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Nella generosa terra di Dončić, Pogacar e Roglic

Viaggio in Slovenia, Paese poco popolato ma foriero di campioni, alla scoperta dei luoghi di nascita di alcuni grandi fuoriclasse dello sport odierno

In sintesi:
  • Ex allenatori e giornalisti ci raccontano com'erano da piccoli i grandi campioni sloveni
  • Gli sloveni sono molto orgogliosi delle gesta sportive dei loro fuoriclasse, che considerano autentici ambasciatori nel mondo
28 dicembre 2023
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Uno dei talenti più puri della pallacanestro mondiale, un ciclista che ha vinto l’ultimo Giro d’Italia e un suo collega che ha appena annunciato che nel 2024 vorrà fare l’accoppiata fra maglia rosa e Tour de France.

La piccola Slovenia, poco più di due milioni d’abitanti, circa un quarto della popolazione svizzera, è da alcuni anni il miracolo sportivo dell’Europa. A distanza di pochi chilometri l’uno dall’altro sono nati tre fuoriclasse assoluti come Luka Dončić, Primoz Roglic e Tadej Pocagar.

‘Responsabile in campo e fuori’

Il tour alla scoperta dei luoghi nei quali sono cresciuti questi ragazzi inizia dalla capitale del Paese, Lubiana, dove sul finire del secolo scorso è venuto al mondo il cestista dei Dallas Mavericks Luka Dončić, da padre serbo nato in una caserma slovena e da madre lubianese.

Giocatore di pallacanestro pure lui, papà Saša nel 2007 gioca per l’Union Olimpija di Lubiana, in una stagione in cui vince campionato, coppa nazionale e supercoppa.

Proprio quell’anno Grega Brezovic è uno dei coach nella scuola di basket del club. «Un giorno Saša – racconta Brezovic a laRegione – mi chiese quando avevamo in programma provini per bambini dell’età del figlio. Era un lunedì d’autunno, ricordo ancora, quando Luka venne in palestra per la prima volta. A essere onesti, sono stato l’allenatore di Luka solo per 16 minuti. Era il più bravo e il più alto di tutti, in quel gruppo di ragazzi di 9 e 10 anni. Il giorno dopo era già nell’Under 12 dell’Union. Il suo allenatore diventò Jernej Smolnikar. Luka sarebbe comunque venuto a fare un torneo con la mia Under 10 e ricordo ovviamente il suo eccezionale talento. Era già molto responsabile dentro e fuori dal campo. Era chiaro come scorresse la pallacanestro nelle sue vene. Un leader nato e un vincente, viveva per mettersi sempre alla prova. Il pallone è sempre stato il suo giocattolo, e poi è diventato il suo lavoro: in campo è la soluzione a qualsiasi problema. Io non oso immaginare dove potrà arrivare, se continuerà a lavorare e a divertirsi allo stesso tempo».

‘Superiore a Petrovic’

In quegli anni, prima che firmasse per il Real Madrid nel settembre 2012, il responsabile del settore giovanile dell’Olimpia era Janez Drvaric, una lunga storia nei vivai sloveni e, prima ancora, in quelli jugoslavi. Ha allenato fra l’altro anche Drazen Petrovic al Cibona Zagabria. «Come talento puro – racconta il coach – Dončić gli è superiore. Drazen ha sviluppato il suo con tanto lavoro».

«Nonostante se ne sia andato molto giovane in Spagna», aggiunge, «Luka è legato alla sua terra. Qui ha comprato alcune case e capita talvolta di vederlo al palazzetto quando gioca la nostra prima squadra».

Da bimbo, nel centro di Lubiana, Luka frequentava la scuola elementare Miran Jarca, dove ovviamente c’era un campo da basket. Il ragazzo passava il suo tempo libero soprattutto nel campetto di Savsko Naselije. Recentemente – in un’operazione congiunta con il suo club, i Dallas Mavericks – Dončić ha fatto risistemare il playground, ribattezzandolo LD77.

Allora l’Olimpija non giocava nell’attuale palazzetto, ma in Hala Tivoli. I ragazzi si allenavano in piccole palestre scolastiche. Luka viveva in centro città con la mamma, che era separata dal papà, e raggiungeva il luogo d’allenamento in bicicletta, perché allora il club non aveva il servizio bus per i ragazzini. «In Slovenia la scuola è fondamentale per lo sviluppo dello sport. Spesso i primi selezionatori sono proprio i docenti con la passione per il basket: riconoscono il talento e lo indirizzano nei club», ci spiega Drvaric.

