Accettare i segni dell’invecchiamento non è semplice, ma con il giusto approccio si possono riscoprire risorse e ricchezza
La percentuale di anziani nella popolazione generale è in costante aumento, in Svizzera come nel resto del mondo, grazie al miglioramento delle condizioni igieniche, medico-assistenziali, ambientali e alimentari. A partire da questi dati, clinici e ricercatori si sono chinati con crescente interesse sui temi dell’invecchiamento: la psicologia dell’invecchiamento è, ad oggi, una riconosciuta branca della psicologia che si occupa sia di indagare il processo dell’invecchiamento da un punto di vista psichico e neuropsicologico, che, in ultima analisi, della salute mentale delle persone anziane.
Per meglio chinarci sull’esplorazione di questi temi è opportuno fare riferimento a quella che è definita la prospettiva dell’arco di vita: un orientamento di studio che trova le sue basi nell’estensione del concetto di sviluppo, possibile, appunto, lungo tutto l’arco dell’esistenza (anzianità compresa).
Secondo questa visione, la nostra vita è intesa come un processo evolutivo graduale, come una serie di stadi che si organizzano a determinare le nostre caratteristiche fisiche, psicologiche e sociali. Per ogni fase della vita esisterebbero specifici compiti evolutivi: rielaborazione e riadattamenti degli schemi comportamentali caratteristici di ogni periodo dell’esistenza, ivi compresa l’anzianità. Nel corso del naturale processo di invecchiamento la persona va sicuramente incontro a maggiori fragilità rispetto alla giovane età, tuttavia, resta portatrice di risorse ed esperienze, saperi e abilità.
L’invecchiamento va quindi considerato come un processo complesso, in cui coesistono perdite e guadagni. Non riguarda solo l’età cronologica, ma coinvolge anche fattori biologici, ambientali e storici, e le perdite non devono essere considerate soltanto con una accezione negativa, ma come spinte verso cambiamenti positivi, in quanto provocano una risposta nell’individuo e nell’ambiente, e quindi possono contribuire alla crescita e alla formazione della persona. Il processo di sviluppo non è quindi inteso come un percorso verso l’ottenimento di una maggiore efficacia, piuttosto ha a che fare con un continuo ed efficace bilanciamento tra perdite e guadagni. Ad esempio, la memoria potrebbe declinare, ma la saggezza e l’esperienza possono aumentare.
Uno dei grandi studiosi di psicologia dell’invecchiamento, P. Baltes, ha elaborato la teoria SOC: Selezione, Ottimizzazione, Compensazione. Secondo la stessa, in ragione delle sue concrete limitazioni, l’anziano dovrebbe costantemente rivedere e riconsiderare le proprie priorità e scegliere solo gli obiettivi che ritiene prioritari o necessari (Selezione). Una volta compiuta la scelta, dovrebbe ottimizzare tutte le sue risorse per raggiungere quegli obiettivi (Ottimizzazione) e, infine, elaborare nuove strategie per raggiungere quel determinato obiettivo o risultato (Compensazione – anche attraverso il ricorso ad ausili e supporti).
Per meglio comprendere questo punto di vista, ci serviamo dell’esempio del famoso pianista Arthur Rubinstein. L’artista, che riusciva a tenere concerti e mantenere prestazioni eccelse anche in età avanzata, all’età di 80 anni, in un’intervista in cui gli venne chiesto come riusciva ancora a suonare il piano in modo così efficace, rispose: innanzitutto non suono più tutto il repertorio di prima, ma solo i brani più adatti alla mia condizione di rallentamento motorio a livello delle dita (Selezione); suono alcuni brani e cerco di esercitarmi in essi (Ottimizzazione) e per contrastare la perdita nella velocità meccanica, cerco di suonare le parti lente in maniera ancora più lenta, per aumentare il contrasto tra queste e quelle più veloci, uniformando così l’esecuzione (Compensazione).
La prospettiva dell’arco di vita incoraggia l’invecchiamento attivo, concentrandosi sulla promozione della salute fisica, mentale e sociale. Aiutare e accompagnare la persona anziana a prendersi cura di sé, non solo del corpo ma anche della mente, è di fondamentale importanza per favorire un invecchiamento attivo e caratterizzato da una buona qualità di vita. Dobbiamo superare la concezione dell’età anziana come una fase passiva della vita, in favore di una visione della persona anziana come risorsa e protagonista della vita sociale.
