Racconto della settimana

Inciampi di nessun peso

22 ottobre 2015
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Wieser aveva capito subito che i clienti della "Frizzi Fiduciaria & Co" non portavano piccoli risparmi in quelle borse gonfie, piene di graffi. Nel salottino riservato, vicino al suo, a cui la Signorina Raffi non aveva accesso, dalle cartelle ammaccate, uscivano valanghe di denaro, a cascata. Lui doveva investire quella massa di banconote, che pareva inesauribile, come seminasse in un terreno umido, arato di fresco.

La porta dell'ufficio sembrava sempre più stretta per l'andirivieni di gente, a tutte le ore.

- Caro Wieser, io non sono un aristocratico come lei. Anche se ho studiato rimango un contadino - gli diceva il Capo, quando  si incontravano per un prosecco al "Fiordaliso", prima di staccare e andare a casa.

- Quelli come me vogliono anche loro sedersi alla vostra tavola. Non ne possiamo più di mangiare dal piatto che si incolla sulla tela cerata, infastiditi dalle mosche che si attaccano alla pelle con le loro zampette schifose. Piace anche a noi la tovaglia di bucato, con i bordi a festoni, che scendono a toccare il pavimento. E andiamo matti per i piatti di porcellana fine e i bicchieri trasparenti, che paiono rompersi solo a prenderli in mano, serviti magari da camerieri in divisa, come capitava a voi - almeno fino all'altroieri -  scusi la franchezza.

Frizzi aveva voglia di cose forti, voleva uscire finalmente dall'angolo buio in cui era nato. Le ore roventi che un paio di volte al mese, passava con Dina Raffi nei vari motel sull'autostrada, lo avevano rassicurato di essere un leone anche nel fisico. Quella donna non particolarmente intelligente, ma golosa, gli aveva dato la sensazione di essere finalmente dalla parte giusta, quella di chi non smette mai di dire "voglio".

- A me, ci pensi qualche volta, fuori di qui? - gli chiedeva talvolta, con quella sua faccia inespressiva, mentre cercava di liberarsi dalle lenzuola aggrovigliate.

Frizzi non le aveva detto del tumore, per carità. Aveva sempre saputo come farla tacere, ma ora, con quella schifezza di malattia, gli artigli erano diventati di gomma. Quella storia gli stava diventando un gran peso, anche perché era più che sicuro che sua figlia subodorasse qualcosa.

Era strana, Cristina, negli ultimi tempi.

Frequentava il Liceo economico. Arrivava in ufficio, con la sua aria strafottente, spesso con la sua amica del cuore, Anna Cresti, figlia del direttore generale della Banca Credito Estero. Non precisamente un suo amico che, oltretutto, lo teneva visibilmente a distanza.

Proprio quella mattina Cristina era piombata in studio, rendendolo nervoso. Pareva sul punto di esplodere. Frizzi era sulle spine.

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