Hockey

Gianluca Mona teme per l'Ambrì: «Se s'infortunassero Giroux o Pestoni, cosa si fa?». E sul Lugano: «A Fischer manca l'esperienza di McSorley».

(Samuel Golay)
12 marzo 2015
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Gianluca Mona è stato per parecchi anni l’unico portiere titolare ticinese nella massima lega. Prima a Friborgo e poi a Ginevra, dove ha addirittura disputato una finale, l’apice della sua carriera. Nel 2011 ha appeso i pattini al chiodo.  «Ora lavoro in una banca privata ginevrina. Sono stazionato in una succursale di Losanna». Mona ha smesso di giocare a hockey molto giovane, ad appena 31 anni. Oggi sono ancora attivi altri portieri più vecchi di lui, come Huet e Gerber, oppure coetanei, ad esempio Bührer. Nessun rimpianto? «Sinceramente no. Sono situazioni diverse. Io ho praticamente sempre studiato o lavorato a coté del disco su ghiaccio. Solamente un anno ad Ambrì ho fatto esclusivamente il professionista. Mi sono sempre detto che appena avrei avuto una bella proposta di lavoro avrei lasciato l’hockey. È splendido avere la possibilità di smettere e non di essere costretti a farlo per motivi di età».

Dopo il suo ritiro, ora si cerca un erede nostrano, capace d’imporsi in Lna. «Io speravo in Lorenzo Croce, ma pure lui non si è concentrato solo sull’hockey, ma anche su di un'altra professione. È strano, in Svizzera siamo messi benissimo a livello di portieri, ma in Ticino decisamente no. Probabilmente a livello giovanile non si lavora abbastanza bene. Io confidavo nelle capacità di Pauli Jaks, ma purtroppo non allena più i portieri dell’Hcap. Spero che Luongo a Lugano sappia tirare fuori qualche talento. Io quando ero giovanissimo a Lugano e ad Ambrì avevo la fortuna di lavorare con gente come Bouchard, Molina e Tretjak».

La tua squadra del cuore è quella leventinese, purtroppo hai giocato molto poco in biancoblù. «Durante gli studi era impossibile. Ormai ad Ambrì non c’è l’università e quella di Lugano non era il mio obiettivo. Quindi sono emigrato in Romandia. Nel 2010 c’era stato un piccolo contatto con l’Hcap tramite l’allora direttore sportivo Aeschlimann, ma non se ne fece nulla». Un altro che ha l’Ambrì nel cuore è Inti Pestoni. Come vede Mona la sua situazione? Da ex giocatore (quindi prende in considerazione una sua partenza) oppure da tifoso (Inti resta biancoblù a vita). «Avendo giocato per molti anni non riesco più ad avere la visione del fan. È una scelta che deve fare soprattutto la società. Cosa conviene fare? Investire una cifra folle e dargli un contratto di 5 anni, oppure venderlo ora per incassare qualcosa? Inti è una bandiera, ma bisogna staccarsi a livello emotivo. Alla fine i bilanci devono quadrare. Inoltre se il ragazzo vorrà prima o poi vincere il titolo, dovrà probabilmente lasciare la Leventina».

Il 35enne non nasconde i suoi timori per l’attuale corsa alla salvezza dei sopracenenerini. «Sono preoccupato, salvarsi sarà tutt’altro che facile, esistono così tanti problemi. Se poi si finisce a disputare lo spareggio alla Ilfis contro il Langnau e davanti ai suoi 7'000 tifosi tutto si complica. Inoltre i parametri possono cambiare in fretta. Cosa fare ad esempio se succedesse un infortunio a Giroux oppure a Pestoni? E se Zurkichen non sarà ancora al top, chi si metterà in porta? Masalskis? In questo caso si giostrerebbe solamente con uno straniero di movimento».

Pure l’altro club ticinese è in trepidazione. Il Lugano sta perdendo la serie di playoff contro il Ginevra per 3 a 2. «È molto difficile fare previsioni, certo che questo quarto di finale è spettacolare. Incredibile come il momentum cambia. All’inizio tutto andava in favore del Ginevra, poi è arrivata la famosa rete sbagliata da Vukovic a porta vuota e si pensava fosse il tornante della sfida. Si è tornato in seguito a Lugano sul 2 a 2 e le Aquile con 4 juniori in pista e molte assenze di peso sono andati ad espugnare la Resega. A livello hockeistico i bianconeri sono più forti, dispongono di maggior classe, ma McSorley è furbissimo. Fa grandi show per attirare l’attenzione di media e tifosi su sè stesso, distogliendo in questa maniera i riflettori dai giocatori che vengono così lasciati in pace. Patrick Fischer è un ottimo coach, ma forse gli manca ancora un po’ di esperienza rispetto al canadese»

Negli ultimi giorni le dichiarazioni critiche di Mona rilasciate a un quotidiano romando a proposito dell’arbitraggio hanno fatto un po’ il giro di tutto il paese. Quando lo ricordiamo a Gianluca, lui ride. «Mettiamola così, stiamo assistendo a dei playoff bellissimi, tutti sono in modalità postseason, dai coach, ai giocatori, ai tifosi. Gli unici a non esserlo sono gli arbitri: loro sono rimasti nella modalità Regular Season, anzi forse addirittura in quella delle amichevoli di agosto».

Per concludere l'intervista, facciamo un piccolo gioco. A disposizione di Mona ci sono 3 sogni. Ne può scegliere solamente uno, ovviamente motivando la sua scelta.

-Nel 2018 si svolgerà la partita d’inaugurazione della nuova Valascia tra vecchie glorie con lui a difendere una delle due porte.

-Siamo nel 2016, l’Ambrì vince il titolo battendo in finale alla Resega in gara 7 il Lugano ai rigori.

-Anno 2029, nel Losanna esordisce in Nla un giovane estremo difensore, tale Matteo Mona.

Nuovamente il nostro interlocutore ride. «Indubbiamente opto per il terzo sogno, sarebbe fantastico. Mio figlio gioca attualmente come un matto con i ragazzini del LHC. Fa il portiere. Ogni tanto bisogna quasi obbligarlo a uscire dalla gabbia per farlo pattinare un po'. In effetti un bravo portiere deve sapere pure pattinare bene. Non m’interessa molto che diventi un campione. Anzì, preferirei che “lavorasse normalmente” in futuro, ma certamente mi farebbe piacere se, come il sottoscritto, affrontasse  la scuola di vita dello sport. S’imparano tanti valori». Parola di Gianluca Mona. 

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