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Bayer e Atalanta, un presente strepitoso

Domani a Dublino la finale di Europa League metterà di fronte le squadre di Xabi Alonso e Gasperini, che giocano bene e sono gestite in modo esemplare

In sintesi:
  • Emanazioni di piccole città, le due squadre sono un esempio di ottimale gestione sportiva e manageriale
  • I tedeschi partono leggermente favoriti, ma i bergamaschi hanno comunque alcune carte da giocare
  • I due allenatori hanno saputo trasmettere alla perfezione alle proprie squadre la loro idea di calcio
21 maggio 2024
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Se pensate all’Europa League come a un trofeo dove contano più l’identità e la programmazione che non i soldi e il potere, allora la finale del 22 maggio tra Atalanta-Bayer Leverkusen è la finale perfetta per voi.

A Dublino infatti si troveranno una contro l’altra due finaliste atipiche, due squadre con una tradizione europea esigua (1 Coppa Uefa e una finale di Champions per il club tedesco, una semifinale di Coppa delle Coppe per quello italiano), che rappresentano due città appena accennate (meno di 170mila abitanti per Leverkusen, poco più di 120mila Bergamo) ma che sono anche due società gestite con serietà e competenza in campo e fuori, capaci di scalare le gerarchie nel proprio Paese e in Europa.

Le similitudini però finiscono qui, perché per il resto è difficile trovare due squadre più diverse. Da una parte c’è il Bayer Leverkusen di Xabi Alonso, 42 anni, predestinato della panchina, capace di bruciare le tappe e diventare uno degli allenatori più ammirati al mondo nel giro di pochi mesi.

Quello che sta facendo a Leverkusen è semplicemente incredibile: una stagione che fino a questo momento conta di 51 partite senza sconfitte, cioè tutte quelle giocate. Una striscia d’imbattibilità da record che ha già portato alla vittoria della prima Bundesliga nella storia del Leverkusen e che ora attende di completarsi. Se nei prossimi giorni battessero l’Atalanta e poi il Kaiserslautern in finale di Coppa di Germania si potrebbe tranquillamente parlare di stagione leggendaria, per un club che fino a ieri era soprannominato Neverkusen, per la sua capacità autolesionista di non vincere mai.

Dall’altra parte c’è invece l’Atalanta di Gasperini, 66 anni, 24 più del suo avversario, un allenatore che si è costruito col tempo, partito dal basso, sguazzato nei bassifondi della Serie A prima di realizzare a Bergamo la sua rivoluzione. Nessuno è stato più influente a livello tattico in Italia negli ultimi 10 anni, con il suo sistema di marcature uomo su uomo a tutto campo che ora va per la maggiore nel Belpaese.

Con pazienza e dedizione ha portato una squadra di provincia tra le migliori squadre del calcio italiano, cambiando spesso gli interpreti – e assicurando alla società cessioni molto remunerative –, ma non rinunciando mai alle sue idee. Questa versione dell’Atalanta di Gasperini è magari meno travolgente di altre del passato, quelle di Ilicic e Gomez per intenderci, ma ha più equilibrio, è più matura, più completa.

L’approdo alla finale di Europa League arriva al termine di un percorso durato 8 anni e che a Dublino potrebbe trovare il suo definitivo compimento. O almeno è la speranza dei tifosi e dello stesso allenatore. Gasperini fin qui non ha mai vinto un trofeo – per tre volte è stato battuto in finale di Coppa Italia, l’ultima pochi giorni fa dalla Juventus. Sarà questa la volta buona?

Come ci arrivano gli orobici

Era stato proprio dopo una finale di Europa League che José Mourinho aveva pronunciato una delle sue frasi più famose: «Ci sono tanti poeti nel calcio ma i poeti non vincono i titoli», aveva detto mentre alzava l’ennesimo trofeo. Gasperini non assomiglia a un poeta, ma il rischio di passarci, nel senso dispregiativo in cui lo intendeva l’allenatore portoghese, c’è. La sconfitta di mercoledì scorso in finale di Coppa Italia è sembrata lasciare brutte sensazioni. Per quanto improbabile, infatti, l’Atalanta era favorita contro una Juventus insolitamente scalcagnata, ma in campo si è fatta irretire, è parsa meno arrembante del solito, pagando le incertezze a caro prezzo.

È sembrato più un freno mentale che fisico, perché è indubbio che l’Atalanta è arrivata a maggio in piena forma. Con sette vittorie in nove partite si è sbarazzata della Fiorentina in semifinale di Coppa Italia (4 a 1), del Marsiglia in semifinale di Europa League (3 a 0) e ha regolato la Roma (2 a 1) nello scontro decisivo per la Champions League. Prima ancora ha battuto 3 a 0 il Liverpool ad Anfield Road, forse la vittoria più grande nella storia del club. In tutte queste partite alcuni giocatori hanno spiccato: a centrocampo Ederson corre per due, sulla trequarti Koopmeiners segna come un attaccante e Lookman entrando dalla panchina porta energia per spaccare le partite. Soprattutto davanti Scamacca, centravanti grosso e tatuato dal talento sopraffino ma discontinuo, è diventato l’uomo giusto al momento giusto, con i suoi gol e una capacità naturale di sintetizzare il lavoro della squadra negli ultimi metri.

E forse nella sua assenza per squalifica contro la Juventus si possono leggere le difficoltà incontrate. L’Atalanta, pur dominando il possesso e il gioco, ha finito con zero tiri in porta. È parsa spenta negli ultimi metri, con un De Ketelaere ectoplasmatico e un Lookman voglioso ma sempre fermato dai difensori bianconeri. A Dublino Scamacca ci sarà, titolare, ma questo non vuol dire che tutti i problemi siano risolti.

