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‘La U21 rappresenta la vetrina del nostro movimento’

Pier Tami, direttore delle squadre Nazionali alla vigilia della fase a gironi dell'Europeo: ‘Questo gruppo mi fa sognare un'avventura come quella del 2011‘

23 marzo 2021
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Quella di sabato 25 giugno 2011 è una data che il calcio svizzero difficilmente potrà scordare. Quella sera la Nazionale U21 diretta da Pier Tami si era giocata contro la Spagna il titolo continentale. Era andata male (gol di Herrera e Thiago Alcantara), ma quello fu probabilmente il punto più alto raggiunto dal calcio giovanile svizzero. A dieci anni di distanza, la U21 rossocrociata torna a una fase finale dell’Europeo. Con Pier Tami non più in panchina, ma nella stanza dei bottoni quale direttore delle squadre nazionali. E che tra poco più di 24 ore (esordio domani alle 15.00 contro l'Inghilterra) cederà a Mauro Lustrinelli l’onore di essere stato l’ultimo allenatore ad aver portato la selezione U21 alla fase finale… «È un onore che perdo volentieri – afferma il ticinese –, a maggior ragione se ci permetterà di togliere quel “vice” che per dieci anni è stato appiccicato di fianco a “campioni”. Sarebbe la realizzazione di un sogno».

Dieci anni di lontananza dal palcoscenico continentale sono molti, a maggior ragione per una nazione che si è sempre vantata della qualità della sua formazione. Finalmente l’attesa è finita… «Era ora! Dal giorno del mio arrivo all’Asf, ho sempre affermato che la U21 rappresenta la vetrina del calcio svizzero, in quanto è formata da giocatori che militano in Super e Challenge League, con l’eccezione di alcuni ragazzi già partiti all’estero proprio per i buoni risultati raccolti con il gruppo di Lustrinelli. A livello internazionale la qualità del nostro calcio passa sempre di più attraverso le Nazionali, perché purtroppo il nostro campionato ha perso valore nel ranking europeo e vedere una squadra svizzera impegnata in Champions o in Europa League diventa di anno in anno più difficile. Per questo motivo la vetrina internazionale per presentare i nostri talenti sarà sempre più la U21».

Per mettere in mostra i talenti, ma pure un concetto di formazione che negli anni molte federazioni hanno cercato di copiare… «La formazione è il vero valore del calcio elvetico. I giocatori formati in Svizzera rappresentano una delle forme di introito più importanti per le nostre società. Club come Young Boys, Basilea o Zurigo, che sulla “relève” investono molto, sono praticamente obbligati a plasmare giocatori per la loro prima squadra, con la consapevolezza di poterli tenere al massimo due o tre anni prima di cederli all’estero. E in questo senso, il buon cammino della U21 non è passato inosservato. In effetti, ancor prima della fase finale dell’Europeo, vale a dire nella finestra invernale di mercato, numerosi ragazzi hanno trovato sistemazione all’estero, da Lotomba e Ndiaye al Nizza a Sohm al Parma, da Rüegg al Verona a Zeqiri al Brighton… Tutte queste società sapevano benissimo che se avessero atteso la vetrina della fase finale, il prezzo dei ragazzi sarebbe lievitato in maniera sensibile. C’è un dato interessante che abbiamo estrapolato dal portale Transfermarkt: nell’ultimo anno e mezzo la Svizzera ha venduto all’estero giovani calciatori per un valore di mercato di 37 milioni di euro».

‘Favorevole a una riforma dei campionati’

Parte del merito per la qualificazione della Svizzera va data pure alle società, le quali rispetto a qualche anno fa hanno meno remore nel mandare allo sbaraglio ragazzi anche molto giovani (Omeragic a Zurigo e Stergiou a San Gallo sono solo due esempi)... «Sono sempre stato dell’opinione che quando i ragazzi escono dalla U18 debbano trovare spazio al più alto livello possibile. A mio modo di vedere, la valutazione di una riforma dei campionati andava fatta. Non è soltanto una questione di qualità, ma anche di quantità, in quanto i nostri giovani hanno bisogno di trovare posto in squadre di Super e Challenge League. Per questo motivo sono sempre stato un fautore dell’allargamento dei due principali campionati, ma in particolare della Challenge, in modo da permettere ai migliori giovani di trovare una sistemazione importante. Il nostro percorso formativo è ottimo, ma non basta. Finito l’apprendistato arriva il passaggio più difficile, il salto nel calcio professionistico o semiprofessionistico e lo si può compiere unicamente se inseriti in una struttura professionistica».

Il calcio svizzero ritrova il posto che gli compete all’interno del panorama giovanile del Continente… «Non dimentichiamo che nel 2011 le squadre qualificate alla fase finale erano soltanto otto, mentre quest’anno sono 16. Non è un dato di fatto acquisito, ma noi tra le migliori 16 d’Europa ci dovremmo sempre stare. Ma il dato significativo è rappresentato dalla maniera nella quale ci siamo qualificati, con nove vittorie e una sconfitta, per altro a obiettivo già raggiunto. Dodici anni fa, quando ero subentrato a Pierre-André Schürmann dopo una sola partita della fase di qualificazione, avevamo avuto un cammino travagliato, perché quel gruppo andava costruito dall’inizio. E mi ricordo che al mio esordio eravamo stati sconfitti in casa dall’Estonia. Cammin facendo eravamo diventati una squadra, strappando la qualificazione ai playoff soltanto all’ultima giornata. E nel doppio confronto con la Svezia (4-1 a Sion, 1-1 a Malmö, ndr) il gruppo aveva compiuto un vero salto di qualità che gli aveva permesso di giungere alla fase finale in crescendo. La Nazionale di Lustrinelli arriva all’appuntamento con qualche certezza in più rispetto alla mia».

