laR+ L'ANALISI

Nonostante tutto, un bicchiere mezzo pieno

Malgrado gli impegni in Europa, gli infortuni e una rosa più giovane (e meno scafata) il Lugano resta in corsa sia in Super League sia in Coppa Svizzera

Un Lugano che ha più di un motivo per essere applaudito
19 dicembre 2023
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C’è chi vede, nella prima parte di stagione conclusa domenica con il pareggio in doppia rimonta a Ginevra, un bicchiere mezzo vuoto e chi, al contrario, ne vede uno pieno a metà. Per il Lugano gli ultimi sei mesi sono stati vissuti su un ottovolante, tra impennate e picchiate che rendono difficile stilare un bilancio inattaccabile in ogni sua voce. Si possono criticare alcuni punti persi in malo modo (a Zurigo contro il Gc, a Cornaredo contro il Servette, oppure a Losanna), ma si può altresì lodare la resilienza di un gruppo che non si è mai spezzato, nonostante i molteplici impegni e una rosa resa inadeguata dalle circostanze. Il Lugano va alla pausa natalizia, per altro breve visto che la ripresa degli allenamenti è prevista già il 2 gennaio, al quinto posto in classifica, con un punto e tre posizioni in meno rispetto allo scorso anno, a dodici lunghezze dallo Young Boys leader e a sette dal San Gallo secondo. Ma anche a soli quattro punti dal settimo posto occupato dal Winterthur, in un torneo che dopo un terzo girone nei primi mesi del 2024 vedrà la classifica dividersi in due per le ultime cinque partite, con le prime sei a lottare per titolo ed Europa e le restanti sei a cercare di evitare la retrocessione. Di tempo a disposizione per riequilibrare la classifica ne rimane parecchio, a maggior ragione in una primavera che sarà priva degli impegni continentali e durante la quale i bianconeri potranno concentrare forze fisiche e mentali soltanto (si fa per dire) su campionato e Coppa Svizzera.

Ma qual è il motivo per il quale questo Lugano si trova ancora invischiato nella lotta di centro classifica? In verità, ce ne sono più di uno, spesso interconnessi tra di loro. A cominciare, ovviamente, dalla campagna europea. Il Lugano ha disputato, tra Europa League (2) e Conference League (6) otto partite, praticamente tutte in trasferta, visto come gli impegni casalinghi sono stati spalmati tra Ginevra e Zurigo. Otto partite che hanno richiesto un considerevole dispendio energetico. Al di là dei continui spostamenti e del susseguirsi di “settimane inglesi”, in Europa il Lugano si è trovato confrontato, pur se nella terza competizione continentale, con un livello al quale la Super League non lo ha abituato: maggiore intensità, ritmo più elevato, richiesta tecnico-tattica superiore, tutti aspetti che alla lunga prosciugano non soltanto fisicamente, ma anche e soprattutto a livello mentale.

Non a caso, subito dopo gli impegni continentali, i bianconeri hanno perso punti preziosi e raccolto soltanto le briciole. I quattro punti con i quali hanno chiuso la loro avventura non sono molti, ma va tenuta in considerazione anche la qualità delle prestazioni offerte, quasi sempre buona, tanto da poter affermare che in Conference League il Lugano non è stato un corpo estraneo. Certo, è mancata l’efficacia in fase offensiva (troppo poche le reti segnate in rapporto alle occasioni create), mentre non sono per nulla mancate le ingenuità difensive che hanno messo a nudo la carenza di malizia e di esperienza a certi livelli. Nel complesso, però, la squadra di Croci-Torti non ha sfigurato e, considerati i nomi degli avversari, sarebbe francamente stato difficile chiederle l’accesso ai sedicesimi di finale.

Anche perché il tecnico bianconero ha dovuto fare i conti con una serie di infortuni che ha tormentato la squadra sin dal mese di luglio. Domenica a Ginevra, gli uomini in infermeria erano addirittura otto (più due squalificati), una situazione d’emergenza protrattasi lungo tutto l’arco di questa prima parte di stagione. E che ha ovviamente privato Croci-Torti della possibilità di attuare un turnover indispensabile, in particolare nei momenti in cui gli impegni si accavallavano senza soluzione di continuità. Non si può tuttavia affrontare questo argomento senza porsi la domanda del perché di tanti infortuni. Qualcosa, sembra chiaro, non ha funzionato, non soltanto alcuni giocatori sembravano fatti di cristallo (ogni partita su un terreno sintetico, Berna, Losanna, Bodö, è stata un ecatombe), ma in molti casi vi sono state ricadute che hanno aggravato il problema iniziale (Mahou, Aliseda, Valenzuela…). Da questo punto di vista, il responsabile della preparazione fisica, lo spagnolo Luis Suarez Arrones, e il suo staff dovranno porsi delle domande e darsi delle risposte, perché il Lugano non può permettersi il lusso di altri sei mesi di infermeria traboccante.

Tra le altre cause di una classifica che in molti si aspettavano migliore, spicca lo svecchiamento della rosa, attuato nel corso della pausa estiva. Hanno lasciato la società bianconera Daprelà (32 anni), Ziegler, (37, nella pausa natalizia), Facchinetti (32), Doumbia (31, di nuovo a Cornaredo da gennaio), oltre ai ben più giovani Hailse-Selassie (24) e Amoura (23), senza scordare Mijat Maric (38), ritiratosi dopo la conquista della Coppa Svizzera. Al loro posto si è deciso di puntare su giovani quali Hajdari (20), El Wafi (19), Marques (19), Cimignani (21), Vladi (23)... A medio-lungo termine un’operazione che dovrebbe pagare dividendi importanti, perché tutti – chi più chi meno – hanno dimostrato di possedere qualità indiscutibili (Marques e Cimignani in particolare), ma che tuttavia nell’immediato ha rappresentato una perdita di esperienza, indispensabile in un campionato comunque difficile come la Super League.

Europa, infortuni, ringiovanimento della rosa: tutti elementi che hanno concorso a far sì che il bottino di punti del Lugano fosse leggermente inferiore alle aspettative, in una prima parte di stagione da dipingere comunque con colori vivaci. Considerando lo Young Boys fuori portata per chiunque, il Lugano rimane in corsa sia per il secondo posto in campionato, sia per una terza finale consecutiva in Coppa Svizzera. Martin Blaser, Ceo bianconero, si è detto soddisfatto della prima parte di stagione, ma non ha nascosto l’obiettivo di chiudere ancora una volta in zona Europa. Rimane tuttavia da far chiarezza sulla posizione di Mattia Croci-Torti che più di una voce vorrebbe sulla graticola (anche per la vicinanza tra Suarez Arrones e il tecnico portoghese Paulo Sousa). L’allontanamento nel mese di novembre di Nicholas Townsend, coordinatore del dipartimento Performance, ma soprattutto braccio destro del Crus, non è certo un bel segnale per il tecnico momò. Il quale può tuttavia farsi forte di risultati inattaccabili. Fare a meno di un allenatore che negli ultimi due anni e mezzo ha conquistato due finali di Coppa Svizzera (una vinta) e un terzo posto in campionato con accesso alle competizioni europee sembrerebbe francamente fuori da ogni logica. Se c’è chiarezza da fare, lo capiremo già nei prossimi giorni: la ripresa degli allenamenti il 2 gennaio (con lo stage di Benidorm) non permette di tergiversare.

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