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La gioia di Alatalo e del Lugano. ‘Stavolta non cambio bastone’

Anche grazie ai quattro punti del numero 22, i bianconeri mandano al tappeto il Servette nella partita da non perdere. ‘Determinante è l'intelligenza’

Festa bianconera
(Ti-Press/Golay)
24 gennaio 2025
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Lugano – Vabbé che la speranza è l’ultima a morire, ma bisogna pur trovare il modo per alimentarla. E il Lugano ci riesce, nella terza serata in cui c’è Uwe Krupp sulla panchina bianconera, che per l’occasione può contare su un Jiri Sekac al rientro da squalifica, e il trentaduenne di Kladno viene dirottato dal coach tedesco in una seconda linea completata dal connazionale Zohorna e da Patry, e che al di là delle due reti segnate è la più pericolosa di tutte, in una serata comunque non facile per Thürkauf e compagni. Specialmente nella prima metà del confronto, quando i ticinesi si mettono subito a spingere con decisione (tanto da crearsi immediatamente quattro occasioni nitide ai primi quattro cambi della partita, una per ciascuna linea), ma dopo essere andato sotto al tredicesimo – gol di Praplan, in superiorità numerica – ricomincia a pasticciare, finendo col rimanere vittima delle proprie imprecisioni.

Rispetto al più recente (e tumultuoso) passato, però, stavolta la storia è a lieto fine. Contro un avversario sì decimato da malattie e infortuni, e pure attanagliato dalla sfortuna – alzi la mano chi ha già visto perdere una squadra capace di centrare ben cinque pali nella stessa partita – ma che al pari del Lugano sa di non poter perdere, e invece finisce col perdere. Vittima soprattutto di quei cinque minuti di fuoco tra il 34‘06” e il 39’12”, quando Alatalo, Patry e Thürkauf trovano tre gol uno più pesante dell’altro, che danno una piega decisa, ma soprattutto decisiva al confronto. Per dirla con Santeri Alatalo, «dopo un primo tempo laborioso, in cui abbiamo subìto un gol in boxplay che assolutamente non dovevamo prendere, anche se di fronte avevamo uno dei migliori powerplay della Lega, nel secondo siamo riusciti a sbloccarci, giocando meglio ogni minuto che passava». L’impressione, tuttavia, è che il Lugano di qualche settimana fa una partita del genere sarebbe magari riuscito a perderla... «Rispetto a prima ci sono senz’altro alcuni piccoli dettagli che sono cambiati – continua il difensore numero 22 –. Ma è chiaro che alla fine è determinante soprattutto l’intelligenza con cui i giocatori lavorano in pista, specialmente pensando al gioco difensivo».

Un Alatalo che, tra l’altro, chiude la partita mettendo lo zampino in ben quattro reti su cinque. «Sinceramente non ricordo quand’è stata l’ultima volta che ho totalizzato quattro punti in un solo match – rivela –. In più ho anche segnato. Stavolta il bastone era caldo, mettiamola così: solitamente quando segno lo cambio, ma credo che stavolta utilizzerò lo stesso anche contro il Kloten...». Quella di domani sera, sempre alla Cornèr Arena, sarà un’altra partita di fondamentale importanza nella disperata rincorsa a un posto ai play-in, che ora distano sei punti, con il Lugano che però ha il vantaggio di avere tredici partite da giocare da qui a fine regular-season, contro le dodici del Langnau, decimo. L’anno scorso, la quota play-in si era fissata a quota 74 punti, due anni fa invece a 72, ma difficilmente scenderà sotto i 70: altrimenti detto, Thürkauf e compagni dovranno probabilmente vincere almeno otto delle tredici partite che restano loro. Difficile è difficile, indubbiamente, ma c’è chi sostiene che l’impossibile non esiste.

L’ANNOTAZIONE

Il famoso sesto uomo

Mancano undici minuti e sette secondi alla fine del secondo tempo, e dopo una discesa nel terzo di Timashov quelli del Ginevra si mettono a spingere come matti sulla porta di Schlegel. Un vero assedio, tra bastoni che cadono a terra, spintoni e manate i bianconeri miracolosamente riescono a salvarsi, ma l’assalto granata ha la forza dirompente di un tornado. E il perché è presto spiegato: quelli vestiti di bianco, e da un bel po’ oltretutto, sono sul ghiaccio in sei, e se all’inizio in pochi se ne accorgono, a poco a poco la situazione è chiara a tutti. O, per meglio dire, a quasi tutti. Il primo a lamentarsene è Daniel Carr, che mentre pattina urla come un ossesso, continuando a picchiettare il bastone sul ghiaccio. Poi a richiamare l’attenzione dei direttori di gara ci prova il portiere Schlegel, che si mette platealmente a contare i sei avversari col suo bastone. Ma gli arbitri, niente. Finché, una trentina di secondi dopo l’inizio dell’improvvisata superiorità numerica, esasperato, lo svedese Dahlström decide di disinteressarsi del gioco per correre appresso a Wiegand e spiegargli che l’hockey lo si gioca in cinque, generalmente.