Basket - Tiri liberi

L’ambizione non può giustificare l’umiliazione

Le molestie e i metodi coercitivi dell’allenatore dell’Elfic denunciati da ex giocatrici friborghesi sono inaccettabili, come il silenzio della dirigenza

Il primo pensiero lo dedichiamo a Giovanni Casoni, scomparso la scorsa settimana, dopo una lunga malattia. Playmaker degli anni del boom, prima con la Federale e poi nel Viganello di Brady, Fultz e Stockaleper, è stato anche uno dei protagonisti della super finale di Coppa Svizzera del 1977 a Mezzovico. Un giocatore dotato di grande intelligenza di gioco, buon tiro e ottimo difensore, era sempre al servizio della squadra e uno stimolo per tutti, grazie al carattere forte e vincente. Fuori dal campo sapeva essere un vero compagno di scherzi e burle, ma sul parquet un mastino che dava tutto. Lo salutiamo con un abbraccio ai familiari nel suo ricordo.

Il secondo argomento è di quelli che scottano, vale a dire le molestie nei confronti delle giocatrici dell’Elfic Friborgo a opera del coach Romain Gaspoz. Il bubbone è scoppiato con l’intervista su “La Liberté” di venerdì 19 novembre a firma François Rossier. A denunciare tutta una serie di molestie verbali e pressioni di natura psicologica sono state alcune ex giocatrici: denunciano di essere trattate come marionette, mancanza di empatia, umiliazioni verbali tali da provocare forti ferite morali e la distruzione dell’autostima. Più distruttivo che costruttivo nei rapporti, secondo un’altra giocatrice, con una folle paura di essere convocata nel suo ufficio. Gaspoz si giustifica dicendo di non aver mai insultato nessuna giocatrice, anche se è possibile che il suo linguaggio sia andato sopra le righe nei momenti di tensione durante un timeout, a metà o a fine gara.

Insomma un insieme di accuse da una parte e di giustificazioni dall’altra: Gaspoz rivendica la necessità di spingere al massimo e di privilegiare le straniere e le svizzere migliori, le giocatrici lamentano trattamenti inadeguati (eufemismo) e disparità evidenti. Il fatto che queste accuse arrivino con anni di ritardo non fa testo: ci sono ovunque allenatori che ritengono certi metodi coercitivi essenziali per far crescere giocatori e giocatrici, con un linguaggio e atteggiamenti che ricordano quelli dei sergenti maggiori di certi film con i marines. Crediamo che oggi ci siano persone che fanno del loro potere un’arma vessatoria e che non lesinano umiliazioni a chi non può o non sa reagire. Il fatto che queste denunce siano state espresse anche alla dirigenza e nessuno abbia voluto fare chiarezza non è un bel segnale. Soprattutto se pensiamo come si stia lavorando a livello mondiale per proteggere atlete e atleti di tutti gli sport da questi cosiddetti “allenatori” che fanno degli impianti sportivi la loro arena per soddisfare le loro frustrazioni e non solo.

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