sedici euro

‘Quel gol’ di Van Basten e quell’altro di Kieft

Due reti della vittoria olandese a Euro ’88: la prima è ricordata da tutti, ma non sarebbe mai esistita senza la seconda, che fu perfino più decisiva

Marco van Basten con il trofeo dopo la vittoria contro l’Urss
(Keystone)
3 aprile 2024
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Nessuno si salva da solo, soprattutto in una squadra di calcio. E ogni Marco van Basten ha il suo Wim Kieft. Già, perché uno dei gol più belli e famosi della storia del calcio, segnato al volo, da un’angolazione impossibile, nella finale di Euro ’88 tra Urss e Paesi Bassi, non sarebbe mai esistito se non fosse stato per un altro gol, molto meno memorabile, ma – a conti fatti – altrettanto importante, arrivato quando ormai nessuno ci sperava più.

Le storie di Wim Kieft e Marco van Basten si somigliano molto di più di quel che uno potrebbe ricordare: due carriere partite dallo stesso binario, con percorsi simili – fino a un certo punto – e un talento per la stessa cosa, il gol, espresso su due scale diverse, ma poi non così diverse. E che a un certo punto s’incrociano in una Germania all’epoca ancora divisa tra Est e Ovest.

Cambierà tutto di lì a poco, nel mondo, con il crollo del Muro un anno e un autunno più tardi, e nel calcio, che – sempre nel 1989 – vedrà l’ascesa in Europa del Milan di Arrigo Sacchi, capace di traghettare il calcio olandese degli anni Settanta nel futuro. Uno degli alfieri di quel Milan sarà proprio Van Basten, che al fianco di Kieft aveva iniziato la sua carriera all’Ajax, nei primi anni Ottanta, quando il Muro sembrava non dovesse crollare mai, l’Olanda – bellissima e perdente – pareva afflitta da una qualche maledizione e Sacchi era solo un allenatore di provincia tra i tanti, che dalla panchina della Primavera del Cesena stava passando a quella del Rimini, nella Serie C italiana.


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L’esultanza dopo lo storico gol del 2-0 all’Olympiastadion

Siamo alla fine della stagione 1981-82, quella che porta ai Mondiali di Spagna, dove i Paesi Bassi non ci saranno dopo aver perso due finali consecutive nelle edizioni precedenti. Il 3 aprile 1982 l’Ajax affronta in casa il Nec Nijmegen: Van Basten ha 17 anni e fa il suo esordio tra i professionisti sostituendo nientemeno che Johan Cruijff, autore del primo gol dell’incontro. Il giovane centravanti segna anche lui, eppure non giocherà più un minuto fino all’anno successivo. Sugli annali resterà scritto: 1 presenza, 1 gol.

Quella di Van Basten è la terza delle cinque reti che la squadra di Amsterdam rifila al Nec. La quarta porta la firma di Wim Kieft, che anche lui conclude la stagione con la media di un gol a partita, solo che di partite ne ha giocate 32: un bottino sufficiente da permettergli di vincere la Scarpa d’Oro, il premio assegnato al marcatore più prolifico d’Europa.

Era un Ajax – come spesso è capitato ciclicamente negli anni – pieno di giovani e giovanissime stelle destinate a grandi cose. Nella rosa, assieme a Kieft e Van Basten, c’erano anche Gerald Vanenburg, John Van’t Schip, Frank Rijkaard e Jan Mølby: vinceranno tutti gli Europei, i primi con l’Olanda, l’ultimo quattro anni più tardi con la sorprendente Danimarca.


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Wim Kieft ai tempi dell’Ajax

Quando all’inizio della stagione 1983-84 Kieft lascia l’Ajax per andare in Serie A, al Pisa (dove fallirà), Van Basten esplode segnando 28 gol in 26 gare. Farà ancora meglio due anni più tardi: sempre 26 gare, ma 37 reti. Numeri che valgono anche a lui la Scarpa d’Oro e poi, nel 1987, la chiamata del Milan che il rampante Berlusconi ha affidato – con un azzardo – ad Arrigo Sacchi, allenatore che mai si era seduto su una panchina di Serie A. Nel frattempo Kieft, dopo un passaggio mediocre al Torino, era rientrato in patria al Psv Eindhoven.

Alla vigilia della stagione 1987-88 ci sono grandi aspettative su Van Basten, pochissime su Kieft. Eppure la situazione, alla vigilia di Euro ’88, si era nel frattempo quasi ribaltata: Kieft si era laureato campione d’Europa con il Psv Eindhoven, mettendo a segno uno dei rigori nella finale terminata 0-0 con il Benfica. Nel corso del torneo aveva fatto un solo gol, determinante, proprio come accadrà agli Europei: è quello dell’1-1 in casa del Bordeaux che permette il passaggio del Psv in semifinale.

