Hockey

È l'anno del Toro. O no?

Domani parte il campionato e tutti dicono Zugo, dopo un mercato sontuoso. Ma nessuno dorme sonni tranquilli, perché il livello è cresciuto e crescerà ancora

Il tecnico dello Zugo Dan Tangnes - Keystone
12 settembre 2019
|

Non ce ne vogliano i cinesi e il loro oroscopo: questo è l’anno del Toro. E non c’è bisogno di scervellarsi pensando ai transiti dei pianeti o alle congiunzioni astrali: è sufficiente prendere in mano un foglio su cui sta scritta la formazione dello Zugo – anzi, per la verità sarebbe sufficiente gettare un’occhiata alla voce ‘arrivi’ – per dedurre che no, stavolta non ce n’è per nessuno. Bastano quattro nomi, per mettersi d’accordo: quello di Leonardo Genoni, su tutti – il cui arrivo alla BossardArena oltre evidentemente a rinforzare lo Zugo indebolisce il Berna –, e poi quelli di Jan Kovar, Grégory Hofmann e, per non farsi mancare niente Oscar Lindberg. Direttamente dagli Ottawa Senators.

Poi però, è vero, non sempre le cose vanno secondo logica. E non bisogna neppure tornare tanto indietro per scovare qualche clamorosa anomalia, riportando la mente all’ultima regular season – in una classifica in cui il terzo e il terz’ultimo erano separati dalla miseria di dieci punti – per rivivere il clamoroso calvario di Zurigo, Friborgo e Davos, costretti addirittura tutti e tre a seguire i playoff in tivù. Uno smacco clamoroso soprattutto per i primi, non tanto perché erano proprio loro i campioni in carica, ma soprattutto perché dalle parti dell’Hallenstadion all’inizio di ogni stagione il cassiere ha a disposizione ventisette milioni di franchi suppergiù (dato aggiornato al 2016) per la gestione della prima squadra e del suo farm team, abbarbicato sulle colline di Küsnacht nell’aristocratica Goldküste.

Ma la lista di chi in questi ultimi anni ha finito col veder sgretolare in qualche mese tutte le sue certezze è più lunga di così. Oltre allo stesso Friborgo – squadra comunque ambiziosa, rimasta fuori dalle prime otto della classe addirittura tre volte nelle ultime cinque stagioni –, in questa decade pure a Lugano (nel 2011), Berna e Zugo (entrambi nel 2014) è capitato di restar fuori dai giochi che contano. E se è vero, com’è vero, che praticamente ogni anno, ormai da qualche stagione, si finisce sempre col dover assistere a un clamorosa impresa della squadra X, meccanicamente legata, naturalmente, a un clamoroso fiasco della squadra Y, a parte un paio di eccezioni – e ogni anno son sempre meno, il bello è quello – sono davvero pochi i club che possono dormire sonni tranquilli nelle prime cinquanta partite della prima parte.

Senza dimenticare, poi, che, una volta esaurita quella, attacca lo show vero e proprio. È il gran ballo dei playoff, tra i cui poteri c’è anche quello di ribaltare tutto, se del caso, in quello che – e ogni tanto alle nostre latitudini ce ne si dimentica – è il campionato vero. Un folle mese e mezzo in cui tutto si decide, e in cui forse a vincere non è sempre il migliore, ma dove in ogni caso il secondo classificato è soltanto il primo dei battuti.

Prima, però, appunto, c’è la regular season. Che il Ticino hockeistico vivrà con ambizioni distinte, siccome l’Ambrì è chiamato a confermare le ottime impressioni destate nei mesi scorsi, mentre invece il Lugano è proprio alla ricerca di una discontinuità, dopo aver decisamente cambiato rotta. In ogni caso, questi mesi andranno comunque vissuti con realismo da una parte e con pazienza dall’altra. Anche soltanto pensando al vuoto lasciato alla Valascia da uno come Dominik Kubalik, attaccante sostanzialmente insostituibile, o al pesante fardello che attende Zurkirchen tra i pali alla Cornèr Arena, dopo la partenza di un Merzlikins che era una polizza sulla vita.

Intanto, là fuori la concorrenza non sta a guardare. E se il Lugano – per restare in tema Ticino – è riuscito a metter sotto contratto due calibri come Ohtamaa e Spooner, il Losanna in porta intanto si è assicurato Tobias Stephan, e ha poi vinto – dopo aver già blindato Tyler Moy l’anno scorso – pure l’asta per Josh Jooris, attaccante canadese ‘doc’ che, però, tra i suoi bagagli ha pure una licenza svizzera.

Per non parlare del colpaccio messo a segno dal Friborgo, che è riuscito a ‘rimpatriare’ Viktor Stalberg, mentre il Rapperswil (pur con tutti i rischi del caso) metteva sotto chiave uno come Roman Cervenka. Il che dovrebbe contribuire a far sì che i sangallesi, tornati nella massima serie solo l’anno scorso, riescano a ridurre il ‘gap’ con chi gli sta(va?) sopra. A tutto vantaggio di un livello spinto nuovamente al rialzo. Anche quest’anno, c’è da giurarci.

 

 

ALLEGATI
TUTTO L'HOCKEY DELLA STAGIONE
Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE