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Petkovic, dall’altare di Bucarest alla polvere della Gironda

Il pesante 6-0 rimediato a Rennes pone l’ex ct della Svizzera a serio rischio esonero. Il suo Bordeaux è penultimo con la peggior differenza reti

17 gennaio 2022
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Il momento è grave, l’aria che si respira nel dipartimento della Gironda è pesante. In sette mesi Vladimir Petkovic è passato dall’altare sul quale aveva saputo innalzare la sua creatura – la Nazionale rossocrociata – e se stesso, alla polvere della Nuova Aquitania e alle acque fangose delle rive della Garonna. Un rischio calcolato in quanto ben retribuito, quello di assumere la guida tecnica del Bordeaux, ma pur sempre un salto nel buio che sta rivelando tutte le difficoltà che era possibile intuire già prima di effettuarlo. Non che Vlado non sia già passato attraverso esperienze dolorose, sul piano professionale, certo è che questa è molto sofferta.

I Girondini hanno raccolto solo qualche pareggio a suon di reti e tante battute a vuoto. La squadra di Petkovic vanta la peggiore difesa del campionato (50 reti al passivo) e si piazza al 19esimo e penultimo posto con 17 punti, frutto di 3 vittorie, 8 pareggi e 10 sconfitte. L’ultima delle quali, l’umiliante 6-0 incassato dal Rennes – la squadra è crollata dopo mezz’ora rivelando una fragilità inquietante – che rischia di mettere a repentaglio la panchina del tecnico ticinese, mai del tutto stabile sin dalle prime giornate di Ligue 1. Il 2021 si è chiuso con una sconfitta, il 2022 si è aperto pure peggio. Dapprima, l’eliminazione dalla Coppa nei 16esimi di finale (0-3 contro il Brest), poi lo sgarbo ai tifosi rappresentato dalla cocente battuta d’arresto casalinga contro il Marsiglia (0-1), particolarmente bruciante per la rivalità tra i due sodalizi e per la portata storica che ha avuto, visto che era da 44 anni che il Marsiglia non espugnava Bordeaux. Oltretutto, pochi giorni dopo l’allontanamento di quattro giocatori, tra i quali il capitano, l’ex Arsenal e nazionale francese Laurent Koscielny.

L’apice, a Bucarest

28 giugno 2021: la storia del calcio svizzero giunse al suo punto più alto, la qualificazione ai quarti di finale di un grande torneo (nella fattispecie, l’Europeo) grazie alla sensazionale vittoria della Svizzera in rimonta e ai calci di rigore ai danni della Francia, campione mondiale in carica. Un’impresa salutata dal mondo dello sport e celebrata in Svizzera come l’apice del percorso della Nazionale rossocrociata, mai così in alto, mai così forte, mai andata così lontano. Un risultato straordinario con un protagonista assoluto, Vladimir Petkovic, il commissario tecnico che era finalmente riuscito a fare compiere il tanto atteso salto di qualità a una squadra che non era mai riuscita ad andare oltre la sua tradizionale discrezione. Mai un guizzo, mai una vera gioia, fino a quella magica serata di Bucarest. Con la firma di Vlado e di Yann Sommer su quello storico 8-7 ai calci di rigore.

La firma con i Girondini

26 luglio 2021, meno di un mese dopo: iniziano a girare le voci, confermate (o forse anche diffuse ad arte per agitare un po’ le acque…) dall’agente di Petkovic Vinicio Fioranelli, circa l’interessamento del Bordeaux, alle prese con una grave crisi societaria e tecnica, per il ct della Nazionale. Il quale aveva in agenda un incontro con i vertici dell’Asf per il prolungamento del contratto che sarebbe scaduto a fine qualificazioni per i Mondiali in Qatar, con proroga automatica fino a dicembre 2022 in caso di accesso alla Coppa del mondo. Al tavolo della trattativa spuntarono i Girondini, con i quali Vlado trovò ben presto un’intesa economica che, di fatto, indusse l’Asf a lasciarlo partire. Anche per assecondare la sua volontà di abbracciare una nuova sfida professionale. Pur essendo anch’egli all’apice della carriera, risultati sportivi alla mano. Era il 27 luglio, un mese dopo Bucarest. Pensammo tutti che la svolta per la ‘Nati’ fosse avvenuta in Romania, invece si verificò un mese dopo, tra stupore e incredulità.

