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4'300 gradini per il Paradiso

Si è corsa sabato accanto alla funicolare del Ritom la ‘Stairways to Heaven’, lunga più di un chilometro e con 800 metri di dislivello

Ti-Press/Crinari
22 maggio 2019
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È solo una scala. Lunga, sì, quattromilatrecento gradini. Ma insomma, è solo una scala. Invece no: è una rampa canaglia con il 90 per cento di pendenza. Ancora un po’ e la sali con corda e imbracatura. La faccio per provare, almeno una volta. La faccio per battere il mio tempo dello scorso anno. Ho scommesso, ora mi tocca. La chiamano “Stairways to Heaven” la gara che da Piotta porta al lago Ritom lungo la funicolare e le condotte forzate. Autostrada per il paradiso ma, sotto l’acqua, l’ascesa più vertical del Ticino è una sofferenza in granito: piedi e schiena bagnati, glutei di brace. Se ti bastoni, hai meno dolore.

Vederla da sotto è impressionante: lunga poco più di un chilometro, ha un dislivello di quasi 800 metri. Meglio restare calmi: «Ma sì dai, in 45 minuti sei su; forse prima quest’anno». «Io me la mangio in 30 o poco più». «Stanotte ha pianto il bambino, non ho chiuso occhio. Ma la gara la faccio lo stesso». Niente guanti. Io i guanti sì. Metterei le ventose se potessi. Mani sui fianchi. Mani sui gradini, a ragno. Salgo passo dopo passo senza pensare a nulla. Io li conto. Ho messo un timer: ogni minuto il mio orologio fa bip e quindi so quanti gradini ho fatto. Mi regolo così. Io ho gli auricolari e vado a ritmo di musica.

Come l’elefante di Huras

L’importante è arrivare. L’importante è andare. Ogni 30 secondi parte un concorrente. Quasi 320 quest’anno. Non hai tempo di fermarti: quello dietro fa pressing, soprattutto psicologico. Ti sconcentra. Ti mette ansia, sentire che è dietro e vuole passare. Ma peggio ancora se ti è dietro e non passa. Perché non passa? Ansima, pare avere il turbo, ma non supera. Cosa vuole? Rompere le scatole, come quelli che in autostrada vengono tanto vicini da poterti sfiorare la targa? Alle fine va beh è solo una gara. Passa, dai, ché io non ho fatto colazione e sono a corto di glucidi. Non mi vanno le gambe stamattina. Ho il ginocchio infiammato.

Va presa un po’ alla volta questa scalinata. Come il famoso elefante di Larry Huras, che – cito – «va mangiato pezzo per pezzo». Non pensare alla fine, al traguardo. È come quando vai in montagna, uguale. C’è solo il passo successivo da fare, c’è solo da guardare i piedi e salire. Se guardi in su è sempre troppo in su. Sembra infinita.

Alla fine questi quattromila e rotti gradini si lasciano domare tutto sommato facilmente. «Una bella garetta». «Da provare almeno una volta». «Pensavo peggio». «Ho due piastre al posto dei quadricipiti...». «Meglio con l’acqua, così non si suda». «Meglio con il sole». Meglio cambiarsi in fretta, dato che settimana prossima ho un’altra gara e non voglio ammalarmi.
E poi la discesa fino a Piotta, a corsa. Scarpe e magliette zuppe, ma è fatta! Non sono poi tanto una schiappa. Ci sta un buon piatto di pasta. 

 

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