L’infortunio di De Roon toglie a Gasperini un elemento duttile e carismatico, forse il giocatore più rappresentativo del suo ciclo. In aggiunta, anche Kolasinac è in forte dubbio. Dovesse rinunciare pure al difensore bosniaco, la coperta dietro sarebbe indiscutibilmente corta. Avere una difesa in emergenza contro il miglior sistema offensivo in Europa non è certo il modo ideale di affrontare una finale dove indubbiamente servirà un’impresa per vincere. Certo, partire da sfavoriti può magari liberare mentalmente i giocatori e farli giocare più leggeri di quanto visto all’Olimpico in Coppa Italia.

Come ci arrivano i renani

È difficile andare oltre il “ci arriva benissimo”. Il Bayer Leverkusen ha vinto anche l’ultima ininfluente partita di Bundesliga contro l’Augsburg tirando verso la porta avversaria 20 volte. Nell’ultimo mese Xabi Alonso ha potuto gestire le energie, recuperare gli infortunati tenendo spesso a riposo i titolari. Comunque ha continuato a non perdere. Sembra che, indipendentemente da chi gioca, dall’avversario che si trova davanti, dallo stato di forma e dall’importanza della partita, il Bayer Leverkusen sia inevitabilmente la squadra migliore in campo.

Nessuno è riuscito a fare partita pari con loro, anche quando non hanno vinto, anche quando hanno recuperato il risultato negli ultimi minuti, ed è successo incredibilmente spesso. I numeri sono quasi disturbanti: 42 vittorie, 9 pareggi, 143 gol segnati, appena 39 subiti.

Il tecnico spagnolo ha descritto così la sua creatura, la filosofia che la muove: «Più che automatismi, è necessario creare sinergie, in modo che ciò che i giocatori fanno in campo sia istintivo». Il Bayer è una squadra che ha un modo leggero e libero di interpretare il calcio, molto dinamico. Sa attirare e aggirare il pressing, attaccare in transizione o contro difese schierate. È una squadra dove tutti sanno quello che devono fare sempre, dove il collettivo ha un’importanza fondamentale. Ma è anche una squadra di grandi talenti, di cui il più grande è sicuramente Wirtz. 15 gol e 15 assist fin qui, è da come interpreterà lui la finale che passano le più grandi ambizioni del Leverkusen.

L’altro elemento chiave della squadra è Granit Xhaka. Lo svizzero sta vivendo una seconda giovinezza a Leverkusen e di Xabi Alonso è l’allenatore in campo. È lui a gestire la circolazione del pallone ed è sempre lui a far partire la ri-aggressione nel momento in cui la squadra perde palla. Intorno a loro due il tecnico spagnolo ha ruotato molto gli interpreti, scegliendo in base alle caratteristiche e agli avversari. Contro la Roma, ad esempio, ha rinunciato al centravanti, in altre occasioni sono stati i difensori e i centrocampisti a mescolarsi. Il risultato, comunque, non è mai cambiato: vincono sempre e proveranno a farlo anche domani.

Possibili temi tattici

La parte più difficile da anticipare è come possano scontrarsi questi due mondi. Se il modulo con cui si schierano è lo stesso, il 3-4-2-1, come detto l’interpretazione è piuttosto diversa. Una squadra che fa della fluidità, delle interconnessioni tra i giocatori e della capacità di attaccare in tanti modi il suo mantra contro una che gioca uomo su uomo, che vuole trasformare la partita in tanti duelli individuali, giocando a ritmi elevati: che succederà?

È probabile che fin dai primi minuti il Leverkusen cercherà di controllare il gioco, di entrare nella trequarti dell’Atalanta e mandare in tilt con la mobilità il suo sistema di marcature. Da questo punto di vista il lavoro di Grimaldo potrebbe essere decisivo: lo spagnolo di Xabi è diventato molto più di un esterno, entra molto dentro al campo per associarsi con i compagni. Come deciderà di contenerlo Gasperini? Ci metterà il suo esterno, Ruggeri, o preferirà sganciare uno dei tre centrali? Perdere quel duello sarebbe un problema grosso.

L’Atalanta ne dovrà prendere parecchie di queste scelte durante i novanta minuti sia con il pallone sia senza, ed è proprio ciò che rende difficile giocare contro il Bayer Leverkusen, perché costringe gli avversari a snaturarsi, a dover ogni volta decidere cosa fare contro una squadra che ha mille piani.

L’Atalanta, almeno per alcuni tratti di partita, dovrà accettare di giocare con l’acqua alla gola, difendere dentro la propria area di rigore, abbassarsi più di quanto vorrebbe. Se però riuscirà a contenere la forza offensiva dei tedeschi e saltare la prima ri-aggressione del Bayer (il famoso gegenpressing tedesco), avrà il vantaggio di poter attaccare in spazi larghi, al contrario di quanto è accaduto contro la Juventus.

La squadra di Gasperini è più a suo agio così, quando può cercare subito Scamacca in verticale e arrivare in porta con pochi passaggi (il primo gol nella semifinale col Marsiglia è un buon esempio). Inoltre, nelle ultime partite, anche contro la Roma, il Leverkusen è parso più vulnerabile in difesa rispetto a inizio stagione, mostrando i limiti dei tre difensori titolari, che nel marcare in area non sono dei fenomeni.

In ogni caso c’è da aspettarsi una bella partita, per quanto le finali difficilmente riescono a essere spettacolari. Come ha detto Gasperini: «È una finale e non credo che nelle finali pesi la storia, ma semplicemente la forza e la condizione. La storia è storia, conta il presente». E il presente di Atalanta e Bayer Leverkusen è meraviglioso.

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