Una decisione quantomeno sorprendente, dettata senza dubbio da ragioni di ordine economico – è inevitabile, funziona così per tutti (del resto si parla di uno stipendio annuo di più di 2,5 milioni di euro, contratto fino al 2024) – e dalla legittima voglia di un allenatore da anni impegnato “solo” come selezionatore di rimettersi in discussione su una panchina di una squadra di club. Un mestiere diverso, con il richiamo del campo e dello spogliatoio, il cui peso sembra a volte prevalere sulle trasferte per visionare giocatori e le poche partite all’anno riservate alle Nazionali.

Sorprese non poco, proprio alla luce della scelta di preferire un club alla Nazionale che è sulla bocca di tutti, che la scelta fosse caduta sul Bordeaux, fresco di acquisizione da parte dell’imprenditore ispano-lussemburghese Gerard Lopez, subentrato alla guida del club dopo il disimpegno da parte di King Street, il fondo a stelle e strisce azionista di riferimento che aveva deciso di chiamarsi fuori dopo aver causato un dissesto finanziario (investendo 46 milioni di euro) che portò la società sull’orlo del fallimento e sotto la tutela del Tribunale del Commercio locale, che nominò un amministratore, incaricato di gestire i conti. Quante incognite, legate a un progetto così traballante. Passi per il passato illustre – ma sempre più remoto – di un club di tradizione capace di vincere sei titoli nazionali e di lanciare in orbita campioni del calibro di Tigana, Giresse, Dugarry e Zidane, ma solitamente le nubi che gravano sul futuro di una società tendono a tenere lontano, piuttosto che a renderla attrattiva.

La carriera

Re di Roma con la Lazio

La svolta nel grande calcio di Vladimir Petkovic avvenne con il passaggio allo Young Boys nell’estate del 2008 (al posto di Martin Andermatt), poche settimane dopo aver disputato con il Bellinzona la finale di Coppa Svizzera contro il Basilea, Acb poi condotto in Super League in virtù del doppio spareggio contro il San Gallo. A Berna Petkovic restò per quasi tre stagioni. Pagò il mancato titolo del 2011, vinto in rimonta dai rivali del Basilea all’ultima giornata ai danni di un Yb che seppe però riportare molto in alto dopo anni di risultati modesti.

Non andò benissimo la prima esperienza all’estero, in Turchia. Alla guida del Samsunspor restò solo sei mesi, fino all’esonero del gennaio 2012. In maggio lo chiamò il Sion penultimo in classifica, a serio rischio retrocessione, che Vlado salvò grazie al doppio spareggio contro l’Aarau (3-0 e 0-1).

Il risultato lo pose all’attenzione degli emissari della Lazio, la società che gli offrì un biennale che impreziosì con la vittoria per 3-2 nel derby di novembre contro la Roma ed eliminando in semifinale la Juventus dalla Coppa Italia. È però sempre in Coppa, ma in finale, che Petkovic venne incoronato Re di Roma: la sua Lazio conquistò il trofeo (per la sesta volta) battendo 1-0 proprio la Roma, i rivali storici, grazie a un gol di Senad Lulic, il giocatore che lanciò ai tempi del Bellinzona. Venne sollevato dall’incarico in avvio di 2014, con la Lazio decima con 20 punti, sei mesi prima di firmare per la Nazionale rossocrociata, condotta con successo agli Europei in Francia, ai Mondiali in Russia e ai quarti del torneo continentale itinerante che sancì la fine di un felicissimo ciclo consegnato agli annali dopo sette anni.

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