Svizzera

Le Matin al tramonto

Le reazioni di alcuni consiglieri nazionali alla decisione di Tamedia. Graf-Litscher (Ps): 'non possiamo stare a guardare'

Solo online (foto: Keystone)
7 giugno 2018
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Centro media di Palazzo federale, ore 8.45. Nell’atrio incrociamo Eric Felley, giacca in mano e trolley appresso. Il corrispondente a Berna di ‘Le Matin’ va a prendere un treno. Per Losanna, dove Tamedia ha convocato alle 10 tutti i dipendenti per l’annuncio che era nell’aria da settimane. «Bon courage!» («Coraggio!»), gli diciamo. «Beh, au moins lundi je serai encore là...» («Beh, almeno lunedì sarò ancora qui»).
‘Le Matin’ dà l’addio alla carta, il 22 luglio migra definitivamente online (cfr. sotto). Lasciando a casa 41 persone. Poco distante, a Palazzo federale, i consiglieri nazionali (i colleghi ‘senatori’ sono ancora alle prese col ‘pacchetto’ fiscalità delle imprese/Avs) accolgono la notizia – anticipata mercoledì dalla Srf – con un misto di tristezza, rassegnazione e rabbia. Roger Köppel (Udc/Zh) col suo solito piglio provocatorio: «Se fossi un romando, mi chiederei perché abbiamo permesso a un gruppo zurighese di comprare tutti questi giornali. Dove sono finiti gli imprenditori romandi?».
Alla ‘Regione’, il direttore del settimanale ‘Weltwoche’ dice che «da Zurigo non si può spiegare alla Romandia come funziona lì la vita: solo gli stessi romandi sanno come va fatto un buon giornale per loro». Köppel lancia «un appello alla Romandia», dove vige «un sistema mediatico imperialista, gestito da Zurigo»: «Alzatevi! Svegliatevi! Romandi, voi che siete federalisti, riprendetevi i vostri giornali! Fateli voi!». Serve «‘une réaction’ contro la dominazione zurighese».
Il progetto governativo di nuova legge sui media è atteso a breve. Forse conterrà una qualche forma di finanziamento pubblico anche per i giornali. Köppel non vuol sentir parlare di «statalizzazione dei media»: «Un sistema mediatico socialista» impedirebbe a questi ultimi di assolvere il loro compito «più importante», ossia «criticare lo Stato».
Edith Graf-Litscher (Ps/Tg) la vede in maniera diametralmente opposta. Parte da un’amara constatazione: «Viviamo in una ‘cultura del gratuito’. Molti oggi  non sono più disposti a pagare per un giornalismo di qualità». «Non possiamo stare a guardare mentre la qualità e la diversità del giornalismo scompaiono, dobbiamo trovare nuove vie». «Servono – spiega – intelligenti mezzi finanziari: contratti di prestazione per la copertura mediatica regionale, una partecipazione finanziaria della Confederazione o dei Cantoni, contributi all’investimento, tariffe postali agevolate ecc. Gli editori, poi, devono rendersi conto che solo con gli abbonamenti e con la pubblicità (che va sempre più online), il giornalismo in Svizzera non è più finanziabile».
Per la presidente della Commissione trasporti e telecomunicazioni, quanto capita a ‘Le Matin’ è «un grosso danno per la diversità mediatica». La turgoviese «deplora il fatto che in una regione vadano persi tanti impieghi. La presenza in loco è centrale per il giornalismo. Dobbiamo fare il possibile per contrastare questa tendenza che porta a concentrare le redazioni a Zurigo, e da qui a riferire online per l’intera Svizzera». Il fatto che sempre più giornalisti scrivano su una regione nella quale non vivono è «molto pericoloso per la coesione» del Paese.
Fathi Derder (Plr), caporedattore de ‘L’Agefi’, si chiede se la decisione di Tamedia sia «l’inizio di un nuovo progetto o un’altra tappa verso la scomparsa della testata». Il vodese è «fermamente convinto» che «un’offerta 100% web per la Svizzera sia possibile». Ma «non è una questione di supporto [carta, web ecc., ndr], bensì del tipo di pubblico al quale ci si vuole indirizzare e dell’informazione che gli si vuole dare». A Derder non piace l’idea di destinare parte del canone ai giornali. Meglio pensare a forme di «incoraggiamento a progetti innovativi e alla ricerca» in ambito mediatico.
Anche l’altro liberale-radicale vodese, Olivier Feller, si chiede «se dietro la decisione vi sia un progetto, sul piano economico e redazionale, se esiste una reale volontà di sviluppare la testata sul web, oppure se non si tratta di una strategia di comunicazione, nell’attesa di una fusione con ‘20 Minutes’». Per il consigliere nazionale siamo confrontati con un ulteriore «impoverimento del dibattito democratico». ‘Le Matin’, infatti, «non è solo un quotidiano ‘leggero’, ‘people’, riferisce anche su temi politici e ha un corrispondente da Berna». Feller vedrebbe di buon occhio «un rafforzamento degli aiuti indiretti», soprattutto per quanto riguarda le tariffe di distribuzione postale. Un aiuto diretto? «La stampa deve restare indipendente. Si potrebbe pensare a un ‘contratto’ tra editori e Confederazione, che davvero ridia vigore alla stampa, ma bisogna evitare che soldi pubblici finiscano nelle tasche di azionisti stranieri».

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