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La finalissima di Leo, Kylian, Scaloni e Deschamps

L’atto conclusivo metterà di fronte due squadre nobili del calcio mondiale, oltre a due fuoriclasse e a due tecnici assai diversi fra loro

17 dicembre 2022
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L’atto conclusivo del chiacchierato Mondiale 2022 – in cartellone il giorno della festa nazionale del Paese in cui si gioca – comunque vada a finire coinciderà col definitivo sdoganamento del Paris Saint-Germain quale autentico squadrone. Consacrazione che avviene, però, in forma indiretta: essendo la bacheca del club francese cronicamente priva di trofei che contano, sarà tramite Lionel Messi e Kylian Mbappé che i parigini – ormai qatarioti – accederanno ai piani più alti del football planetario.

Gran parte dell’interesse della sfida di domani pomeriggio, inutile negarlo, ruota attorno ai due fuoriclasse del Psg: vedremo il giovane francese alzare per la seconda volta la coppa più ambita ancor prima di compiere i 24 anni, oppure sarà la Pulce argentina a coronare con l’unico successo che ancora gli manca una carriera già zeppa di prestigiosi riconoscimenti?

Il cammino fin qui percorso

Europei e sudamericani sono entrambi in cerca del proprio terzo titolo iridato, ma lo fanno da posizioni molto diverse: basti pensare che l’Albiceleste aveva già vinto le sue due Coppe (1978 e 1986) quando la Francia ancora non era mai giunta nemmeno una volta in finale. Il digiuno degli eredi di Maradona dura infatti ormai da una vita, mentre sono passati solo quattro anni dall’ultimo trionfo dei Bleus (2018 e 1998).

Differente è pure il cammino percorso dalle due squadre in questo Mondiale: la Francia, partita col botto contro l’Australia (4-1), ha poi potuto gestire la qualificazione senza troppi affanni, permettendosi anzi pure il lusso di perdere l’ultima partita con la Tunisia, dopo che aveva battuto pure la Danimarca. L’Argentina invece ha fatto penare i propri tifosi fino all’ultimo: l’iniziale sconfitta a sorpresa contro i sauditi ha infatti posto Messi e compagni nella condizione di non poter più sbagliare nemmeno una virgola, e i successi su Messico e Polonia – benché piuttosto netti nel punteggio (2-0 entrambe le volte) – sono stati in realtà soffertissimi.

Le fatiche argentine

Più dura per i ragazzi di Lionel Scaloni rispetto a quelli guidati da Didier Deschamps è stata pure la fase a eliminazione diretta. Se i transalpini si sono liberati facilmente della Polonia e hanno tutto sommato superato senza affanni anche l’Inghilterra – sebbene debbano ringraziare Harry Kane per quel rigore calciato in modo sciagurato sopra la traversa – i sudamericani hanno invece dovuto sudare parecchio per avere la meglio degli australiani e, soprattutto, hanno eliminato l’Olanda soltanto dopo 120’ drammatici (dal 2-0 al 2-2 proprio all’ultimo secondo dei minuti di recupero) e l’appendice al cardiopalma dei calci di rigore.

La sola partita gestita fin qui in souplesse dagli argentini è stata la semifinale contro una Croazia priva di attaccanti di razza e giunta all’appuntamento ormai spompata. E, paradossalmente, proprio il penultimo atto del torneo è stato quello in cui i francesi – al cospetto del sorprendente Marocco – sono parsi meno padroni della situazione, al di là del 2-0 con cui hanno staccato il biglietto per la finale.

I precedenti

Francia e Argentina non si sono incrociate fin qui molte volte nella storia della Coppa del mondo – soltanto tre i precedenti – e le sfide dirette non sono nemmeno state troppo importanti, tranne l’ultima. Il primo scontro risale al 1930, edizione inaugurale del torneo, quando i sudamericani futuri finalisti nella prima fase superarono di misura i francesi destinati a tornare a casa presto. Albiceleste qualificata e Bleus eliminati al primo turno anche dopo la seconda sfida, giocata in casa e vinta 2-1 dagli argentini nel 1978.

