Svizzera

Nestlé è la quarta azienda al mondo per inquinamento da plastica

Ai primi tre posti Coca-Cola, Pepsi e Unilever, con l’azienda americana che da sola produce più rifiuti in plastica degli altri due sul podio insieme

Attivisti di Greenpeace riportano alla sede di Nestlé a Vevey un enorme mostro fatto con la plastica recuperata in mare e sulle spiagge nel 2019 (Keystone)
25 ottobre 2021
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Coca-Cola, Pepsi e Unilever. Sono queste le sole tre aziende al mondo a produrre più inquinamento da plastica di Nestlé. Secondo il rapporto Branded pubblicato oggi, la multinazionale romanda si stabilisce infatti al quarto rango di questa classifica dei meno virtuosi.

L’alleanza ambientale “Break free from plastic”, di cui fanno parte le organizzazioni Greenpeace, GAIA e Zero Waste, ha nuovamente recuperato grandi quantità di spazzatura nei sei continenti. Oltre 11’000 volontari in 45 Paesi hanno ripulito città, parchi e spiagge per identificare i maggiori responsabili dell’inquinamento da plastica.

Più di 330’000 pezzi di plastica, soprattutto provenienti da imballaggi monouso, sono stati rinvenuti e poi suddivisi per azienda. I risultati mostrano che, per il quarto anno consecutivo, Coca-Cola, seguita da Pepsi e Unilever, è la società ad aver inquinato maggiormente. I volontari hanno trovato quasi 20’000 rifiuti in plastica derivati da prodotti del colosso americano, più di quelli della concorrente nel settore delle bevande e del gigante dell’alimentare anglo-olandese messi insieme.

Per la prima volta dall’inizio di questi studi nel 2018, Unilever, scalzando proprio Nestlé, sale sul poco ambito podio dei peggiori. Questo nonostante la società con sede a Rotterdam e Londra, che riunisce 400 marchi fra cui Lipton, Algida e Knorr, sia uno dei partner principali della Conferenza sui cambiamenti climatici (COP26) di Glasgow, in programma dal 31 ottobre al 12 novembre.

Se si considera che il 99% della plastica è fabbricata a partire da combustibili fossili e che essa è fonte crescente di guadagno per le compagnie petrolifere, il ruolo di Unilever nell’ambito della COP26 è particolarmente “cinico”, commenta Greenpeace in una nota. La multinazionale ha prodotto oltre 6000 dei rifiuti recuperati quest’anno.

A qualche giorno dall’apertura della conferenza che si terrà in Scozia, circa 300 organizzazioni di 76 Paesi hanno firmato una lettera aperta inviata ai delegati, con la quale si chiede di rinunciare all’estrazione di combustibili fossili e alla produzione di plastica, investendo invece in soluzioni alternative. Stando a Greenpeace, le imprese all’origine di questo inquinamento contribuiscono infatti anche alla crisi climatica.

Tutte le più grandi aziende di beni di consumo, spiega l’ong, acquistano le loro confezioni da fabbricanti riforniti di resine plastiche da colossi petrolchimici quali Exxon, Total, Aramco o Shell. La presenza di plastica usa e getta su tutto il pianeta comporta quindi una notevole quantità di emissioni di gas a effetto serra, sottolinea Greenpeace.