L’INTERVISTA

Susan Bandecchi: ‘Non dovrò operarmi’

La tennista ticinese, ferma per infortunio da metà luglio, ci racconta come procede la sua riabilitazione

14 settembre 2022
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Con la tennista ticinese Susan Bandecchi ci eravamo sentiti l’ultima volta verso la fine di luglio, poco dopo l’infortunio in cui era incappata a Losanna – una frattura da stress al piede – che l’aveva costretta a interrompere la stagione agonistica. Com’è evoluta la situazione, dopo circa due mesi di stop? «Le cose vanno abbastanza bene», dice la ventiquattrenne, «la riabilitazione procede bene. Qualche giorno fa sono stata a Basilea alla Rennbahnklinik, struttura all’avanguardia nella medicina dello sport, dove mi sono fatta visitare in modo approfondito da uno specialista del piede. Lassù ho fatto diversi test di forza, equilibrio e appoggio, grazie ai quali ho fra l’altro scoperto che con la gamba sinistra faccio più fatica: ho meno forza, meno equilibrio e appoggio il piede in maniera non ottimale. Questo infortunio, dunque, ha avuto anche risvolti positivi: queste cose infatti non le avrei mai scoperte, se non mi fossi fatta male. Ora so su cosa potrò e dovrò intervenire in futuro, quando riprenderò a giocare».

A proposito di interventi, e qui torniamo al tuo infortunio: alla fine dovrai davvero operarti, come si diceva qualche settimana fa? «Per fortuna non sarà necessario, me lo hanno assicurato a Basilea. Anche di questo sono contenta, perché ammetto che l’idea di un’operazione un po’ mi preoccupava. In cambio, mi hanno fatto un’iniezione di Prp, cioè plasma purificato, i cui effetti si vedranno solo fra tre o quattro settimane, vale a dire verso la metà di ottobre, quando dall’infortunio saranno passati circa tre mesi. E lì, in teoria, potrò riprendere a giocare».

Forme di tutela

Sai già a quali tornei parteciperai? «No, devo ancora decidere, anche perché ho la possibilità di richiedere il ranking protetto». Cioè? «Se ti fai male, o se ad esempio resti incinta, la WTA ti garantisce che – se stai fuori almeno sei mesi – al rientro potrai far valere il ranking che avevi al momento dell’infortunio, che nel mio caso sarebbe la 201a posizione. E puoi utilizzare questa sorta di assicurazione per nove tornei, di cui due Slam e due WTA 1000. Se poi vado a fare un torneo ITF 25000, userò invece ovviamente il mio ranking attuale: non avrebbe senso sprecare una delle nove chance datemi dal ranking protetto. Ad ogni modo, se farò richiesta di questa forma di protezione, dovrò stare senza giocare almeno fino a metà gennaio. Ma la decisione potrò prenderla solo quando potrò riprendere l’attività, come detto a metà ottobre. Se vedo che non avrò recuperato al meglio, ovviamente richiederò il ranking protetto, perché comunque l’Australian Open ormai è saltato pure quello».

Ne sei già sicura? «Praticamente sì, perché oggi, avendo perso punti, io sono al numero 228 al mondo, e quando tornerò ad allenarmi sarò scivolata ancora più indietro, circa alla 250a posizione. A novembre poi, se non riuscirò a fare tornei e a difendere un po’ di punti, perderò ancora un po’ di terreno, ed è probabile che accada, perché non è che, dopo tre mesi, una torna in campo e si mette subito a vincere i tornei. Facile dunque che io richieda il ranking protetto, così avrò la sicurezza di fare la prossima stagione sia il Roland Garros sia Wimbledon, visto che, come detto, quella soluzione mi tutela per due Slam».

L’ultimo Slam

Hai seguito l’Open statunitense che si è chiuso lo scorso weekend? «Prima dell’Open non ho seguito nulla, nessun torneo, per evitare di deprimermi ancora di più dal momento che non potevo parteciparvi. L’Open però l’ho seguito, si tratta pur sempre di uno Slam e quindi mi interessava, ho guardato le partite ogni volta che potevo». E cosa ti è piaciuto di più? Chi ti ha maggiormente impressionato? «Se devo essere onesta, non pensavo che Iga (Swiatek) vincesse, benché arrivasse da un’annata pazzesca, con 35 match vinti consecutivamente e molte grandissime prestazioni. Il fatto è che, sul cemento, aveva fatto fatica sia a Cincinnati sia a Toronto, quindi non credevo potesse andare così avanti a New York, mi ha davvero stupito. Ma in realtà non pensavo che potesse vincere il titolo nemmeno Alcaraz, pur riconoscendo che è fortissimo. Davvero non immaginavo che, così giovane, potesse reggere tanto bene la pressione di una finale Slam».

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