Svizzera

Meyer lascia, un'occasione propizia per le Ffs

Il Ceo ha annunciato le sue dimissioni per la fine del 2020. Si presenta l'opportunità di arginare alcune derive.

(Keystone)
5 settembre 2019
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Qualcosa non va se oggi i pendolari – sulle tratte principali come tra Losanna e Ginevra, e in caso di coincidenza – devono mettere la sveglia in anticipo e prendere un treno prima per essere sicuri di arrivare puntuali al lavoro. Non parliamo di un fenomeno: le Ffs almeno sulla carta restano la ferrovia più puntuale d’Europa. Ma la loro affidabilità sul piano operativo – questione di identità nazionale, si può ben dire – sembra incrinata.

Ritardi, fermate bypassate per recuperarli, coincidenze non rispettate, panne, treni strapieni, cantieri; e ancora: mancanza di macchinisti, collaboratori spremuti come limoni, materiale rotabile vetusto e contato, entrata in servizio ritardata dei nuovi treni bipiano di Bombardier; infine, la morte di un controllore, rimasto incastrato in una porta difettosa di un convoglio in partenza dalla stazione di Baden. La crisi delle Ffs – “Sbb in der Krise” (‘Weltwoche’); “Sbb-Krise: Die andere Seite der Pünktlichkeit”, l’altra faccia della puntualità (‘Wochenzeitung’) – sta diventando un assioma.

Non si può certo imputare tutto – nemmeno la tegola Bombardier, per il quale sarebbe però altrettanto errato scagionare le Ffs, addossando come fa lui l’intera colpa al fornitore – ad Andreas Meyer, facendo astrazione dalle responsabilità dei suoi predecessori e passando sotto silenzio i meriti (dal continuo sviluppo dell’offerta al riposizionamento di Ffs Cargo, tanto per citarne un paio) del direttore dimissionario delle Ferrovie. Ciò non toglie che il 58enne, cresciuto in una famiglia di ferrovieri ma manager nell’animo (una sua decisione calata dall’alto nel 2008 diede la stura allo sciopero alle officine di Bellinzona...), in 13 anni da Ceo ha lasciato una impronta netta sull’ex regia. I problemi attuali delle Ffs – sottoposte a riorganizzazione permanente, ora col programma ‘Railfit 20/30’ (taglio di circa 1’400 impieghi entro il 2020) – ne sono un fedele, benché non esclusivo riflesso.

La partenza di Meyer è un’occasione per correggere alcune derive. A cominciare dal salario del Ceo delle Ffs (circa un milione di franchi l’anno), inconcepibile per un’azienda pubblica. Va poi ripristinata la fiducia (ai minimi storici, a quanto pare) tra i vertici e il personale Ffs, magari anche tornando a nominare ai piani alti dell’azienda (direzione e Cda) qualcuno del mestiere (i ‘ferrovieri’ che hanno fatto carriera all’interno delle Ffs si sono praticamente estinti).

Infine è ormai tempo – così come ha opportunamente fatto notare nei giorni scorsi la commissione dei trasporti del Nazionale – di ridare la giusta importanza alla gestione ordinaria e alla manutenzione, sacrificate nell’ultimo ventennio sull’altare dell’espansione dell’infrastruttura.

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