Van Basten invece, alle prese con gli infortuni, segna solo tre gol in campionato con il Milan, sebbene uno dei tre – in trasferta, al Napoli di Maradona – sia decisivo per lo Scudetto. Arriva all’Europeo sano, ma nessuno sa quanto in forma. L’uomo dell’anno al Milan è un altro olandese, Ruud Gullit, che con un Europeo straordinario si porterà a casa anche il Pallone d’Oro 1988. Nessuno ancora lo sa, ma Van Basten lo vincerà l’anno successivo (con il Milan campione d’Europa con due doppiette dei due olandesi nella finale contro la Steaua Bucarest, succedendo nell’albo d’oro al Psv di Kieft).


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Ruud Gullit, l’altro uomo-simbolo di Euro ’88 e del Milan di Sacchi

Il terzo incomodo: Bosman

A complicare ulteriormente le cose c’è un terzo incomodo nell’attacco olandese: John Bosman (non “quel” Bosman, quello che con la sua causa giudiziaria cambiò da un giorno all’altro i rapporti di forza tra calciatori e società), ex compagno di squadra di Van Basten all’Ajax.

Il nome di Bosman resta legato a una partita del girone di qualificazione che avrebbe potuto lasciare gli olandesi fuori dall’Europeo, quella casalinga contro Cipro, interrotta, poi ripresa e infine – a cose fatte – annullata dopo che una bomba carta era esplosa accanto al portiere ospite Charitou. In quella gara, finita 8-0, Bosman segnò ben cinque reti. L’Uefa però decise di dare inizialmente la vittoria a tavolino ai ciprioti, inguaiando il percorso degli olandesi, che si sarebbero trovati in uno scontro dentro o fuori nell’ultima giornata contro la Grecia. L’Uefa però tornò sui suoi passi e fece rigiocare l’incontro terminato 4-0 con tripletta di Bosman, che evidentemente aveva qualche conto in sospeso con Cipro.


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La bomba carta esplosa durante Olanda-Cipro

L’Europeo dell’Olanda (sulla cui panchina era nel frattempo tornato Rinus Michels, il Ct dell’Arancia Meccanica e del trionfo sfiorato, proprio in Germania Ovest, nel 1974) inizia con Bosman titolare accanto a Gullit in quella che sembra anche la partita più delicata, contro i fortissimi sovietici. L’Urss segna, Bosman no: Van Basten entra al posto di Vanenburg (tra i tanti ex ragazzini di belle speranze dell’Ajax, proprio quello che fece l’assist per il suo primo gol da professionista, sei anni prima), ma non segna nemmeno lui. Kieft è in tribuna.

Houghton, l’irlandese di Scozia

Nell’altro incontro del girone, l’Irlanda sorprende tutti e batte l’Inghilterra con una rete di Ray Houghton (specializzato in gol storici, visto che sarà sempre lui a segnare in un’altra delle vittorie più importanti dell’Irlanda, quella con l’Italia a Usa ’94). Houghton, nato a Glasgow, in Scozia, aveva aspettato invano per anni la chiamata della “sua” Nazionale. Deluso dalle mancate convocazioni e dall’esclusione dalla lista dei Mondiali del 1986, virò sull’Irlanda, che poteva rappresentare in virtù delle origini del padre. Per uno strano caso della vita, Houghton era cresciuto nello stesso palazzo di Arthur Graham, ala del Manchester United e del Leeds, che invece giocò per la Nazionale scozzese.

Nella seconda giornata esplode Van Basten, che segna le tre reti del 3-1 all’Inghilterra, mentre l’Irlanda si dimostra un osso duro pareggiando 1-1 con i sovietici. A questo punto, per qualificarsi alle semifinali, i Paesi Bassi devono battere per forza gli irlandesi, che reggono l’urto fino a otto minuti dalla fine, quando Kieft, subentrato nel secondo tempo, segna uno strano gol di testa, con la palla che sembra destinata fuori, ma poi, dopo aver rimbalzato a terra, prende uno strano effetto che beffa il mitico portiere irlandese Pat Bonner. In quel momento, nel disperato tentativo di segnare la rete della qualificazione, in campo ci sono sia Van Basten che Kieft che Bosman (entrato tre minuti prima del gol).

La doppia vendetta di Michels

In semifinale il Ct Michels può vendicarsi del primo fantasma del Mondiale del 1974, la Germania Ovest, battuta 2-1 in rimonta (con un gol di Van Basten a due minuti dalla fine), con lo stesso risultato e la stessa sequenza con cui la sua Olanda fu battuta in rimonta dai tedeschi 14 anni prima.

Come in ogni vendetta che si rispetti, dopo il chi, il dove. In finale c’è infatti il secondo fantasma di Michels, l’Olympiastadion di Monaco, impianto in cui si era giocata la maledetta finale del ’74. Per di più contro i sovietici, che avevano appena sconfitto l’Olanda nella fase a gironi.

L’equilibrio lo spezza Gullit al 32’, con una di quelle giocate che lo definisce, uno stacco di testa potente che scaraventa la palla in porta come se arrivasse da una catapulta. Una rete oscurata da “quel gol” di Van Basten, a inizio secondo tempo. Michels, chissà se per scaramanzia, troppa tensione, dimenticanza o altro non farà nemmeno un cambio: Bosman e Kieft restano in panchina, segnando la differenza tra chi i libri di storia (del calcio, ma non solo) contribuisce a scriverli e chi, come Van Basten, finisce in copertina.

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