Nel 2017, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stilato le linee guida per la cura integrata delle persone anziane, invitando chi fornisce assistenza sanitaria e sociale a coordinare i servizi sulle esigenze degli anziani attraverso approcci come piani di valutazione e cura completi, che mettano le esigenze globali degli anziani, non solo le malattie, al centro dell’assistenza. E quando parliamo di esigenze, nei termini di bisogni e desideri, è opportuno sottolineare una differenza sostanziale, ma spesso misconosciuta o francamente sottovalutata: quella tra autonomia e autosufficienza. Con il termine autosufficienza ci si riferisce alla possibilità di svolgere da soli una serie di funzioni importanti, le attività di vita quotidiana (lavarsi, vestirsi, preparare i pasti). Per autonomia, invece, si intende la possibilità di determinare il proprio valore e, quindi, i propri bisogni, desideri e diritti. Rappresenta la capacità di prendere decisioni e gestire la propria vita sulla base di un pensiero critico e di preferenze personali. È essenziale comprendere come questi due “modi di esistere”, benché strettamente interconnessi, non siano necessariamente interscambiabili. Ad esempio, un individuo può godere di un’ampia autonomia, senza essere completamente autosufficiente nelle attività quotidiane a causa di limitazioni fisiche o di salute, che potrebbero richiedere il supporto di tecnologie assistive o di interventi da parte dei caregiver. D’altra parte, una conservata autosufficienza non garantisce la piena autonomia decisionale, specialmente se le scelte personali sono limitate da fattori esterni come le condizioni economiche o la rete sociale.
Avere contezza della differenza appena descritta, risulta di fondamentale importanza per chi, come caregiver o come operatore sanitario, si cimenta nell’assistenza di un individuo anziano. Eccedere nel supporto di una persona non completamente autosufficiente, potrebbe finire col limitarne gli spazi e i tempi necessari a esercitare la sua autonomia decisionale. A cascata, questo potrebbe determinare uno stato di malessere psicologico-emotivo derivante da una percezione negativa di sé, con sentimenti di inutilità, vissuti di frustrazione e/o perdita di riconoscimento identitario.
Sul territorio ticinese esistono diverse realtà, équipe e servizi di geriatria pubblici o privati, che si chinano quotidianamente sulla valutazione diagnostica e dei bisogni delle persone anziane, in un’ottica multidisciplinare e integrata, come indicato dall’OMS. La figura dello psicologo è impiegata e coinvolta a diversi livelli. Il neuropsicologo, ad esempio, si occupa della valutazione di eventuali alterazioni delle funzioni cognitive (esame neuropsicologico, ad esempio, dei deficit cognitivi correlati a demenza) ma anche della definizione di training e percorsi di attivazione cognitiva, volti a favorire il mantenimento del funzionamento mentale o a contenerne il processo di declino.
Lo psicologo o psicoterapeuta dell’invecchiamento si occupa poi di accompagnare le persone che affrontano i cambiamenti e i limiti associati all’anzianità in un continuum che vede la necessità di una armonia tra corpo, tempo a disposizione, e senso dell’esserci. Nel corso della vita, infatti, tutte le persone si confrontano con una serie di cambiamenti: negli affetti, nelle relazioni, nei ruoli e nel corpo. Per affrontare ognuno di questi, è necessario rinegoziare nuovi significati, scoprire e trovare nuovi equilibri, al fine di salvaguardare quello che possiamo definire la “la continuità del sé”: quell’insieme di convinzioni, ricordi e pensieri su di sé che producono una coerente immagine di sé e un senso personale di singolarità e continuità nel tempo. Cambiare lungo l’arco di vita restando sé stessi è il compito esistenziale che vede l’individuo mutare nel maturare, diventando adulto e poi anziano, ed essere capace di trasformare l’approccio al mondo pur dentro a un riconoscersi ed essere riconoscibile dagli altri per le proprie peculiarità fisiognomiche, relazionali e comportamentali, che si modificano nella continuità del mantenimento di una coerenza interna.
Questo processo di cambiamento e ri-adattamento può avvenire in modo fluido o spontaneo, oppure incagliarsi tra gli scogli delle difficoltà, della malattia e delle perdite. È allora che l’aiuto dello psicologo può diventare fondamentale nel percorso di trasformazione dell’identità durante il processo di invecchiamento: l’obiettivo è quello di individuare quegli elementi che contribuiscono a costruire situazioni di equilibrio e serenità, piuttosto che di sofferenza.
Per affrontare questa sfida può risultare particolarmente preziosa la possibilità di fermarsi e ascoltare i propri sentimenti ed emozioni, in un contesto sicuro e protetto, come quello del setting psicologico. Lo scopo è quello di permettere alle persone anziane di narrarsi e vivere questa fase della vita in maniera armonica, attraverso un processo che ri-connoti positivamente la vecchiaia, non in termini idealizzati, ma in termini di aspettative di essere qualcosa di specifico e significativo, e una riattivazione della flessibilità con la quale egli può innescare le risorse che in quel momento specifico di vita sono disponibili per dare un significato all’accadere.
Alcuni anni fa un gruppo di psicologi esperti di invecchiamento e specializzati nella relazione, ha deciso di fondare l’associazione GInCo (Gruppo Invecchiamento Consapevole). GInCo si occupa di formazione e supervisione degli operatori sanitari impegnati nell’assistenza degli anziani, ma anche delle prese in carico individuali, psicologiche e psicoterapeutiche, come quelle appena descritte.
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