laR+ FRA I TIFOSI

Pastrnak ammutolisce il Ticino, ma non solo

Dal Centro sportivo di Bellinzona sino a piazza Manzoni a Lugano: i tifosi rossocrociati hanno risposto presente, senza però stappare lo champagne

(Ti-Press/Crinari)
26 maggio 2024
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Le finali sono indimenticabili. Che si vinca o si perda, lasciano sempre un’impronta indelebile. Quelle farfalle nello stomaco capaci di accelerare le palpitazioni fino a sferrare il colpo del kappaò alla Frank Bruno, chiusi sessanta o più minuti. Il culmine di una manifestazione sportiva, associativa e culturale ancor più emozionante quando in campo (pardon sul ghiaccio) scende la nostra selezione. Nella O2 Arena il tifo rossocrociato giostra comprensibilmente in box play, in inferiorità numerica, ma niente paura: Lugano e in particolar modo piazza Manzoni sono pronti a incitare Roman Josi e compagni. Non appena compare la formazione della Cechia, Kubalik e compagni ricevono qualche fischio ‘innocuo’ e il clima inizia subito a surriscaldarsi. La pressione dei padroni di casa è asfissiante e, allora, l’ottima chiusura di Genoni su Zacha merita l’ovazione dei presenti. L’ambiente si accende ulteriormente quando Josi cerca senza fortuna una delle sue classiche incursioni nella zona presieduta da Lukas Dostal e il compagno di squadra Bertschy crea il primo sussulto di marca rossocrociata. Una frustrazione ancor superiore quando il replay mostra che il 30enne ha colpito il palo. A pochi minuti dalla sirena l’applauso è invece tutto indirizzato a Herzog e il suo poderoso crosscheck.

Il terzo centrale inizia dalla penalità del sopracitato Bertschy. E quel soave ‘Hopp Schwiiz’ intonato dai pochi (coraggiosi) tifosi elvetici della O2 Arena tracima i confini nazionali cechi fino a irradiare il Lungolago e insinuarsi nel Centro sportivo di Bellinzona. La Turrita non ha infatti mancato di riempire pure in questa occasione la pista, agghindata di tutto punto dai Gdt già dal 10 maggio. Una società che trasuda puck e bastoni. I giovani hanno animato la serata tambureggiando a ritmo di ‘conquista la vittoria’ e incitando i propri beniamini. Che siano Hischier, Niederreiter o Thürkauf. Queste le maglie più indossate. La tensione ora è palpabile, tant’è che i sopracenerini aumentano i decibel. Come in occasione della penalità incassata da Fora, formatosi nel club della capitale (e scrutato dal suo ex allenatore Cereda nonché da Scandella), criticata parecchio dai presenti. E quando la diretta s’interrompe – proprio sul powerplay elvetico – affiora il malcontento. Una superiorità numerica che suscita attimi di apprensione sulla conclusione di Fiala e sulla conseguente deviazione a due passi dalla gabbia di Ambühl. La tripla chance mancata da Pastrnak e il palo di Kämpf fanno invece tirare un bel sospiro di sollievo. Nella pausa si cerca di sgranchirsi le gambe nonché abbassare il battito cardiaco, subito messo a dura prova dal palo colpito da Thürkauf su conclusione ancora di Fora. L’equilibrio persiste ancora, ma l’appena citato Pastrnak colpisce a freddo. Una conclusione che infuoca il ghiaccio di Praga e scioglie le speranze rossocrociate, anche quelle della capitale. O, perlomeno, finché Hischier subisce una carica e inizia l’agognata reazione della compagine di Patrick Fischer. A ogni conclusione, ogni pericolo, i tifosi balzano dalla panchina. Ma, sul 2-0 di Kämpf, tutti lasciano in fretta e furia (e anche mestamente) la pista.

Sì, perché quando Michael Campbell sancisce la fine dell’incontro cala il silenzio. La cultura sportiva mette l’accento sul risultato finale, ergo la vittoria, senza enfatizzare moralismi e illusioni: scuse, alibi o analisi estetiche sono ‘sbandierate’ dai perdenti. Non intendiamo scomodare Pierre De Coubertin, ma, finché sussisterà la competizione, le speranze di rivalsa sono assicurate. Un moto di crescita, d’incubazione, che non considera solo il lato oscuro della medaglia. Il rammarico e la delusione sono normali, permettono tuttavia d’imboccare (prima o poi) la strada del successo. D’altronde il campione non è solo chi rimpingua la sua collezione personale, bensì chi lavora umilmente a favore della squadra. Chi s’impegna in un percorso formativo, insomma. La sconfitta incrina le nostre convinzioni, instilla un cambiamento. E, altresì, permette di maturare raccogliendo quanto di buono seminato. La forza che rimette in cammino a iniziare dalla coesione d’intenti e dal quel ‘unus pro omnibus, omnes pro uno’ sempre caro alla nostra Confederazione. Dall’allenatore Patrick Fischer a chi occupa posizioni ben più nelle retrovie. Questa è la strada del successo. Non resta che finire la giornata, comunque indimenticabile, utilizzando solo una parola: grazie! L’appuntamento è alla prossima edizione, sperando che il mattino finalmente c’indori.

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