Basket

Coach Gubitosa: ‘Sarà un discorso a quattro’

Dopo la conquista lo scorso anno del suo primo storico trofeo, la Sam affronta la stagione entrante con organico modificato e ambizioni ancor maggiori

13 settembre 2023
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Da quasi un mese le nostre due compagini di serie A stanno allenandosi e anche andando in campo con le prime amichevoli. Sia a Lugano sia a Massagno durante l’estate non sono mancate le novità, con roster girati come calzini, quello del Lugano, oppure con adeguamenti ad hoc per Massagno. Il basket di squadra ha bisogno di tempo per essere efficace e, se mai fosse necessario, si è visto che in poco più di un mese di preparazione, anche i pur buoni giocatori dell’Nba (non certamente i migliori in assoluto) che han fatto parte della squadra Usa ai Mondiali, non sono diventati una squadra e hanno perso contro la Germania in semifinale e contro il Canada nel match per il bronzo.

Andando per ordine di classifica della scorsa stagione, iniziamo dalla Spinelli che ha finalmente portato a casa un titolo nella stagione passata, e che punta decisamente in alto, come ci conferma il coach Robbi Gubitosa. «È vero che ci saremo ancora per lottare nelle tre competizioni, magari prendendoci sul campo quello che il campo ci ha negato in Coppa e in campionato. Siamo ancora amareggiati per il brutto finale e non è finita».

Già, non è finita perché, con il solito tempismo della giustizia cestistica svizzera – una vergogna a 360 gradi – è arrivata il 31 agosto la squalifica di 8 giornate al coach, ma di questo riferiamo più avanti.

Vediamo intanto, col tecnico, cosa è cambiato in casa Sam. «Lasciato andare Galloway, la vera delusione della scorsa stagione, non potendo riconfermare James per motivi legati alla sua famiglia e non potendo competere a livello di cifre per continuare con Bogues, abbiamo ingaggiato tre nuovi giocatori americani: Clanton e Paige da Ginevra, Langford da Monthey. E poi abbiamo poi completato gli svizzeri col ritorno di Solcà e l’ingaggio di Steinmann per compensare le partenze di Zoccoletti e Andjelkovic».

Come sono questi nuovi arrivi che vanno ad aggiungersi a Williams, riconfermatissimo? «Clanton è il pivot di stazza, 135 chili x 206 centimetri, che ci deve garantire rimbalzi, punti e assist, visto che è un grande passatore. Il ragazzo si è integrato subito nel gruppo, sono certo, migliorerà ancora. Paige è una guardia che sa far giocare anche gli altri, non disdegnando le conclusioni. Langford è uno tosto, grande professionista e molto duttile nei ruoli. Poi ci sono due nuovi arrivati di passaporto svizzero: Yuri Solcà è oramai una pedina stabile anche in nazionale, mentre Steinmann arriva dopo l’ottima stagione scorsa a Boncourt, anche se da noi avrà compiti diversi».

Un bel mix che però va inserito in un contesto-squadra molto esigente. «Il fatto che siano tutti giocatori che conoscono il campionato svizzero è un vantaggio non indifferente, perché conoscono anche quasi tutti gli avversari. Poi in Svizzera ci sono metri arbitrali e giochi che si assomigliano molto, quindi l’inserimento è più facile. Nelle amichevoli disputate sinora i segnali sono stati positivi e credo che sarà una squadra capace di lottare per tutti i traguardi, inutile nasconderci».

Williams non è ancora recuperato... «Vero, ma lo sarà fra un mesetto. La frattura subita in gara 2 della finale è stato un danno per noi, ma per lui ha significato un’estate di recupero di grande impegno. La fibra è forte, la volontà pure e vorrà prendersi le sue rivincite».

Il nucleo storico si è assottigliato... «I fratelli Mladjan e Martino sono una garanzia, Koludrovic è oramai un giocatore da una decina di minuti, tutti più che affidabili: poi ci saranno i giovani da inserire gradatamente”.

E la concorrenza? «Le solite: in prima linea l’Oylimpic, che ha in panchina l’ottimo Petit e ha ingaggiato Martin per sostituire Mbala. Poi Ginevra, molto rinforzato con l’ingaggio di Zinn, e attenzione a Neuchâtel, che ha cambiato poco. Credo che sarà un discorso a quattro, ma poi ci saranno sorprese, come sempre».

La squalifica del tecnico

Merita il suo spazio la punizione inflitta a Robbi Gubitosa: 8 giornate – una già scontata – e quindi, tutto ottobre senza poter entrare nemmeno in palestra durante le gare. Un’assurdità. Anzi, più di una. Innanzitutto, un giudice unico che emette la sentenza dopo dieci settimane dai fatti è una cosa da Repubblica delle banane, per altro osservazione già fatta in altri casi. La giustizia dovrebbe tener conto di tutte le versioni, ma qui pare si vada da una sola parte. Le testimonianze non sono state accolte, visto che erano favorevoli a Gubitosa e quindi avrebbero avuto un effetto diverso dagli 8 turni di squalifica. Inoltre non si è tenuto conto del clima provocatorio che Clivaz ha creato e per il quale è stato esautorato dalla Federazione. Già questa è un’attenuante di non poco conto. Ma quando le decisioni vanno a colpire certe persone piuttosto che altre, ci spiace doverlo affermare, i dubbi sulla sudditanza non possono che sorgere. I Tigers si sono visti scippare i playoff da una sentenza di squalifica di un giocatore avversario arrivata dopo un mese, durante il quale questo giocatore è stato in campo. E, se volete, faremo una puntata sui torti evidenti di una Federazione senza logiche giudicanti.

Andjelkovic, una nuova vita

Daniel Andjelkovic ha lasciato la Spinelli dopo gara 4 delle finali, persa dalla Sam a Friburgo. Un addio annunciato, quello dello storico capitano della Sam, ma non senza tristezza. «È vero, lasciare questa società è stato un pensiero forte da affrontare, ma penso di aver fatto la scelta giusta». Non perché la passione sia venuta meno? “Niente affatto, ma tutti i giorni in palestra con un fisico già sottoposto a operazioni e lunghi recuperi, costati non pochi sacrifici miei e a chi mi sta vicino, erano un fardello diventato troppo pesante».

La Sam, praticamente una vita... «Cestisticamente parlando sì, ma anche come persona sono cresciuto molto in questi anni. Ho cominciato, sull’onda dei successi giovanili, a inserirmi in un contesto che all’inizio era quello di stare in serie A, e poi le ambizioni sono aumentate fino a lottare per un trofeo. Vinto quello, ho pensato che il mio ciclo si fosse chiuso nel modo migliore». Gli infortuni han pesato nella scelta? «Certamente: a una certa età impari a conoscere il tuo corpo e a recepirne i segnali. I messaggi mi hanno spinto a lasciare una competizione asfissiante come la Serie A, ma senza voler abbandonare il basket: ecco perché ho scelto il Ddv (Denti Della Vecchia), anche per il progetto che hanno coi giovani, ai quali potrò insegnare qualcosa. Trasmettere il senso della squadra, il valore delle rinunce, riflettere sulle sconfitte, condividere le gioie: tutte cose che ti aiutano a crescere come persona e a diventare un vero giocatore».

Discorsi da vero capitano... «Diciamo che sono stato un capitano senza essere un leader, un riferimento nei dialoghi e nell’aiutare a superare difficoltà e incomprensioni all’interno della squadra. I leader sono altri: i Mladjan, Williams. Io ho fatto il capitano per anzianità, ma con tanto spirito di squadra per coinvolgere sempre tutti». Ciao, Capitano.

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