La gara più pepata, anche perché si trattava di un match a eliminazione diretta, risale a soli quattro anni fa, a Kazan, con Mbappé mattatore (doppietta) nel 4-3 con cui, agli ottavi, i futuri campioni esclusero dalla competizione l’Argentina di uno spentissimo Lionel Messi: c’è da scommettere dunque che, domani, i sudamericani e il loro caudillo saranno spinti anche dalla voglia di vendetta.

Sotto i riflettori

Proprio i parigini Messi e Mbappé, come si diceva in apertura, saranno con ogni probabilità l’ago della bilancia della finalissima: entrambi dispongono di un’intera squadra al proprio servizio, ma se il francese è il terminale d’attacco innescato da Griezmann e compagni nei semplici schemi di Deschamps, l’ex re di Barcellona è piuttosto l’uomo chiamato a esaltare le punte – come Julian Alvarez – nel gioco forse ancor meno strutturato proposto dal Ct argentino Scaloni. Una cosa è certa: chi fra Kylian e Leo solleverà la Coppa nel cielo di Doha potrà fregiarsi nell’immediato futuro del titolo di più forte giocatore del pianeta.

I timonieri

Se a livello di giocatori il prestigio di Argentina e Francia più o meno si equivale, altrettanto non si può dire dei due selezionatori, divisi da esperienze che più lontane fra loro non potrebbero essere. I Galletti sono infatti guidati in panchina da una leggenda del calcio mondiale, mentre a dirigere i sudamericani è un allenatore quasi sconosciuto. Didier Deschamps è stato un’icona già da giocatore, oltre ad aver vinto moltissimo da Ct. Lionel Scaloni, al contrario, da calciatore è stato quel che si dice un gregario, e pure da tecnico non può certo vantare il curriculum del suo collega basco.

Deschamps è un predestinato, finisce in nazionale quand’è ancora minorenne, diventa capitano del Grande Marsiglia e a 24 anni solleva l’unica Champions League vinta da una squadra francese. Scaloni cresce invece nel Newell’s, non certo il più prestigioso dei club argentini, e giunge all’Estudiantes quando i biancorossi hanno superato ormai da un pezzo i loro anni di gloria. Didier passa poi alla Juve, dove da protagonista vince ogni trofeo immaginabile, mentre nei Bleus assume i gradi di conducator e porta i suoi compagni a una strepitosa doppietta Mondiale-Europeo, ovviamente con la fascia al braccio. Lionel, varcato l’Atlantico, sbarca invece a La Coruña – piena periferia – dove in otto stagioni vince un solo campionato spagnolo per poi andare a fare la riserva alla Lazio e all’Atalanta, mentre nella Seleccion – raggiunta a 25 anni compiuti – giocherà la miseria di 7 volte in tutto.

In panchina

Divenuto tecnico, Deschamps trova subito panchine nobili – Monaco, Juve, OM – e presto viene chiamato dalla Fff a rifondare la nazionale francese, che lo accoglie come un profeta e da lui si fa condurre a un argento continentale e un oro mondiale. Scaloni al massimo fa il vice-allenatore, dapprima al Siviglia e poi in Nazionale – in entrambi i casi come attendente di Sampaoli – e poi, senza quasi sapere perché, si ritrova alla guida dell’Albiceleste, corazzata del calcio mondiale a cui, come in un sogno, regala una Coppa America dopo quasi 30 anni di digiuno. E dire che le cose erano iniziate malissimo: al primo raduno suggerì a Messi, suo ex compagno, come calciare dalla bandierina, e la Pulce – davanti a tutti – sbottò: «Ora mi tocca pure farmi spiegare come si batte un corner da Scaloni!» Davide affronterà Golia domani pomeriggio, e chissà se l’esito sarà quello già visto nel Primo Libro di Samuele.

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