocato con un proprio studio legale, subentra ad Alex Kuprecht (Udc/Sz)

Con 44 voti su 44 schede valide
(Keystone)
29 novembre 2021
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Thomas Hefti (Plr/Gl) è stato eletto presidente del Consiglio degli Stati con 44 voti su 44 schede valide per il periodo 2021-2022. Subentra ad Alex Kuprecht (Udc/Sz). 62enne, di professione avvocato con un proprio studio legale, il neopresidente era destinato a entrare in politica: sia il padre che il nonno erano entrambi attivi su questo fronte. Il padre Peter fu anch’egli ‘senatore’, mentre il nonno e il bisnonno hanno fatto parte del governo di Glarona. Come molti altri politici attivi a Berna, anche Hefti ha incominciato a farsi le ossa a livello comunale, per poi salire di grado fino a essere eletto nel 2014 al Consiglio degli Stati in sostituzione di Pankraz Freitag, deceduto in carica. Formativa e arricchente la sua esperienza politica alla guida di Glarus Süd, frutto della fusione di diversi Comuni, un processo che Hefti ha vissuto personalmente: oggi Glarona conta solo tre Comuni.

Di carattere schivo, considerato tra i ‘senatori’ più conservatori del Plr sotto il ‘cupolone’ secondo Smartvote, Thomas Hefti gode di una certa considerazione in Parlamento, pur non bramando le prime pagine dei giornali. La sua influenza è palpabile soprattutto a livello di commissioni, dove avviene il grosso del lavoro politico. Come molti altri parlamentari, anche Hefti non disdegna i mandati extraparlamentari: ne ha ben 17, ma non tutti remunerati.

Considerato un conservatore, Hefti non ama particolarmente i cambiamenti; si è opposto all’adesione della Svizzera alla Convenzione sulla violenza contro le donne, da lui considerata superflua o alle misure Avs contro il lavoro nero, a suo avviso inefficaci. Scettico anche su un’eccessiva trasparenza nella politica: si è pronunciato contro la pubblicazione dettagliata dei voti espressi in aula.

Poco presente sulla ribalta politica nazionale, Hefti è uscito dal cono d’ombra di un relativo anonimato nazionale presentando nel maggio scorso una proposta volta a modificare il Codice di diritto processuale civile che potrebbe avere conseguenze negative sulla libertà di stampa. In futuro un giudice potrebbe bloccare la diffusione d’informazioni su una persona o istituzione in caso di “pregiudizio grave”, non quindi “particolarmente grave” come stabilisce attualmente il testo di legge. Una modifica che, secondo il settore, potrebbe pregiudicare molte inchieste giornalistiche.

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