Protagonista domenica come Jannik Sinner di una vittoria importante, la sciatrice di Comano ha ritrovato purtroppo anche i suoi detrattori
La strada per l’inferno, si sa, è lastricata di buone intenzioni. Quella che unisce Brogeda a Bedrina, invece, è intasata di rosiconi, da bar e da tastiera. Già nel pomeriggio di domenica – poco dopo la chiusura del superG di Garmisch e della finale dell’Australian Open – i social si sono riempiti di ogni tipo di considerazione sui grandi trionfatori di giornata, da una parte Gut-Behrami e dall’altra Sinner. Normale, direte voi. Certo, approvo io. Il problema è che, almeno alle nostre latitudini, le critiche feroci e gratuite rivolte ai due campioni superavano di gran lunga applausi e complimenti.
Un atteggiamento che – al limite – avrei capito se Lara e Jannik avessero subito batoste clamorose, di quelle che lasciano delusi tifosi e appassionati. Ma, essendo i due atleti hors catégorie usciti vincitori dalle proprie fatiche, davvero stupisce veder manifestare un simile astio. Pensandoci bene, però, la cosa – per quanto paradossale – in realtà non è per nulla insolita, visto che siamo ticinesi, cioè gente che il rancore ce l’ha un po’ nel Dna.
Nel caso del giovane tennista azzurro, è facile capire l’origine del fastidio provato da molti nel vederlo alzare il primo trofeo stagionale dello Slam: si tratta semplicemente della cara e vecchia rivalità che, da tempo immemorabile, caratterizza le relazioni fra le genti stanziate ai due lati della ramina: la tua conquista – in pratica – equivale a una mia sconfitta, e viceversa. Non è molto civile, vero, ma in fondo può starci, è infatti qualcosa che aggiunge sale ai rapporti di vicinato. Fra i detrattori di Sinner ovviamente c’è chi – a causa dell’ancor pendente questione del presunto doping – ritiene quella dell’altroieri una vittoria sporca, in quanto il 23enne sarebbe secondo costoro più intossicato di Lance Armstrong e John Belushi messi insieme. Altri invece, incuranti delle peraltro insignificanti quantità di sostanze proibite rilevate nei suoi liquidi corporei, riconoscono che il ragazzo, sì, è davvero forte, ma soltanto perché – essendo il roscio tirolese – non sarebbe neanche italiano.
Assai meno comprensibile è invece quanto accade nei confronti della sciatrice di Comano che, da sempre, insieme a una moltitudine di estimatori ‘vanta’ però pure gran copia di nemici, persone a cui la cute si fa anserina al solo sentirla nominare, e che non perdono occasione per ribadire la loro intolleranza alla regina delle nevi elvetica. Da una parte della popolazione, Lara è mal sopportata perché sarebbe antipatica (secondo quali criteri, poi?), perché si trucca troppo, perché lo fa troppo poco, perché trasferisce il domicilio nei cantoni primitivi, perché lo sposta in Friuli, perché troppo bionda, perché troppo bassa ecc. Nulla che abbia a che fare, ovvio, con le sue prestazioni sportive, che sono poi l’unica cosa per cui dovrebbe venir giudicata.
Trattasi, ovviamente, soltanto di pura invidia, a corroborare il vecchio adagio secondo cui nessuno è profeta a casa propria. Ieri mattina, al bar dove di solito mi fermo per il caffè, ho sentito addirittura un tizio sostenere di averla invisa per via del suo modo di parlare: non a causa di quanto dica, ma per la sua dizione. ‘Su zerti trazzati bisogna zercare di restare conzentrati da zima a fondo, questo è zerto’, le ha fatto il verso l’avventore, che qui comunque ringrazio per avermi offerto l’espresso. Mi ha fatto ghignare, lo ammetto, perché è vero che la fuoriclasse in questione pronuncia un po’ così. Ma il problema è che, secondo lui, quella C che ogni tanto sfuma verso la Z è sintomo di qualcosa di riprovevole. ‘Sembra che nelle vene della ragazza’, ha chiosato ‘rugando’ lo zucchero col cucchiaino, ‘oltre a sangue bresciano scorra pure del plasma romagnolo’. Ecco dov’era il problema, capite?
Chissà se anche a Basilea la gente è preda di questa tara: così fosse, al giovane Henry Bernet – vincitore a Melbourne del tabellone junior – si prospetta un futuro zeppo di oziosi scassamenti di cabasisi. A Federer, per fortuna, non accadde, segno che forse i renani son fatti d’altra pasta rispetto ai ticinesi. Davvero lo auguriamo al virgulto della racchetta, laureato in Australia proprio il giorno del suo 18° genetliaco.