Da molti anni il calcio svizzero non si accontenta più di partecipare, ma si pone obiettivi sempre più importanti… «In questo caso c’è da tenere in considerazione i disagi creati dalla pandemia che ha costretto l’Uefa a scindere in due il torneo, prima la fase a gironi e a inizio giugno quella a eliminazione diretta. A questo punto, l’unico obiettivo sul quale dobbiamo concentrarci è l’accesso ai quarti di finale. Ciò significa chiudere al primo o al secondo posto di un gruppo che comprende anche Inghilterra, Croazia e Portogallo. La programmazione in vista dell’eventuale seconda fase verrà fatta a tempo debito, ora dobbiamo concentrarci sulla conquista di un posto tra le migliori otto del Continente, proprio come avevamo fatto dieci anni fa».

Fiducia nella qualità del gruppo

Certo che Inghilterra, Croazia (domenica 28, ndr) e Portogallo (mercoledì 31, ndr) rappresentano tre avversari di prima categoria… «A livello di U21 non è mai il caso di valutare la forza degli avversari in base al pedigree calcistico delle rispettive nazioni. Certo, gli inglesi sono inglesi, croati e portoghesi fanno della tecnica il loro marchio di fabbrica, ma dieci anni fa l’Islanda aveva superato nei playoff i campioni in carica della Germania grazie a un gruppo poi diventato l’ossatura portante di una squadra capace negli anni di conquistarsi un posto a Mondiali ed Europei. Voglio dire che è spesso sbagliato valutare le annate in base al blasone del nome, sia in positivo, sia in negativo. Questa Nazionale mi lascia ben sperare per quanto ho visto nelle qualificazioni: certo, dovrà superare un ulteriore scalino e migliorare la qualità del gioco, ma in questo anno è mezzo ha sempre dimostrato di saper giocare da squadra e di avere la forza per ribaltare situazioni anche molto complicate».

Viene da chiedersi se sia un caso che dopo Pier Tami a portare la U21 all’Europeo sia un altro ticinese, Mauro Lustrinelli... «Per raggiungere determinate posizioni i ticinesi devono darsi da fare più degli altri, a cominciare dai corsi di allenatore da seguire in tedesco o francese. Questo, probabilmente, dà loro la capacità di comunicare con tutto il paese e non soltanto con una parte. Mauro lo conoscevo come giocatore, da quando sono arrivato in federazione ho avuto l’opportunità di apprezzarlo anche come allenatore. I risultati raggiunti sono il frutto dell’eccellente lavoro svolto. Il fatto che sia ticinese può pure essere considerato soltanto un caso, ma personalmente non credo sia così».

A livello organizzativo la federazione ha compiuto un passo avanti rispetto a dieci anni fa… «Nell’ultimo anno e mezzo la U21 ha a disposizione uno staff che non ha nulla da invidiare a quello della Nazionale maggiore. Nel 2011 lo staff era già professionale, ma era stato assemblato per il torneo finale, mentre Lustrinelli già durante le qualificazioni ha avuto a disposizione uno staff completo in ogni suo aspetto. Ho sempre voluto che la U21 fosse veramente professionalizzata in quanto, a differenza delle altre selezioni giovanili, è composta esclusivamente da ragazzi militanti in Super e Challenge League, quando non all’estero, in strutture estremamente professionali».

Nazionale A, conta solo vincere

Mercoledì la U21 scenderà in campo contro l’Inghilterra nella prima partita dell’Europeo. Il giorno dopo la Nazionale maggiore sarà di scena a Sofia contro la Bulgaria per la partita d’esordio nelle qualificazioni per i Mondiali 2022. Dopo una Nations League piuttosto difficile, i rossocrociati di Petkovic dovranno iniziare con il botto… «Sono due competizioni assolutamente diverse tra di loro. Nella Nations League ci siamo confrontati con le migliori squadre al mondo. Per noi era importante capire cosa significasse giocare sempre e solo ai massimi livelli, perché oltre a Germania e Spagna, in amichevole abbiamo affrontato Croazia e Belgio. Il 2020 ci ha detto che sul piano del gioco la squadra possedeva un’identità che riusciva a esprimere anche contro compagini maggiormente attrezzate. L’obiettivo era il mantenimento del posto nella Lega A e lo abbiamo raggiunto. Adesso inizia qualcosa di completamente diverso: il modo nel quale si ottengono i risultati passa in secondo piano, contano soltanto i punti e, di conseguenza, la qualificazione. Al Mondiale ci andrà solo la prima di gruppo, la seconda dovrà passare dai playoff e questo dà un’idea di quanto il compito sarà difficile, a maggior ragione con un’avversaria come l’Italia quale testa di serie. Certo, l’optimum sarebbe rappresentato dall’ottenimento del risultato attraverso la conferma del gioco, ma ora contano soltanto i punti che si sapranno raccogliere partita dopo partita».

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