Una bici come monumento

Se ci spostiamo a est di Lubiana, tre quarti d’ora d’auto dalla capitale, c’è il villaggio dov’è venuto al mondo trentaquattro anni fa l’ultimo vincitore del Giro d’Italia, Primoz Roglic. Nato nell’ospedale di Trbovlje, Primoz con la sua famiglia viveva a Strahovje nel municipio di Zagorje ob Savi.

Nei pressi dell’abitazione dove i genitori ancora risiedono, i suoi amici e tifosi hanno posizionato, come fosse un monumento, una bicicletta gialla e rosa e i cinque cerchi olimpici. E proprio da quel punto parte una pista ciclabile, da poco inaugurata, che porta il suo nome.

Primoz, così come in generale tutti gli sportivi sloveni, è molto amato dalle sue parti. A Zagorje ob Savi, sedicimila abitanti, più o meno si conoscono tutti. Lui è l’orgoglio dei suoi concittadini. Kisovec, dove praticava il salto con gli sci prima di passare al ciclismo, è un altro dei luoghi del cuore del ciclista. Nei dintorni c’è anche il Bar Slavi, nel quale i tifosi si sono ritrovati davanti alla tv per seguire l’ultimo Giro d’Italia, così come del resto era successo per tutte le competizioni del passato che lo hanno visto protagonista. Roglic, eroe locale, in carriera ha vinto anche in tre occasioni la Vuelta a España, una Liegi-Bastogne-Liegi e la medaglia d’oro a cronometro ai Giochi olimpici di Tokyo nel 2021.

Calciatore mancato

La terza stella del firmamento sloveno è l’uomo che, a breve, andrà a caccia della doppietta Giro d’Italia e Tour de France. A venticinque anni, Tadej Pogacar oltre a due Grande Boucle ha già nel suo palmarès una Liegi-Bastogne-Liegi, due Giri di Lombardia, un Giro delle Fiandre, una Strade Bianche, una Parigi-Nizza, l’Amstel Gold Race, la Freccia Vallone e la medaglia di bronzo ai Giochi del 2021 nella corsa in linea.

Tadej è nato a Klaned, vicino a Komenda. Di lui si trovano tracce nella squadra di calcio dell’Nk Komenda, dove pare che con le formazioni giovanili si disimpegnasse alla grande. Ma, alla fine, decise di seguire suo fratello Tilen quando questi andò a correre con la squadra di ciclismo Rog Ljubljana.

Anche qui tutti sono orgogliosi del loro eroe – benché il campione abbia ormai la residenza a Montecarlo –, però ancora non esiste alcuna opera che lo ricordi. Durante le corse a tappe, le sue prestazioni vengono trasmesse su un maxischermo piazzato nel centro di Komenda, e c’è da scommettere che gli abitanti della cittadina, se tutto dovesse andar bene, la prossima estate non mancheranno di colorare le strade del paese, prima di rosa e poi ovviamente di giallo.

Potenti veicoli pubblicitari

Il volto dei big three trova spazio anche sul sito dell’ente ufficiale del turismo sloveno. Sono ormai diventati un autentico brand per il piccolo Paese dell’ex Jugoslavia. “Gli sloveni sono considerati persone laboriose, modeste e oneste, con un grande cuore sportivo” si legge nella pagina web. Oltre a loro tre, possiamo ovviamente citare altri grandi atleti. Ad esempio il portiere dell’Atletico Madrid Jan Oblak, che proviene da una famiglia di sportivi professionisti. Anzè Kopitar, invece, è un hockeista che gioca in Nhl con la maglia dei Los Angeles Kings. Kristjan Čeh, da parte sua, è campione del mondo di lancio del disco. Alle ultime Olimpiadi in Giappone, oltre all’oro di Roglic, per i colori sloveni ci sono stati quelli conquistati da Benjamin Savšek nella canoa e da Janja Garnbret nell’arrampicata sportiva.

Sergio Tavcar, tornato in libreria con “L’uomo che raccontava il basket” (Bottega Errante Edizioni) è una voce storica di Tv Koper-Capodistria: giornalista italiano di passaporto, culturalmente ed emotivamente si definisce però sloveno. «Arriverà certamente un periodo – dice mentre chiacchieriamo – in cui non nasceranno più contemporaneamente, per ovvie ragioni statistiche, fuoriclasse come Dončić, Roglic e Pogacar, ma non per questo si dovrà per forza parlare di crisi dello sport sloveno».

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