Ciclismo

La resa di Pogacar sul Col de la Loze: Vingegaard è re del Tour

A Courchevel trionfa Felix Gall, ma il vero affare lo fa il cannibale danese. Mentre tutti s'interrogano sul suo strapotere: ‘Quattro test in 48 ore’

Senza (più) rivali
(Keystone)
19 luglio 2023
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Se il buon giorno si vede dal mattino, dopo la sberla del giorno prima nel martedì durissimo della cronoscalata in Alta Savoia chissà cosa si sarà detto Tadej Pogacar nelle prime battute del tappone di Courchevel, quintultima prova della serie, quando lo sloveno finisce a terra al chilometro numero 7, dopo aver urtato la ruota del corridore dell'Ag2r che gli stava davanti. Una caduta senza troppe conseguenze, certo, ma quel ginocchio sbucciato e quel rivolo di sangue indubbiamente non sono certo il migliore dei auspici per il ventiquattrenne del Team Uae, costretto a inventarsi qualcosa nell'ultimo mercoledì del Tour 2023 dopo essere passato la vigilia, nel giro di sì e no mezz'ora, da un ritardo di 10 secondi ad addirittura a 1 minuto e 48 dal primo della classe, il cannibale di Hillerslev, Jonas Vingegaard. La cui impressionante dimostrazione di forza del giorno prima, en passant, ha fatto e farà discutere a lungo: tuttavia, non solo non esistono elementi tangibili che possano attestare il ricorso a sostanze illecite, ma stando a quanto dichiarato dai patron di Jumbo-Visma, Richard Plugge, «Jonas ha subito non meno di quattro prelievi sanguigni nelle ultime quarantotto ore».

Mentre la carovana avanza in direzione del Col de la Loze, il tetto di quest'edizione della Grande Boucle, dall'alto dei suoi duemilatrecento metri, in fuga a un certo punto ci sono una trentina di corridori tra cui il nostro Stefan Küng e tre nomi davvero altisonanti, quelli di Thibaut Pinot (Groupama Fdj), Pello Bilbao (Bahrain Victorious) e Simon Yates (Jayco-Alula), ovvero tre dei primi dieci della classifica. Il gruppo maglia gialla, che in realtà è un plotoncino di una dozzina di uomini, all'inizio del salitone di ventotto chilometri lamenta un distacco di poco inferiore ai tre minuti. A poco a poco, Vingegaard e compagni vanno a riprendere i fuggitivi, tra cui il nostro Küng, che quasi subito si lascia sfilare. Poi, quando il gruppo maglia è appena transitato da Méribel, a sette chilometri e ottocento metri dalla vetta, ecco la clamorosa sorpresa: le telecamere, impietose, vanno a inquadrare Tadej Pogacar, in compagnia del compagno Marc Soler, attardato in fondo al gruppo maglia gialla. È la definitiva resa dello sloveno, che dovrà stringere i denti per non andare alla deriva quando le pendenze si faranno terribili, mentre Vingegaard dapprima piazza il solo compagno che gli è rimasto appresso, l'americano Sepp Kuss, davanti a tutti a spingere, poi si lancia addirittura da solo all'inseguimento dei fuggitivi, con il chiaro intento di provare a vincere la tappa. Incredibile.

Così com’è incredibile ciò che capita a 1,7 km dal traguardo, quando Vingegaard e quel Wilco Kelderman che s'era fermato ad attenderlo sono costretti a mettere entrambi piede a terra per colpa di un pubblico ingestibile che causa un vero e proprio imbottigliamento fermando auto, moto e corridori. Superato il blocco stradale, la maglia gialla decide di fare tutto da sé, per chiudere sull'austriaco Felix Gall, rimasto solo là davanti, a fare corsa in solitaria con una ventina di secondi di margine su Simon Yates. Tuttavia, almeno quell'impresa a Vingegaard non riesce, infatti l'encomiabile Gall, vincitore di una tappa all'ultimo Tour de Suisse, riesce a traghettare in porto il successo più importante della sua pur giovane carriera, staccando il citato Simon Yates, Pello Bilbao e l'insaziabile Jonas Vingegaard. Che, a questo punto, è l'incontestato e inattaccabile re del Tour, con un margine di ben 7'35’' in classifica su uno stremato Tadej Pogacar.

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